(Foto di Ansa) 

Nati tra i rotocalchi: i figli (fluidi) delle stelle sono fonte di ricchezza

Ginevra Leganza

La prole dei vip denuncia la scomoda eredità e, per dare una nuova reputazione alla famiglia, cambia nome e sesso. Ma i genitori vogliono stare al passo e li espongono seguendo il megatrend queer

Nascere famosi è appartenere a un’altra stirpe. E come dicono spesso gli interessati, non è facile. In questi giorni si seguono le vicende del figlio androgino di Elon Musk, il ribelle intenzionato a cambiare genere, nome e cognome per tagliare i ponti col padre. Si scopre il lato “mamma complice” di Jennifer Lopez: la cantante mostra al mondo la figlia senza fissa identità sessuale, suo gioiello arcobaleno. 

 
Chi è nato a suo tempo fra i rotocalchi e chi nasce oggi con un’Instagram Story, potrebbe raccontare il vippismo per nascita come un mezzo dramma. Per intenderci, molto simile a quello dell’essere bella donna. Fateci caso, bennati e bellenate, avidi di pubblica scena, condividono una mezza menzogna raccontata al mondo e a se stessi. L’abbiamo sentita tante volte. Loro devono faticare, alacremente sgomitare, impegnarsi più degli altri per dimostrare di valere qualcosa. Naturalmente è vero. Ma è vero solo a metà. L’altra metà è vocazione al lamento (tendenza umana e interclassista, molto in voga di questi tempi). E’ quel teatrino – spettacolo nello spettacolo – che incuriosisce o disturba il sangue di popolo. In effetti, all’accenno di lamentela, qualcuno direbbe: tu ti lamenti, ma che ti lamenti, se alle racchie e agli ignoti danno calci nei denti. Comunque, i figli dei vip quasi sempre partono da qui. Dallo sgobbo di dover dare nuova reputazione al nome di famiglia, fardello e blasone. E ci provano come possono. 


Nell’attualità il cognome è il cruccio di un pargolo targato Elon Musk. Il primogenito della stella più ricca al mondo non si perdona niente. Vuol cambiare nome, cognome, persino genere. Così rivela il sito di gossip TMZ. Il diciottenne Xavier si chiamerà Vivian Jenna Wilson. Già re dei bennati, finalmente diventerà bella donna. Smetterà i panni di “figlio di” per vestire d’abito e cognome di una meno ingombrante madre, la canadese Justine Wilson, che è comunque una scrittrice. Vivian ha un gemello di nome Griffin. “Non desidero essere imparentata col mio padre biologico in alcun modo o forma”, dichiara. Neppure nella forma delle nudità, che presto cambieranno. Padri padroni, gemelli, ermafroditi: i Musk come dramatis personae di trame perturbanti. E pensare che il capo di Tesla e SpaceX della neolingua non ne può più. Sostiene i diritti Lgbt ma detesta l’inglese militante. Quello che in italiano si traduce con tutti gli asterischi. “Pronouns suck”, twittava già due anni fa. I pronomi fanno schifo. E poi sono così tanti che trabocca il vaso. Dunque la figlia, mutante di sesso e di cognome, arriva come un’arma contundente. Come una nemesi. Magari un giorno tornerà sui suoi passi. Forse nel solco kafkiano di una lettera al padre (rigorosamente scritta in idioma arcobaleno). Per il momento papà Musk non commenta. Assiste al parricidio a colpi di bisturi e carte d’identità. Come una nemesi, appunto. Perché sia tu l’uomo più abbiente al mondo, comunque non puoi sfidare lo spirito del tempo. Sfideresti asterischi che fluttuano ovunque come pale di mulini a vento. E a quel punto, davvero, è più facile sfidare la linea di Kármán con razzi costruiti ad hoc. 
E’ quanto ha ben inteso un altro genitore. In questo caso una madre. 

 

La figlia di Jennifer Lopez dà l’assist alla Grande madre, che torna a far parlare di sé dopo la notizia dell’accordo prematrimoniale con Ben Affleck


Sarà che le mamme sono sempre più comprensive. Sarà che le donne sono sempre più pratiche e argute. Così l’arguta Jennifer Lopez accompagna la figlia Emme in una manovra vincente. Le due si esibiscono insieme. La ragazza sale sul palco del Blue Diamond Gala, e la madre le si rivolge col pronome neutro they. Le dà del loro. No, non nel senso dell’allocutivo di cortesia. Ma nel senso del contrassegno del gender. Del resto, sei JLo. Più che una stella, una supernova. Se il tuo tempo sta passando e senti odore di collasso, se il tuo fondoschiena è sempre un monumento ma inizi a pensare che tutto – persino quello – ha una fine, allora ti conviene esplodere nell’arcobaleno del gender. Insomma, la figlia – nel darsi un nuovo nome – si dà un pronome. E così dà l’assist alla Grande madre, che torna a far parlare di sé dopo la notizia dell’accordo prematrimoniale con Ben Affleck. Come ricorderete l’attore, per cavare un “sì” alla sposa, deve saziare la sua sete di lenzuola non meno di quattro volte a settimana. Costanza di letto per sventare il tradimento. Fosse vero, che portento di mater familias. In tutti i sensi giunonica. Al passivo Ben Affleck, invece, c’è da augurare erezioni facili. Se no son dolori. Che l’impotenza giammai lo colga. E neanche il mal di pancia, il mal di testa, il cattivo umore. Niente di niente. Nemmeno il crampo al piede se non vuole essere querelato dall’esigente consorte. Ma questo è un altro capitolo. Torniamo ai figli. 

