(foto Ansa)

Grancirco Dolomiti

Beghe, ritardi, sprechi, pasticci. Le Olimpiadi sono la maledizione di Cortina

Fabio Bogo

La Perla delle Dolomiti doveva essere il simbolo delle Olimpiadi 2026. Rischia di restare solamente questo, mentre i Giochi si svolgeranno altrove

Forse il governatore Luca Zaia si sta pentendo della scelta fatta tempo fa, quando per l’immagine turistica della regione che governa fu scelto uno spot che si intitolava “Veneto, land of Venice”, con il campanile di San Marco e, alle spalle, le splendide Dolomiti.  Che sono tra le montagne più belle del mondo, ma che adesso, con la loro immagine legata alle prossime Olimpiadi dove Cortina è tra i protagonisti, giù in Laguna stanno diventando più un problema che una vetrina da esibire. Troppi ritardi, troppe incompiute, troppe rinunce. Ferita dolorosa quella del bob, che finirà a Sankt Moritz, in Svizzera. E così la Perla delle Dolomiti e i lavori milionari previsti per le opere necessarie all’appuntamento del 2026, che Cortina divide con Milano, la Valtellina, il Trentino e l’Alto Adige, sono diventati una buccia di banana su cui è scivolata la reputazione di una regione moderna ed efficiente come il Veneto.

Una frana che rende ancora tesissimi i rapporti tra Zaia e il Coni, tra il Veneto e il governo, che spacca anche la Lega e che ha attirato l’attenzione della Corte dei Conti, dove si è decisi a indagare sullo sperpero di risorse pubbliche. Insomma, un autentico capolavoro…

La maledizione del “Rosso Volante”

Tutta colpa di una striscia di ghiaccio lunga 1.300 metri, con 13 curve, un dislivello di 120 metri,  una pendenza massima del 14 per cento, intitolata nel 2004 al campione olimpico Eugenio Monti, che Gianni Brera soprannominò “il rosso volante”. Atleta straordinario, ma uomo sfortunato nella vita extrasportiva: Monti morì suicida nel 2003. Per quella pista Luca Zaia ha avuto una sorta di folgorazione. Diceva il governatore il 13 dicembre 2022 in Consiglio regionale, raccontando e difendendo l’originaria scelta del bob a Cortina: “Ho chiesto quali potessero essere le eccellenze di Cortina da mettere come elemento centrale del dossier. Mi viene detto: ‘Abbiamo il bob più vecchio del mondo’. Mi dicono anche che è una discarica. Il nostro bob è del 1928, poi prende il nome dalla pista Eugenio Monti. E’ una discarica, quindi vuol dire che non è più utilizzabile. Dico: diventa elemento centrale del dossier e lo bonifichiamo a questo punto, lo facciamo nuovo. Spesa prevista: 55 milioni”. Stavolta il decisionismo esibito non paga, perché non è andata  come si sperava. Il progetto non decolla, il museo e le attività collaterali non destano interesse, l’impatto ambientale è elevato, il bob è  praticato da pochissimi atleti, la collettività locale storce il muso per i lavori in arrivo. Ma soprattutto non si trova nessuno che quella pista la voglia costruire e mantenere, anche perché il costo stimato nel frattempo è salito dai 55 milioni sperati da Zaia a più di 125, quasi il triplo. Insostenibile. E così dopo allarmi e smentite si arriva al redde rationem. Il presidente del Coni Giovanni Malagò dall’India annuncia: “Le gare di bob non si faranno a Cortina”.  E’ il 16 ottobre, e si rinuncia a quanto stabilito nel masterplan presentato con la candidatura olimpica nel 2019. Una  brutta figura per l’Italia. Ed è il caos tra polemiche, lamentele, ricerche di nuove sedi e tentativi in extremis di salvare le vecchia scelta. E si affilano i coltelli.

