Parcheggio in retromarcia in una scena di Seinfeld

Retromarcia o spread

Mariarosaria Marchesano

Un compromesso tra Roma e Bruxelles o nuove elezioni? Parola agli analisti di mercato

Milano. E se quella di Bruxelles nei confronti dell'Italia fosse una sorta di “guerra lampo” con l’obiettivo di mettere alla prova la tenuta del governo populista favorendo la transizione verso una compagine più vicina a posizioni europeiste? Da qualche giorno il quesito non viaggia più sotto traccia e tra gli analisti di mercato comincia a essere una possibilità su cui ragionare parallelamente al rischio di elezioni anticipate. Del resto, le ultime frizioni all’interno della coalizione Lega-M5s rendono plausibile più di uno scenario. La cronaca di questi giorni ci dice che proprio nel momento in cui il livello dello scontro con l’Unione europea sulla manovra economica si sta inasprendo, un’inattesa polemica tra M5s e Lega sul condono fiscale ha spinto il premier Giuseppe Conte a convocare un Consiglio dei ministri per oggi con l’obiettivo di rivedere il testo del decreto sul quale ci sarebbe dovuto essere totale accordo politico.

 

 

Tra caos e sospetti, l’incertezza del quadro complessivo è aumentata e lo spread sembra avere preso la rincorsa per raggiungere la fatidica soglia critica dei 400 punti base: ieri ha superato i 330 per poi scendere in scia al sentore di una retromarcia sulla manovra. Senza una concreta retromarcia quantomeno sul livello di deficit/pil, è improbabile una inversione di tendenza nell’aumento del rendimento dei titoli di stato e nella discesa dei corsi di Borsa. Fino a quando può durare tutto questo?

  

La Commissione europea, nella lettera recapitata a mano da Pierre Moscovici al ministro Giovanni Tria, in cui ha definito una “deviazione senza precedenti” gli obiettivi di deficit proposti, ha anche chiesto al governo italiano di fornire una risposta entro lunedì. Una scadenza che è apparsa stringente visto che, in teoria, la Commissione stessa ha tempo fino al 29 ottobre per respingere formalmente il budget e chiederne nuova stesura, che potrà avvenire nelle tre settimane successive. Qualcuno ha interpretato questo pressing con la necessità di chiudere la partita prima che arrivino i temuti giudizi di declassamento del debito pubblico da parte delle agenzie di rating (26 ottobre Moody’s e fine mese S&P’s) e s’inneschi una reazione a catena con effetti nefasti sui mercati. Ma a qualcuno altro resta il dubbio che un approccio così incalzante contribuisca, in realtà, a un altro esito della vicenda.

  

Giuseppe Sersale, strategist basato a New York di Anthilia Capital Sgr, descrive l'atteggiamento della Commissione europea come un “assedio” o un “blitz krieg” (una “guerra lampo”, appunto). “Ben lungi dall’abbozzare di fronte a un atteggiamento aggressivo dei leader italiani, la Commissione calca la mano e detta i tempi, cercando di aumentare la pressione sull'esecutivo”, dice. La reazione dei mercati dovrebbe indurre il governo a più miti consigli, come già accaduto in passato, una coalizione che tra l’altro sta iniziando a mostrare tensioni interne. “Il problema è che la distanza tra le richieste Ue e l’attuale manovra è troppo grande perché il governo possa coprirla interamente senza perdere la faccia con l’elettorato. Il che vuol dire che per arrivare a una soluzione negoziale, anche la Commissione dovrà fare concessioni”, prosegue lo strategist.

  

A questo scenario esiste, però, un’alternativa che Sersale ritiene meno probabile “ma non più marginale” e cioè quello che lo stress e le divisioni interne provochino una crisi di governo. “Un’evenienza che può portare al caos politico, ma anche a qualche genere di interregno, che attenui lo scontro con l’Europa”. In realtà, è già da un po’ di tempo che il mercato annusa aria di elezioni anticipate come emerge dalle analisi di alcune banche d’affari americane. Se per JP Morgan sarà una spia importante la tornata elettorale di domenica prossima in Trentino Alto Adige, che servirà a testare soprattutto l'umore dell'elettorato leghista, Goldman Sachs si spinge a prevedere un ritorno alle urne per metà 2019 con una possibile vittoria del centrodestra.

   

Secondo Goldman, “un nuovo governo che avesse una politica fiscale meno espansionistica di quella attuale, che vede la somma degli interventi di due partiti diversi, porterebbe sollievo ai mercati e a un rally”. Ma questo, viene precisato, dovrebbe avvenire prima che scatti un ribaltamento economico, magari spinto da una frenata generale dell’economia mondiale, sulla falsa riga di quello che si è visto in Italia nel periodo 2011-2012.