l'intervista

“Milano è insicura, tra migranti e baby gang”. Parla l'ex sindaco Albertini

Ermes Antonucci

“Negli ultimi quattro anni i reati predatori sono aumentati del 50 per cento", dice l'ex primo cittadino della città meneghina, che individua i principali autori dell'aumento di criminalità negli immigrati e nelle bande giovanili

“Dal punto di vista oggettivo, e quindi non solo della percezione, le statistiche indicano che a Milano negli ultimi anni c’è stato un aggravamento significativo dei fenomeni di criminalità”. Gabriele Albertini, sindaco di Milano dal 1997 al 2006, commenta con il Foglio il tema della sicurezza nella città meneghina, all’indomani delle tensioni registrate la notte di Capodanno, tra risse, aggressioni in strada e persino scontri fra gruppi di giovani e polizia nel quartiere di San Siro. “Negli ultimi quattro anni i reati predatori sono aumentati del 50 per cento – spiega Albertini – Parliamo di rapine per strada, furti in appartamento, scippi. Reati che possono colpire tutti indistintamente e che dunque creano maggiore allarme sociale”. 

 

Chi commette i reati? La riflessione di Albertini si concentra su due figure. “Secondo i dati più recenti, il 75 per cento dei reati predatori sono commessi da immigrati. Queste persone arrivano in Italia, non hanno una casa né un lavoro. Vengono ospitate in centri di accoglienza, con vitto e alloggio assicurati. Cosa fanno tutto il giorno? Molti passano indefinitamente il loro tempo fermi davanti ai negozi a salutare le persone. Altri, non sapendo cosa fare, iniziano a commettere reati”.

 

La seconda figura è “endogena”, prosegue Albertini, cioè frutto della società: “E’ questa componente estesa di giovani, riuniti in bande, in gang, anche piuttosto inquietante, perché spesso appartiene non al sottoproletariato, come direbbe Marx, ma alla piccola borghesia. Sono bande che si divertono nel commettere aggressioni a coetanei, a estranei o a persone deboli, come i clochard. La cosa più preoccupante è che dietro questa forma di criminalità non c’è la finalità di possedere qualcosa sul piano economico. E’ tutto un pretesto per aggredire le persone e poi riprendersi, raccontarsi sui social”. 

 

“Insomma, viviamo un mondo un po’ più difficile di quello che ho conosciuto io”, ammette Albertini, che spezza una lancia a favore dell’attuale sindaco Beppe Sala. “All’epoca queste minacce erano molto più contenute. Solidarizzo quindi nei confronti di Sala, che considero una bravissima persona, e credo anche che abbia fatto bene a chiamare l’ex capo della polizia Franco Gabrielli come delegato alla sicurezza”, dice Albertini.

 

Gli rivolgo però due critiche, come ho già fatto sia in pubblico che direttamente in privato. Da un lato, quella di solidarizzare troppo con quella che chiamo la componente ambientalista ‘talebana’ su tutti quegli aspetti che riguardano la lotta all’inquinamento e la mobilità. Dall’altro, di trovarsi in sintonia con una parte della politica che guarda con rassegnazione al problema della criminalità commessa dagli immigrati. ‘Poverini, non hanno un lavoro, non hanno un posto dove stare, è colpa della società’, dicono alcuni. Ma il crimine si contrasta con la sorveglianza del territorio e con l’infallibilità della punizione”, conclude Albertini. 

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