Un pugno di mosche in Veneto

Ma soprattutto l’annuncio è uno sfregio per il Veneto. Dove si ragiona così. Ma come, le Olimpiadi 2026 sono Milano-Cortina, ma non è stato subito chiaro a tutti che l’elemento trascinatore dal punto di vista dell’immagine era la Perla delle Dolomiti, località di fama internazionale, già sede dei Giochi nel 1956 e fresca reduce dei Mondiali di sci alpino nel 2021? Che tra l’altro abbiamo chiuso con un innegabile successo mediatico e organizzativo nonostante si siano svolti in piena pandemia Covid? Invece niente discese maschili (si fanno in Valtellina), niente skeleton (emigra all’estero o in Alto Adige o chissà dove), niente fondo (va in Val di Fiemme), niente hockey e pattinaggio (a Milano), niente Biathlon (ad Anterselva) . E adesso anche niente bob, andrà in Svizzera. Sotto le Tofane e il Cristallo restano allora il curling nello stadio del ghiaccio, che è una disciplina divertente ma di assoluta nicchia. Dove, per chi non  lo sapesse, si lanciano pietre di granito levigate, che preferibilmente arrivano dalle cave in Scozia, verso un punto chiamato home. Come le bocce col boccino, insomma, però si fanno sul ghiaccio e ci si aiuta con una specie di scopa.  Un po’ poco per una sede olimpica. Certo, ci sono le discese di sci alpino. Però solo quelle femminili, perché gli uomini corrono in Valtellina. Cioè a Cortina sulle piste si farà la metà di quello che si è fatto per i Mondiali del 2021. Con il caso surreale della cerimonia di chiusura a Verona. Che adesso suona come una beffa, pensano in regione, se si considera che alla fine si celebrano in Veneto le Olimpiadi fatte dagli altri. In realtà la beffa, sul fronte leghista è doppia: perché la cerimonia a Verona fu ideata come regalo alla città da parte del sindaco uscente Sboarina, che poi fu sconfitto da Damiano Tommasi, il quale ora si godrà la festa apparecchiata dagli altri

 

Il duello tra governatori

Luca Zaia è un governatore apprezzatissimo dai suoi elettori e stimato in tutto il Veneto. La regione è un treno economico, ha un sistema sanitario che funziona, un regime fiscale più favorevole di altri. E’ normale quindi che Zaia mal sopporti la scure calata su Cortina, per la quale si era speso in prima persona. E a caldo dice: “Otto gare si fanno in una mattina”, non sono cioè un’Olimpiade. L’irritazione non viene celata. Ed è al veleno la risposta a Malagò, che propone come  compensazione i Mondiali di sci giovanile nel 2028, presentati come un “coniglio nel cilindro”. “A me pare un criceto”, sibila il governatore. Che in realtà avrebbe ben altri progetti. Tra cui far tornare qualche gara in Veneto dalla Lombardia, che pure è una regione governata dalla Lega. Tra fratelli ci si aiuta, o no?  Beh, non proprio. E così quando Zaia fa trapelare che si potrebbe ridiscutere la dislocazione delle gare di sci, riportando in Veneto qualcosa che ora è a Bormio o a Livigno, si trova tutte le porte sbattute in faccia. Il collega Attilio Fontana da Palazzo Lombardia non è neppure un po’ diplomatico, anzi affonda il coltello nella piaga. “Dispiace per l’impossibilità di realizzare la pista di bob a Cortina (sui social si direbbe “Spiaze”, ndr.). E’ necessario proseguire i lavori realizzando le opere individuate sulla base del dossier di candidatura. Non ci sono spazi e motivazioni per cambiare la sede già definita delle gare, sottraendole alla Lombardia”. Hai voluto la bicicletta, in sostanza, ora pedala. Anzi, scendi. E c’è stata anche l’ultima provocazione, per il Veneto. Che le gare di bob si potessero fare in Piemonte, rivitalizzando la pista di Cesana abbandonata dopo i Giochi del 2006. Sarebbero bastati 35 milioni, per il governatore forzista Alberto Cirio, che aveva aggiunto: “Non siamo abituati a fare polemiche ma piuttosto a lavorare e usare il buon senso. Abbiamo infrastrutture che possono essere  messe a disposizione con costi molto inferiori, risparmiando denaro pubblico e risparmiando l’ambiente.” Un fuoco incrociato con un’ultima frecciata, ancora dalla Lombardia a proposito della proposta di cedere gare come compensazione: “Le Olimpiadi e Paralimpiadi invernali Milano-Cortina 2026 rappresentano un’occasione eccezionale per la crescita dei territori interessati. Le opere che saranno realizzate consistono anche in interventi edilizi che possano lasciare in eredità alloggi per studenti”. In sintesi: noi abbiamo pensato alla nostra crescita e al futuro per tutti, voi avete fatto lo stesso? Nella disputa ci vorrebbe un arbitro, magari il ministro delle Infrastrutture, che guarda caso è un leghista come Fontana o Zaia. Ma qualcuno dubita che Salvini sarebbe imparziale, e allora in Veneto si preferisce che non intervenga proprio.