  
In questo momento la prole fluida è un megatrend hollywoodiano. Chi non ricorda, infatti, i pionieri Brangelina? Shiloh Jolie-Pitt, figlia di Brad e Angelina, intuiva l’andazzo già da piccola. Divina maschiaccia, come molti bambini non sapeva se preferire il rosa o l’azzurro. E all’occasione chiedeva di essere chiamata John. Ancor oggi – sedicenne – pur avendo l’impronta dei genitori sul volto perfetto, si ricava uno spazio tutto suo nel reame del “gender variant”. Un regno ambitissimo, questo. Nel 2020 la supermodella Emily Ratajkowski era in dolce attesa. La domanda (prevedibile): fiocco rosa o fiocco blu? Risposta: “Non sapremo il sesso fino a quando nostro figlio non avrà diciott’anni. Poi ce lo farà sapere”. Lapidaria. 

 
Che strano essere figli. Comprensibilmente si rinnegano i padri. Si cambiano nomi e cognomi come un paio di jeans. Forse perché si sogna la preesistenza. E tanto ci s’impegna nel cancellare vecchie identità, tanto si fortificano le nuove. Lo star system alterna sapientemente figli ribelli a genitori complici. Ma la chiave fluidista è un concetto a stelle e strisce. Arriva a noi come un’eco. Il pensiero meridiano scorre lentamente e le nostre supernove – metti i nostri Albani, le nostre Romine – hanno figli e figlie che ancora raccontano dei fidanzatini a Zia Mara (ovvero Mara Venier). Età dell’innocenza. Piccolo mondo antico. Il Serpente Arcobaleno arriverà, ci infonderà vita nuova. Ma noi ci prendiamo sempre quei sette otto anni di calma. Anche se in primissima linea sul fronte ci sono già gli ambasciatori di CityLife. I nostri provinciali di mondo. Chiara e Fedez filmano e postano i loro bebè sin dai tempi placentari. E nell’instagrammiana saga di famiglia spiegano che non esistono giochini per maschietti o femminucce. Instradano i pupi al neutralismo di genere. Ma parliamo di due ispirati. Due ragazzi nelle cui menti candide spirano Zeitgeist e fiuto commerciale.

 

I Ferragnez sono gli apripista. L’avanguardia. Perché il paese reale dei vip dibatte d’altro. Tendenzialmente a favore di tutti gli arcobaleni, è un po’ timido nel cavalcarli in prima persona. L’Italia pensa ancora a tutti i contra di natali gloriosi. Aurora Ramazzotti lo ripete spesso. “Partono tutti prevenuti, già dal mio nome, la figlia di, la viziata”, così parla in una recente intervista al Corriere della Sera. E che ci vuoi fare? Votata all’intrattenimento più che alla musica, non è caduta lontano dall’albero materno. Ma dev’essere un tic se pure lei, chiaramente capace, condivide la solita solfa. Peccato. Intanto, è da un po’ che sui social network spicca un altro figlio. Lui, a differenza di Aurora, dall’albero paterno è caduto lontanissimo. Più che di un albero, infatti, è figlio di Gea. Lo ricordiamo per le sortite eco-ansiose su Twitter. “Buongiorno, Terrestri”; “Buon pomeriggio, Terrestri”; “A domani, Terrestri”. Una liturgia delle ore con Alessandro Gassmann sacerdote del green. Perché se in Italia l’arcobaleno ancora indugia, il verde è in forte ascesa. E anche questa sembra una nemesi storica: torniamo col pensiero al gigante padre. A Vittorio Gassmann, il super melanconico. Elegantemente depresso. Forse più simile all’ultimogenito Jacopo (regista teatrale) che ad Alessandro. Lui non è depresso, appunto, ma ansiosamente allegro. Si dà linfa nuova nell’ambientalismo. E a sua volta suggerisce al figlio Leo (figlio del figlio delle stelle, aiuto, che fatica) di mettere più verde nelle sue canzoni. 

