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Questo lo dicono loro!

Lorenzo Borga

Commissione europea, Fmi, Bankitalia e Bce. Per i tecnici l’economia va male soprattutto per colpa del governo

Roma. Non basta l’ottimismo, “sapore della vita”, evocato dal ministro della Difesa Trenta, per risollevare l’economia. Gli indicatori mostrano segnali di contrazione. E le istituzioni tecniche – per questo mal sopportate dal “governo del popolo” – non fanno che segnalarlo: la strategia economica del governo sembra destinata a fallire, nonostante l’altissimo prezzo finanziario e politico speso nella trattativa con la Commissione europea.

  

Commissione europea

Iniziamo dalle stime di ieri della Commissione europea. Le previsioni d’inverno posizionano l’Italia all’ultimo posto per crescita economica, con un misero +0,2 per cento rispetto al 2018. Molto meno della Germania, penultima, che cresce dell’1,1 per cento. Secondo la Commissione alla recessione degli ultimi due trimestri ha contribuito – oltre alla contrazione del commercio internazionale – anche la fiacca domanda interna, in particolare la componente degli investimenti, per via dell’incertezza legata alle politiche di bilancio del governo. Per il 2020 la Commissione invece prevede un’accelerazione: +0,8 per cento, ma senza considerare l’aumento dell’Iva previsto dalle clausole di salvaguardia. Clausole che però scatteranno con sempre maggiore probabilità, visti i minori margini di bilancio che le previsioni comportano. Inoltre, il reddito di cittadinanza – che entrerà in azione dalla seconda metà dell’anno – secondo Bruxelles sosterrà i consumi privati solo “marginalmente”, anche per via del calo previsto dell’occupazione.

   

Banca d’Italia

Anche la Banca d’Italia non l’ha toccata piano, per bocca del suo governatore Ignazio Visco nel corso del congresso degli operatori dei mercati finanziari del 2 febbraio. Secondo Visco la domanda interna ha risentito del marcato aumento dell’incertezza, legato ai dubbi sulla partecipazione alla moneta unica e poi alla difficile trattiva sulla legge di Bilancio. Anche per la Banca d’Italia le stime di crescita sono in flessione, sebbene non ai livelli drammatici della Commissione (+0,6 per cento, rispetto a +1 per cento previsto alcuni mesi fa).

Inoltre, sebbene il premio per il rischio sui titoli di stato si sia ridotto rispetto ad alcuni mesi fa, rimane ancora oggi a un livello doppio se confrontato con i valori medi dei primi quattro mesi del 2018. E le incertezze non finiscono qui: è ancora tutto da scrivere l’accordo con la Commissione europea per il 2020 e nel caso le clausole di salvaguardia dovessero essere disattivate in deficit (come quasi sempre avvenuto) l’indebitamento nominale supererebbe il limite del 3 per cento. Il rischio è elevato: secondo Bankitalia sono quasi 340 miliardi i titoli in scadenza nel 2019 che si sommano ai 50 previsti a copertura del disavanzo voluto dal governo Conte. Fortunatamente, sottolinea Visco, l’aumento dei tassi di interesse si è fino a ora (fino a ora!) trasmesso ai tassi sui prestiti “in misura minore che in passato”, in particolare grazie alla maggiore patrimonializzazione degli istituti di credito.

  

Fondo monetario internazionale

Anche da Washington arrivano brutte notizie per il governo italiano. Rishi Goyal, responsabile del team del Fondo monetario internazionale per l’Italia, si è detto preoccupato che la manovra di bilancio possa aumentare la spesa pensionistica, già tra le più elevate dell’area Ocse, e ridurre la forza lavoro. Sul reddito di cittadinanza invece l’Fmi ribadisce che “l’Italia ha bisogno di una moderna rete di protezione sociale per i più poveri”, ma comunque rimangono preoccupazioni per l’elevato livello del sussidio (relativamente, il più alto d’Europa per l’Osservatorio sui conti pubblici) che potrebbe anche in questo caso scoraggiare la partecipazione al mercato del lavoro.

  

Banca centrale europea

Pure Mario Draghi ci ha messo lo zampino, evidenziando nel Bollettino di dicembre della Banca centrale europea le difficoltà dell’economia italiana. Secondo la Bce i differenziali di rendimento dei titoli di stato dell’Eurozona si sono mantenuti stabili negli ultimi mesi del 2018, “a eccezione di quelli italiani che hanno evidenziato una notevole volatilità”. Ma non è solo la finanza a piangere. Anche l’economia reale mostra forti difficoltà: tolte le costruzioni, gli investimenti sono aumentati nel corso del terzo trimestre del 2018 in Spagna, Francia e Germania, mentre sono crollati (-2,3 per cento rispetto al trimestre precedente) in Italia. Un fenomeno legato all’incertezza e probabilmente anche all’aumento del costo del finanziamento per le banche, che in Italia è leggermente cresciuto nell’ultima parte del 2018.

Secondo Luigi Di Maio l’obiettivo del governo non può essere quello di migliorare i dati economici, ma di “investire sulla felicità dei cittadini e sul loro sorriso”. Ma la fiducia dei consumatori secondo Istat è diminuita di quasi il 2 per cento rispetto a quando il suo governo si è insediato. Il vicepremier non ci azzecca neanche questa volta.