Foto Imagoeconomica

Cosa c'è dietro l'impasse gialloverde su Banca d'Italia

Marco Cecchini

Il putsch sulle nomine, la boutade delle riserve auree e gli scenari di un possibile compromesso

La vicenda della Banca d’Italia è come il cubo di Rubik. Più la giri più capisci che la soluzione è complicata. Con il no senza precedenti al rinnovo del vicedirettore generale Luigi Federico Signorini proposto dal governatore Ignazio Visco, l’esecutivo gialloverde ha aggiunto un nuovo nemico a una lista ispirata al principio "molti nemici molto onore". Ma è anche finito in una trappola. 

 

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dice che sta studiando come uscire dall’impasse, ma dovrà dare fondo a tutte le sue doti di giurista e mediatore per trovare una via d’uscita. Intanto la pressione esterna comincia a salire. Ieri il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, interrogato in proposito ha ammonito sulla “necessità di preservare l’indipendenza di una Banca centrale”. La Banca centrale europea per ora tace, ha comunicato che si pronuncerà a breve  sulla proprietà delle riserve auree della Banca d'Italia dopo che il vicepremier Matteo Salvini ha ventilato la possibilità di aggredirle. Draghi parlerà il 22 prossimo in occasione del conferimento della laurea honoris causa dell’Università di Bologna e anche qui ci si può aspettare una decisa difesa del principio di indipendenza. 

 

Gli scenari sono tre. Nel primo Conte potrebbe in teoria sfidare il presidente Sergio Mattarella, intransigente tutore dell’autonomia di Via Nazionale e delle procedure di nomina, consegnando al Quirinale il parere negativo del governo sulla conferma di Signorini. Ma Mattarella potrebbe anche non tenere conto del parere del governo e provvedere comunque alla nomina. E’ uno scenario da incubo dal punto di vista istituzionale, ma è un esito teoricamente possibile anche se improbabile nel quale i nemici di Banca d'Italia uscirebbero sconfitti e i rapporti governo Quirinale si infiammerebbero. 

 

Secondo scenario: Conte potrebbe ottenere il via libera dal Consiglio dei ministri a una riconferma di Signorini a condizione che nelle motivazioni del rinnovo si faccia riferimento alla necessità di operare comunque una “discontinuità” nell’azione di vigilanza. E’ una soluzione di cui si parla molto e che potrebbe forse consentire a Salvini e Di Maio di uscire dall’impasse vantando una ipoteca sulle future politiche di Via Nazionale. Ma qui l’ostacolo maggiore viene dall’Eurotower. L’articolo 130 del Trattato sul Funzionamento della Ue prevede infatti che in ragione della sua indipendenza dalla politica una banca centrale non possa accettare indicazioni su come operare da chicchessia. 

 

Terzo scenario: si riapre un dialogo sottotraccia con la Banca d’Italia su un nome gradito a Via Nazionale ma diverso da quelli di Signorini. In proposito circola anche un nome: quello di Piero Cipollone, una lunga carriera in Via Nazionale, stimato dal governatore Visco e attualmente consigliere giuridico di Palazzo Chigi dove è stato chiamato direttamente dal premier Conte. Sulla carta è una soluzione nel solco della tradizione che in molte occasioni ha visto governo e banca centrale cercare una soluzione di compromesso sulle nomine (l’ultimo esempio è proprio quello di Visco). Ma in tutti questi casi gli schieramenti si manifestavano prima della scadenza. Nel caso di Signorini è diverso. Visco ha proposto il nome al Consiglio superiore che lo ha approvato. Tornare indietro significherebbe ripassare dal Consiglio superiore, ma non solo: si tratterebbe di una retromarcia difficile da digerire da parte del governatore e del Consiglio. Resta infine un ultimo scenario, che è quello del rinvio. Lasciare in sospeso il parere e convogliare la decisione su Signorini a fine maggio quando si dovrà decidere in merito al rinnovo dell’altro vicedirettore generale Valeria Sannucci e del direttore generale Salvatore Rossi, la poltrona di numero due, quella più pesante di tutte. E’ lo scenario più pericoloso per Via Nazionale. Ma è anche difficile per il governo reggere per due mesi questa situazione anche se l’esempio della Consob dice che Salavini e Di Maio non hanno di questi scrupoli. Il cubo di Rubik continua a girare.