Lorenzo Bini Smaghi (foto LaPresse)

Così ci siamo fabbricati la recessione in casa. Parla Bini Smaghi

Mariarosaria Marchesano

Il presidente di SocGen spiega come l’impatto dello spread ha un effetto recessivo perché demolisce la nostra credibilità

Milano. Mentre la Banca centrale europea mantiene i tassi a livello zero per stimolare l'economia dell’Eurozona in questa fase di rallentamento, le imprese italiane stanno vedendo un inasprimento delle condizioni del credito e ancor di più lo vedranno nei prossimi mesi. E’ questo l’effetto paradossale del caro-spread che finora non è stato abbastanza messo a fuoco secondo Lorenzo Bini Smaghi, economista, ex banchiere centrale e presidente di una grande banca francese come Société Générale (SocGen). Bini Smaghi, infatti, è preoccupato della tendenza a sottovalutare le ripercussioni che uno spread Btp-Bund così ostinatamente elevato (ieri è arrivato a superare 290 basis point) sta avendo sull’economia reale. Un aspetto che di recente è stato messo in luce anche dagli analisti di Bruegel, uno dei più importanti think tank europei e mondiali, secondo i quali i maggiori rendimenti dei titoli di stato italiani stanno, in effetti, si stanno trasformando in un peso per il tessuto produttivo. “I fatti ci dicono che negli ultimi sei mesi nessuna banca è riuscita a collocare un’emissione obbligazionaria, eccetto il Montepaschi attraverso la garanzia pubblica, e che le imprese pagano un costo di approvvigionamento talmente elevato sul mercato dei capitali da rinunciare a fare gli investimenti”, dice il banchiere.

  

Lo spread ha dunque un impatto recessivo sull’economia perché finisce con l’annullare i benefici della politica monetaria accomodante perseguita dalla Bce di Mario Draghi proprio con l'obiettivo di evitare che l’indebolimento economico in atto si trasformi in una stagnazione o, peggio, in una recessione della zona euro. Nel contesto europeo, l’Italia è ultima nelle previsioni di crescita del 2019: il suo pil, secondo le stime della Commissione europea, aumenterà quest’anno solo dello 0,2 per cento, percentuale che, ironia della sorte, corrisponde all'impatto del reddito di cittadinanza stimato nei documenti ufficiali del ministero dell’Economia. Per il resto, in assenza di investimenti pubblici e di altri stimoli al mondo produttivo, il paese è destinato a restare fermo o ad arretrare. “Bisogna rendersi conto che il settore privato non è come lo stato, che, quando ha bisogno di risorse per pagare interessi più elevato sul debito, può eventualmente decidere di aumentare le tasse ai cittadini. Per le imprese è diverso: se il costo del debito è troppo elevato smetteranno di fare le imprese. È così che si spiega la frenata della produzione industriale, che rischia di aggravarsi quest'anno come si vede anche dal fatto che la fiducia degli imprenditori è in continuo calo”.

 

In questo momento in cui tutti si preoccupano della finanza pubblica si tende, dunque, a sottostimare il fatto che l’Italia si trova in una situazione analoga a quella del 2011, quando, in seguito alla crisi greca, i riflettori furono puntati sull'Italia come potenziale nuovo fronte di crisi a causa del suo enorme debito pubblico. Da allora il differenziale dei rendimenti con i titoli di stato tedeschi si è trasformato in un termometro estremamente sensibile del grado di fiducia che gli investitori, nazionali ed esteri, nutrono nei confronti del nostro paese. Il vicepremier Matteo Salvini ha esultato per il successo di un’emissione obbligazionaria trentennale, senza però tenere presente che aveva un rendimento, del 3,8 per cento, molto più elevato rispetto a un’emissione dello stesso tipo dell’aprile scorso. “Certo, gli investitori sono allettati da rendimenti più elevati a fronte di un rischio paese percepito in crescita – risponde Bini Smaghi – Le paure dei mercati nei confronti dell’Italia permangono intatte e riguardano la possibile uscita dall’euro, tema che di tanto in tanto si ripropone, il rischio di una ristrutturazione del debito sovrano attraverso una patrimoniale e le incertezze legate alla politica fiscale del paese che si rifletteranno sulle manovre economiche per il 2020 e il 2021”.

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