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Avanti élite

Redazione

Dopo anni di insulti, i banchieri possono avere la rivincita sui populisti

Dopo anni di insulti, di ipotesi di complotto ai danni di investitori incauti, e di retorica contro i poteri forti della finanza dal Movimento 5 stelle e dalla Lega, i banchieri si stanno forse prendendo una rivincita. Di certo l’aumento dello spread sta erodendo il capitale delle banche e le baruffe tra governo e Bruxelles contribuiscono a deprimere i corsi di Borsa dei titoli, mettendo il sistema bancario a dura prova. In questo senso, i destini di governo e banchieri sono legati. Ma ai destini delle banche sono legati anche quelli del “popolo”: se la situazione dovesse peggiorare, magari dopo il declassamento del merito di credito sovrano, anche gli elettori grillini o leghisti, anti euro e anti banche, se ne accorgerebbero con delusione allo sportello del bancomat. Di fronte a un governo che conduce verso una possibile recessione, i banchieri stanno dimostrando di essere un argine a difesa del buon senso generale e del risparmio degli italiani.

 

Nonostante l’ipotesi di un possibile prelievo al settore bancario-assicurativo di 4 miliardi di euro (tra stretta sulla deducibilità delle svalutazioni per le banche e aumento delle tasse sui premi delle assicurazioni), il presidente Intesa San Paolo, Gian Maria Gros-Pietro, ha evitato di parlare di “stangata” nell’attesa dei dettagli della legge di Bilancio. In precedenza aveva detto che Intesa è pronta a erogare 150 miliardi in tre anni per sostenere l’economia. Prima Carlo Messina, l’ad di Intesa, aveva posto come ragion d’essere della banca il “legame con questo paese” sia a sostegno del settore privato sia del pubblico con l’acquisto di titoli di stato. Messina ha anche ricordato come ridurre il debito e liberare risorse per investimenti tramite la valorizzazione del patrimonio immobiliare nazionale e degli enti locali mal sfruttato. Il capo di banca Imi, Mauro Micillo, ha detto a MF/Milano Finanza che la sua banca è tra le prime quindici al mondo per finanziamenti alle infrastrutture ma in Italia i tempi decennali di realizzazione di un’opera possono frustrare anche la buona volontà. Quando la politica risulta inane sono le forze dell’economia a riempire le lacune. Forse servirà da lezione ai partiti del “risparmio tradito” e a chi li ha votati.

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