Johnny Depp (foto LaPresse)

La bufala del venerato maestro russo e il ciuffo unto di Johnny Depp

Mariarosa Mancuso
Il film sui preti pedofili non fa discutere. Viva le goody bag. L'attore americano loda con sapienza i tifosi che lo braccano. “Sono i miei capi, comprano i biglietti e mi sostengono: mi commuovono sempre e li ringrazio”.

MARGUERITE di Xavier Giannoli (concorso)

Puro piacere. Tranne che per le orecchie. Ma appunto di questo si tratta: una cantante d’opera stonata quanto miliardaria. Canta per beneficenza e per gli amici che calorosamente applaudono. Xavier Giannoli si ispira alla carriera della soprano americana Florence Foster Jenkins, un film più strettamente biografico lo ha appena girato Stephen Frears con Meryl Streep. Sarà difficile battere il francese, che trasporta la storia a Parigi e inventa una coppia diva-maggiordomo (nero) degna di “Viale del tramonto”. Ambientazione anni 20 perfetta, senza la muffa dei film in costume. Personaggi, senso dello spettacolo e gioco delle parti da applauso.

 

BLACK MASS di Scott Cooper, con Johnny Depp (fuori concorso)

Rispetto a come l’abbiamo visto truccato negli ultimi film, Johnny Depp si presenta acqua e sapone. Ma è sempre troppo: cerone spesso, un ritocco al naso, la calvizie (i capelli ora son chiari ora son scuri), lenti a contatto. E’ James “Whitey” Bulger, gangster che si fece aiutare dall’Fbi a sgominare i rivali. Si può, se hai passato un’infanzia irlandese a South Boston negli anni 30, e il tuo amico ora indaga su di te. Ben girato, ben recitato, con tutte le sue scene a posto – qualcuna troppo lunga, con un pentito che fa partire il flash back. Non trascinante come dovrebbe essere la vita del nemico pubblico numero 2 (il primo era Osama bin Laden).

 

FRANCOFONIA di Alexander Sokurov, con Louis-Do de Lencquesaing (concorso)
Il venerato maestro russo arriva in concorso con una bufala. E dire che ci eravamo innmorati del suo “Faust”, Leone d’oro nel 2011. Bello anche “L’arca russa”, tutto dentro l’Ermitage. E bella la trilogia su Hitler, Stalin, Hirohito. Questo per dire che non partiamo prevenuti. Il delirio sul Louvre nella Parigi occupata proprio non gli riesce. Le ricostruzioni sono misere, la voce fuori campo legge Wikipedia, e in materia funzionava molto meglio “Diplomacy - Una notte per salvare Parigi” di Volker Schlöndorff.
 

 

Mariarosa Mancuso

 


 

 

Il successo della strategia di Francesco – cambiare la conversazione sulla chiesa di Roma – si capisce dagli omaggi commossi che gli fa Mark Ruffalo, furioso come il suo personaggio Rezendes, il più incazzato della redazione che smaschera l’insabbiamento ventennale dell’inchiesta sui preti pedofili di Boston al centro di “Spotlight”. La mini-tempesta scatenata dal film finirà subito, e si tornerà a parlare del volemose bene papale. Missione compiuta, Santo Padre. Mai sottovalutare un gesuita. Ragazzi in bivacco sin dall’alba in attesa del passaggio sul Red Carpet di Johnny Depp la sera per “Black Mass”. Lungo ciuffo nero extra-long unto, molti anelli, occhiali scuri, camicia bianca aperta e giacca verde scuro, Depp loda con sapienza i tifosi che lo braccano. “Sono i miei capi, comprano i biglietti e mi sostengono: mi commuovono sempre e li ringrazio”. Nel film sul gangster Jimmy Bulger, secondo la sempre perspicace Laura Delli Colli (scrittrice e presidente del sindacato dei giornalisti di cinema Sngci) la trasformazione di Depp lo rende sosia di Pasquale Squitieri giovane. Cena riuscitissimaa a Villa Laguna offerta da Mediaset e Ciak. Presenti Giampaolo Letta e la strana coppia Piera Detassis e Daniela Santanchè, direttore ed editore della rivista. Piera, un filo perbenista, fa rimbrotto semi-finta per il cortissimo abito a sbalzi della Santanchè (DSquared) come sempre allegramente priva di complessi. Tra gli ospiti della cena placée, Alessandro Preziosi, Greta Carandini e Silvia Garnero, due silfide estenuate e preraffaellite, Raffaella Fioretta (raffinata esperta di cerimoniale) Georgette Ranucci (Lucky Red), il produttore Fulvio Lucisano con le figlie Federica e Paola, Stefano Bonaga con la femme fatale Giulia Salemi, il simpatico spilungone rosso Daniele Orazi, agente di Alba Rohrwacher, Gloria Satta, il regista Piero Messina, ex aiuto regista di Paolo Sorrentino e in concorso con “L’attesa” (Venezia 72) suo film d’esordio. Francesca Inaudi, attrice assai stimata in abito Vivetta delizioso, trabocca felicità per la Green Card Usa concessale per meriti artistici. Cena slurp a base di pesce e ottimi vini, e come sempre quando c’è di mezzo la Santanchè, sacchetto regalo pesantissimo. In tre giorni al Lido abbiamo già ben quattro goody-bag.

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