 

 In Italia i Ferragnez sono gli apripista. Il paese reale dei vip, anche se a favore di tutti gli arcobaleni, è un po’ timido nel cavalcarli in prima persona


La cartolina cisalpina ci suggerisce genitori insormontabili. In generale, più frequente è la complicità dei padri. Meno, il ribellismo dei figli. Ma, a differenza dei colleghi statunitensi, abbiamo scarsa astuzia pubblicitaria. 

 
E’ che è difficile restare padri quando i figli crescono. E le rivalità incalzano. Il discorso vale anche per le madri, naturalmente. Ma pensate adesso a Gianni Morandi. Il sempiterno bravo ragazzo padre di Tredici Pietro, rapper nato nella seconda metà degli anni Novanta (un bambino a 53 anni dice qualcosa della sete di futuro nella musica leggera). Degno erede del bravoragazzismo, Pietro fa i suoi flow senza esibire tatuaggi. Vorremmo tanto volergli bene. Ma certo il confronto è duro con un padre quasi ottuagenario e mai pago di coreografie. L’operazione è maligna, è vero, ma confrontate i video dei due su YouTube… Il caso Tredici Pietro merita indulgenza. Con un padre così è difficile essere figlio. Ha ragione. 

  
Insomma, negli Stati Uniti la prole è ricchezza. E’ marketing in sintonia con tempora&mores. Un mezzo come un altro che oggi si accorda bene alla queerness, domani chissà. Non solo fluidismo, comunque. La figlia di Madonna, per esempio, Lourdes Leon Ciccone, usa l’espediente ascellare (che certo al queer si apparenta). Al Met Gala del 2021, ricorderete, portava gli strass in un insolito contrasto coi peli di ascelle e sopracciglia. Il rosa shocking del vestito Moschino abbinato al nero corvino del villo girl power. Lourdes alzava il braccio a favore di flash, nel tentativo di emulare la madre nell’arte della trasgressione. (Solo che il “body hair positive” è un movimento da suore laiche più che da Madonne). E anche qui la Grande (insuperabile) Madre sostiene la figlia in un confronto che è impari. 

 
Di là però ci provano, gettano i cuori oltre gli ostacoli molto prima che qui li si copi. Da noi genitori e figli hanno andamento impacciato. Almeno in apparenza la fama affatica. Rende fragili. Azzoppa. E poi non si è naturalmente predisposti – salvo Ferragnez – a fare troppa economia con la figliolanza. 

 

Negli Stati Uniti la prole è marketing in sintonia con tempora&mores. Non solo fluidismo, comunque. La figlia di Madonna usa l’espediente ascellare


Un altro erede di cui si parla, un fuoriclasse rispetto agli schemi tracciati, è Pietro Castellitto. Occorre citarlo in quota minoritaria di chi fa economia da se stesso senza fare dramma di natali illustri. Qualche mese fa il figlio di Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini regalava una battuta da annali. “Roma nord è come il Vietnam”. Parole scolpite nella memoria di un popolo che non perdona innocenti iperboli ed espressioni di effetto scenico. Un popolo che non perdona ironie. Neppure se sei un artista. A maggior ragione se sei figlio di non uno ma ben due fantagenitori. Al di là del fatto che anche i pariolini piangono – che scoperta –  Castellitto Junior promette vita autonoma. E’ disinvolto, intraprendente. È nel niccianesimo dei suoi personaggi (nel suo film “I predatori” interpreta un giovane studioso di Friedrich Nietzsche intenzionato a esumarne il corpo). E dunque non stupisce che al cupo risentimento preferisca la volontà di potenza. Forse per questo elogia i genitori senza spiragli rancorosi. Ma è innanzitutto un figlio del suo contesto. Ha letto un po’ di libri, ha visto dei film. Conosce la poetica degli “ultimi romantici”, dei ragazzi crepuscolari, genericamente fascisti (come li cantava Niccolò Contessa nel capolavoro “I pariolini di 18 anni”). Pietro Castellitto, che intanto si fidanza con la giovane stella Matilda De Angelis, è una promessa di autonomia artistica, un bel frutto d’albero genealogico. Ma tra i discendenti italiani più in vista sembra parecchio eccezionale…

 

Pietro Castellitto è un fuoriclasse rispetto agli schemi tracciati. In quota minoritaria di chi fa economia da sé  senza fare dramma di natali illustri


E’ vero che siamo tutti figli a questo mondo. Eppure, sotto la volta celeste, i figli delle stelle sono sempre più figli degli altri. Sin dal primo vagito, i baby vip sono ragazzi e ragazze con la lettera scarlatta di lombi rinomati. E se l’arte in famiglia è un caso, lo stile è una scelta. E’ un fatto di personalità. Nell’accodarsi agli andazzi e ai moralismi, anche vip e baby vip fanno la vaga figura di figli di nessuno. Ma siamo indulgenti. In fondo si sa da chi si nasce, non si sa con chi si muore. E nel frattempo bisogna anche vivere. O sopravvivere. E si fa quel che si può.