 

Il bob e la Corte dei conti

Alla fine emerge sempre un problema di soldi e tempi, quindi di efficienza. Su quel fronte si è mossa la Corte dei Conti, che ha aperto un fascicolo dopo l’annuncio del Coni che la pista del bob non si sarebbe più fatta. L’ipotesi su cui sta lavorando la procura del Veneto è che ci sia voluto troppo tempo per abbandonare un progetto che da subito era sembrato di difficile realizzazione, e se gli anni persi abbiano comportato spese inutili di denaro pubblico in studi, verifiche, consulenze, bandi. Sarà solo fumo o ci saranno conseguenze? Lo diranno i tempi, solitamente biblici, delle istruttorie. Ma che la Corte dei Conti del Veneto sia attenta a quello che accade sul territorio che deve controllare è un dato di fatto accertato. Già la scorsa estate i magistrati segnalavano gravi ritardi nei lavori previsti per le Olimpiadi, e assistevano a una corsa contro il tempo dall’esito incerto da parte di Simico, la Società infrastrutture Milano Cortina, responsabile dei cantieri. E con tante incongruenze logiche. Tra le opere considerate essenziali e indifferibili per i Giochi, da realizzare quindi entro dicembre 2025, venivano indicate la realizzazione del villaggio olimpico di Cortina,  la ristrutturazione del trampolino e del braciere olimpico, gli spogliatoi per gli atleti paralimpici e – ovviamente  – l’adeguamento della pista da bob Eugenio Monti. Del bob abbiamo già detto, problema ritardi risolto alla radice. Ma sul resto? E’ sempre incerta la vicenda del villaggio olimpico, attorno al quale si discute ancora. Si è partiti con l’idea di farlo a Fiames, dove sorgeva il vecchio aeroporto, poi di portarlo a Campo di Sotto, tra Cortina e la zona artigianale di Acquabona,  poi qualcuno ha pensato di usare le strutture del villaggio Eni a Borca di Cadore, 15 chilometri più a est. Grandi dibattiti sui pro e i contro, ma ancora di scelte definitive non se ne vedono. Anche perché – e non a torto – qualcuno dice: ma visto che non c’è il bob e le gare di sci alpino solo solo femminili, siamo sicuri che serva un villaggio olimpico? Ci saranno la metà degli atleti presenti ai Mondiali del 2021, e il villaggio non c’era: le delegazioni usavano gli alberghi. 

 

La logica e le strade fantasma

La realizzazione delle infrastrutture è compito di Simico, e la logica vorrebbe che fossero realizzate tutte in tempo per l’evento per il quale sono state pensate. La Corte però lamenta che molte opere indifferibili siano diventate solo urgenti: non hanno cioè il vincolo di essere terminate in tempo per i Giochi. Le più importanti sono le varianti di Longarone, l’imbuto che stringe la viabilità proveniente dalle autostrade a sud, e quella di Cortina, progettata per evitare che il traffico, anche di tir, proveniente dalla Pusteria e dall’Austria passi al centro del paese. Per la variante di Longarone il completamento era previsto per aprile 2026, per Cortina addirittura novembre 2027. “A Olimpiadi concluse – commenta amaramente la Corte dei Conti – quando si tratta di opere cruciali per la viabilità”. E con una copertura finanziaria parziale. Ecco allora che scatta l’avvertimento alla regione: “Vigilare sull’effettiva attuazione delle opere e degli interventi, e sui costi, perché sul bilancio regionale non pesino aggravi non preventivati”. Zaia allora non si era mostrato preoccupato, forte delle garanzie del ministro Giorgetti sulle coperture finanziarie e del fatto che, terminato l’impegno di Simico (per contratto, fino al 31 dicembre 2026), sarebbe subentrata l’Anas per completare le opere. Ma la tragicomica vicenda della pista da bob fa dubitare ormai delle certezze precedenti. A Cortina si parla, in Lombardia si fa. Tanto che mentre il villaggio olimpico delle Dolomiti ampezzane rimbalza ancora come progetto tra Cadore e Val Boite, i lavori per quello di Milano sono in anticipo di tre mesi sul cronoprogramma. Stavolta il Veneto è indietro. La cosa brucia.

