Jack London

Gli abissi di London. Martedì nel Foglio la prima puntata de “Il popolo dell'abisso”

Mariarosa Mancuso
Come terzo libro dell’estate – dopo “Serenata” di James Cain e “La valigia” di Sergej Dovlatov – il Foglio propone ai suoi lettori “Il popolo dell’abisso”, lo straordinaro reportage che il ventiseienne Jack London realizzò nel 1902 “nei bassifondi londinesi”. Per farlo, si calò in mezzo ai poveri dell’East End, a quella “gente di bassa statura e d’aspetto sordido”, fino a sembrare uno di loro.

Come terzo libro dell’estate – dopo “Serenata” di James Cain e “La valigia” di Sergej Dovlatov – il Foglio propone ai suoi lettori “Il popolo dell’abisso”, lo straordinaro reportage che il ventiseienne Jack London realizzò nel 1902 “nei bassifondi londinesi”. Per farlo, si calò in mezzo ai poveri dell’East End, a quella “gente di bassa statura e d’aspetto sordido”, fino a sembrare uno di loro. Il testo, che ci accompagnerà per due settimane, dal martedì al venerdì, è quello dell’edizione Meridiani paperback di Mondadori. Di Mario Maffi la traduzione.

 


 

 

Un reportage per non darsi all’ubriachezza. E’ lo stesso Jack London a raccontarlo, in una lettera: “Se non capita qualcosa di eccitante al più presto, finirò per mettermi a bere forte”. E nel “bere forte” era un professionista, lo sappiamo da “John Barleycorn - Ricordi alcolici”, scritto con il cerchio alla testa dopo una sbronza colossale a New York (“barleycorn” come il chicco d’orzo per fabbricare il whiskey e la birra, folletto del folclore inglese e diavolo tentatore negli incubi di uno che assaggiò la prima birra a cinque anni). Nel 1902, Jack London ricaccia indietro le tentazioni alcoliche grazie a un contratto editoriale e a un fagotto di panni lerci, adatti per curiosare nell’East End londinese: gli stessi vicoli dove Jack lo Squartatore si era aggirato quindici anni prima a caccia di prostitute. L’American Press Association aveva offerto al ventiseienne scrittore – si era appena lasciato alle spalle i tempi duri e di lì a poco diventerà celebre con “Il richiamo della foresta” – un reportage dal Sudafrica, dov’era appena finita la guerra anglo-boera. Londra doveva essere solo una tappa, per un libro commissionato dall’editore Macmillan (neanche gli scrittori mandati a curiosare tra guerre e tuguri sono un’invenzione recente).

 

Nell’East End stavano i poveri. Gli ultimi nella scala della miseria, perfino troppo straccioni per trovare posto nei romanzi di Charles Dickens. La destinazione non era contemplata dall’agenzia fondata 60 anni prima da Thomas Cook, inventore del turismo organizzato (per immaginare il trekking nei bassifondi, oggi chiamato Slum Tourism, bisognava essere pasciuti e annoiati come noi siamo). “Le conviene rivolgersi alla polizia”, suggerisce l’impiegato con aplomb britannico. Smarrito non appena l’americano suggerisce: “Vi chiedo allora di prender nota di quel che intendo fare, così, se dovesse succedermi qualcosa, mi potrete individuare subito”. London intendeva “nel caso un poliziotto mi arrestasse”. L’altro capì “verremo volentieri a identificare la sua salma” (come osservò George Bernard Shaw, inglesi e americani sono “due popoli divisi da una lingua comune”). Fatti i debiti scongiuri, la vestizione: una camicia comprata di terza mano (con un soldino cucito sotto l’ascella per le emergenze, nei dormitori pubblici i richiedenti venivano perquisiti).

 

Doveva essere ruvida oltre ogni dire: Jack London non era un signorino, aveva fatto il lavandaio, il pescatore clandestino di ostriche, il cacciatore d’oro nel Klondike, e il fattorino d’albergo (con la divisa, appare in un episodio di “Star Trek”). “Lo stomaco non mi perdonerà mai le schifezze che gli ho fatto ingurgitare” scrive alla fine degli 84 giorni, sopportati con il solo conforto di una stanzetta dove lavarsi ogni tanto, farsi spedire la posta, prendere appunti, cambiare il rullino alla macchina fotografica Kodak con cui illustrò il reportage. “Il popolo dell’abisso” spegne ogni entusiasmo per la decrescita. L’acqua corrente e le vasche da bagno e i dentisti con l’anestetico e i dottori con le vaccinazioni sono alla portata di quasi tutti – e solo lo sviluppo li porterà a chi ancora non li possiede. Però c’era già tutto quel che ci affligge adesso, dallo smog ai magistrati che affibbiavano sette giorni di galera per vagabondaggio. La libera vita “on the road” si può fare negli Stati Uniti, avverte Jack London. Non a Londra dove ti cacciano se ti addormenti su una panchina. I giacigli si affittano a tre turni di otto ore, per l’Esercito della Salvezza ci si mette in coda con il bigliettino.

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