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I numeri della recessione: produzione industriale -5,5% e spread a 280

Mariarosaria Marchesano

I nuovi dati Istat confermano la recessione. Tentori (Axa IM) spiega perché il differenziale con i bund tedeschi continua a crescere

Milano. I nuovi dati Istat sulla produzione industriale alimentano il timore degli investitori che l'Italia si stia avvitando in una spirale recessiva diventando sempre di più la Cenerentola d'Europa. A dicembre 2018 il calo è stato dello 0,8 per cento rispetto al mese precedente e l'indice destagionalizzato è diminuito in termini tendenziali del 5,5 per cento, con una flessione dell'1,1 per cento rispetto ai tre mesi precedenti. Si tratta di dati molto negativi, i peggiori dal 2012, che fanno temere il peggio per l'economia italiana (per farsi un'idea: in Francia la produzione industriale è aumentata dello 0,8 per cento). Scomponendo i numeri dell'Istat, emerge un lieve aumento congiunturale solo nel comparto dei beni intermedi (+0,1 per cento), mentre sono diminuiti invece in misura marcata i beni di consumo (-2,9 per cento) e l'energia (-1,5 per cento) e non c'è alcuna variazione per i beni strumentali.

   

Piazza Affari cerca il rimbalzo il giorno successivo a quello in cui la Commissione europea ha rivisto drasticamente al ribasso le stime di crescita dell'Italia in un contesto di Borse europee fiacche e contrastate sia dai timori di un rallentamento economico dell'Eurozona sia dal rischio di nuove tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti (dal primo marzo dovrebbe scattare una nuova ondata di dazi e il presidente americano, Donald Trump, ha detto che non incontrerà i premier cinese prima del 2 marzo). 

 

Il Ftse Mib si muove poco sopra la parità a due ore dall'inizio delle contrattazioni con lo spread che non accenna a scendere al di sotto della soglia di 280 punti base, in linea con il trend in salita degli ultimi 10 giorni. Lo scorso 30 gennaio il differenziale era sceso a 240 punti base (rispetto agli oltre 300 di fine novembre nel pieno dello scontro sulla manovra tra il governo e Bruxelles), ma nei giorni successivi ha preso piano piano ad aumentare fino alla fiammata di ieri (il picco è stato a 287) quando la Commissione europea ha detto che nel 2019 l'Italia crescerà molto meno del previsto, facendo presagire una possibile correzione della legge di bilancio, anche se il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, ha rassicurato sul fatto che non sarà necessario.

 

In realtà, il timore che l'Italia sia in recessione e che il suo debito pubblico non sia più sostenibile giustifica solo in parte la nuova corsa dello spread che, invece, è da attribuire prevalentemente a quello che gli analisti finanziari chiamano “eccesso di carta”. Alessandro Tentori, chief investment officer di Axa IM, spiega al Foglio che l'emissione trentennale di obbligazioni fatta dal Mef, che ha incontrato, peraltro, il favore degli investitori internazionali – ha alimentato una dinamica “ribassista” sui prezzi di collocamento dei buoni pluriennali del tesoro italiani. “A farne le spese sono stati anche i titoli decennali che sono i più liquidi del mercato – dice Tentori – e il cui rendimento è aumentato facendo allargare la forbice del differenziale con i bund tedeschi”. Secondo l'analisi di Tentori, il Mef sta cercando di sfruttare il più possibile la finestra di inizio anno per finanziare il deficit, quando i portafogli degli investitori sono gonfi di liquidità. Così, in poco più di un mese sono state promosse emissioni per 47 miliardi di euro, che rappresentano il 20 per cento del fabbisogno lordo di tutto l'anno e il 50 per cento di quello netto. Ma, forse, l'esecutivo non ha fatto i conti con il caro spread, che ha già fatto lievitare i costi di finanziamento per banche e imprese e che presto si rifletterà anche sui prezzi dei nuovi mutui. 

 

Protagonista della seduta di oggi sul listino milanese è Bper, che ha messo letteralmente il turbo, dopo avere chiuso il trimestre con un utile record da 402 milioni di euro, ma soprattutto dopo avere realizzato l'atteso acquisto di Unipol Banca dal gruppo Unipol per 220 milioni. Dal canto suo, Unipol ha acquisito da Bper un notevole stock di npl pari a 1,3
miliardi. 

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