“Se è notte verrà l'alba”. Paolo Prodi, ottimista ma storico e la morte dell'uomo occidentale

Giuliano Ferrara

Cattolico adulto, smarrito di fronte alla modernità che abolisce bene e male

Ieri hanno seppellito in famiglia, nella splendida città di Bologna, lo storico di ottantaquattro anni Paolo Prodi, di Scandiano, che se ne era andato via quattro giorni prima convinto, come ha ricordato suo fratello Romano e avrebbe potuto dire il loro concittadino Matteo Maria Boiardo autore dell’Orlando innamorato, che “se è notte verrà l’alba”. Certo che era un ottimista, il prof., lo storico, l’accademico, il Linceo, uno dei tanti Prodi dalla faccia aperta e buona, artigli del mestiere a parte. Ma il suo testamento che commentammo un anno fa qui, in una recensione che riproduciamo come estremo omaggio, non lo era, non era ottimista.

 

Forse il ricordo di questo illustre dossettiano, che ha militato fino all’ultimo su posizioni politiche cattolico-democratiche, compreso il No referendario, così lontane dalle nostre passioni civili prosciugate e consumate dalla realtà, ma tutte le passioni civili lo sono, forse il suo ricordo di questo approdo o testamento che fu il libro “Homo Europaeus” è bene che ne tenga conto.

 

Per noi la “notiziola della morte dell’uomo occidentale” fu non una sorpresa ma una frustata. Un bagno di realismo storico, con una conclusione critica decisiva, nell’arido ambiente delle certezze precostituite, dei correttismi accademici, delle banalità andanti. Dai tempi di Oswald Spengler e del suo “tramonto dell’occidente”, che appartiene agli anni Venti del secolo scorso, in tanti hanno cercato di capire, da punti di vista e con conclusioni diverse, com’è che abbiamo fatto un deserto tacitiano e lo abbiamo chiamato modernità. Com’è che abbiamo estirpato il sacro dalla nostra civiltà e abbiamo sacralizzato la “norma”, la norma unidimensionale, la dittatura laica della legge intesa come fondamento di sé stessa, come relativismo delle maggioranze e della stessa forma democratica, laica o laicista, ormai incapace di vivere a contatto con i criteri, specie quelli non negoziabili, della vita buona. Il filosofo ebreo-tedesco e americano Leo Strauss aveva dedicato alla questione la sostanza di tutta la sua vasta opera.

 

 

Massimo Cacciari ieri su Repubblica, nella eulogia dedicata al suo collega e coautore scomparso, diceva qualcosa di bello e di vero ma non l’essenziale, secondo me e secondo il testo eccezionale di “Homo Europaeus”. Chi avrà voglia di leggere o rileggere la testimonianza della nostra entusiastica accoglienza del legato di storia e di filosofia che ci ha lasciato quel professore davvero grande capirà che cosa vogliamo dire.

 

Paolo Prodi era un cattolico adulto come la sua bella tribù, non era un laico devoto. Ma restano in tutta la loro grandiosa impellenza i suoi dubbi cocenti sulla secolarizzazione forzosa, sullo stesso Concilio ecumenico Vaticano II, tanto caro alla Scuola di scienze religiose di Bologna che celebra lo storico amico lasciando questa sostanza intellettuale tra le righe. Resta la sua ricostruzione di un mondo antropologico e storico morente, in cui non c’è più spazio per il dualismo tra peccato e reato, e tutto alla fine diventa reato, diritto positivo che pensa di potersi giustificare da sé senz’ombra di riflessione etica sui fondamenti, perché il peccato è assoggettato alla forza della misericordia e del perdono, mentre l’idea stessa di penitenza o conciliazione o espiazione ormai fa sorridere mestamente (la dottrina non tanto segreta di un Papa gesuita come Francesco, opposta all’incantamento lucido provocato dai discorsi di san Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI). Paolo Prodi era smarrito combattivamente, tra l’altro, perché la questione cruciale della integrità della vita umana era segnata e sfregiata dalle cause intentate da tribunali laicisti contro coppie che avevano avuto la colpa di generare figli imperfetti senza fare il necessario per la selezione della razza. Dossettiano sì. Cattolico democratico sì. Cattolico adulto sì. E insieme storico libero e osservatore impietoso del sistema moderno e postmoderno che distrugge i santuari della coscienza personale fondata sulla distinzione di bene e male, mentre celebra la ideologia di stato della coscienza ingiudicabile e dei suoi comportamenti insindacabili. I comportamenti non negoziabili di un uomo occidentale morto e sepolto.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.