 

Una trappola per Zaia

Luca Zaia con le Olimpiadi si è messo in una trappola? Responsabilità dirette sulla realizzazione delle opere non ce ne sono, ma  avendo sponsorizzato fortemente il bob e Cortina, una gran figura a livello nazionale non la fa. Una macchia che non aiuta, proprio nel momento in cui, impossibilitato a correre per un terzo mandato da governatore (la legge non lo prevede) pensa magari a incarichi futuri. Meglio col curriculum immacolato. L’opposizione però non fa sconti. “Il governatore ha completamente sottovalutato la situazione – dice Matteo Favero, responsabile ambiente del Pd veneto – pensando di poter fare tutto con facilità. Invece quello delle Olimpiadi e delle opere collegate era un dossier da seguire con attenzione e costantemente. E facendo anche pressing per alcune opere che potevano essere finanziate attingendo ai fondi del Pnrr. Penso all’ambiente e a una linea ferroviaria da Calalzo a Cortina, che esisteva in passato, e al collegamento sempre ferroviario con la Val Pusteria. Si portava turismo in modo sostenibile”. Invece si è ritenuto che il brand Cortina e l’iniziativa locale potessero da sole raggiungere gli obiettivi olimpici. Non ha funzionato. Perché Cortina è abituata a vivere della rendita della sua bellezza, e non è mai stata un campione di modernizzazione dell’offerta e di rinnovamento delle strutture. Solo che stavolta la Perla non rappresentava solo se stessa, ma anche il paese, e chi ha sostenuto il suo brand quasi al buio alla fine si è scottato. Perché cosa lasceranno alla fine le Olimpiadi mozzate di Cortina alla collettività e al paese? Di concreto e rapido in pratica niente. Anzi, si aggraveranno alcuni problemi. Come quello dei lavoratori che tengono in piedi l’industria del turismo. Per la politica non è un bel bilancio.

Uno “staff hotel”, anzi no

Cortina oggi ha 50 strutture alberghiere, che diventeranno 60 se tutti gli alberghi riapriranno o si ristruttureranno come previsto. Ci lavorano 700 persone, a cui aggiungere il centinaio che opera sugli impianti. Tutta gente che a Cortina deve starci e dormirci, a meno di ipotizzare che gli aiuto-cuochi dormano in cucina, gli addetti alle pulizie nei corridoi degli alberghi e i “gattisti” trascorrano piacevoli nottate sottozero in quota dentro i battipista. Servono mille posti letto solo per loro. E allora ecco la proposta meritoria. Trasformiamo il villaggio olimpico, a fine giochi, in Villaggio dello Sport e del  Lavoro. Per lasciare in eredità qualcosa al territorio. Ora sappiamo che il Villaggio olimpico ha un futuro incerto, forse già segnato. Ma anche se diventasse realtà, non sarà il Villaggio dello Sport e del Lavoro. Perché la proposta non c’è più. L’aveva presentata, sotto forma di appello con un documento sottoposto a Coni, regione e provincia, un comitato promotore in cui c’erano gli esercenti degli impianti a fune (ne gestiscono 36 per un totale di 120 chilometri di piste), l’associazione albergatori, l’Associazione commercianti locale più la branca che si occupa dei rifugi. In pratica tutto il tessuto produttivo turistico di Cortina. E in primis, ovviamente l’appello era stato presentato al sindaco Giampietro Ghedina, che aveva caldeggiato la scelta di Fiames proprio per realizzare, alla fine dei Giochi, una struttura permanente destinata ad alloggi per il personale. Il sindaco Ghedina è stato sconfitto alle elezioni del 2022; la regione non si è appropriata dell’iniziativa; quelli che avevano fatto la proposta l’hanno ritirata; e in comune siede adesso come vicesindaco in una lista avversaria dell’ex sindaco il capo di una delle associazioni che l’avevano presentata e che improvvisamente ha cambiato idea, rinnegandola. Un intrigo degno del commissario Montalbano. In attesa di risolverlo, gli addetti ai servizi si arrangino come possono.

Un ospedale con medici pendolari

Per risolvere il problema dei suoi dipendenti senza alloggio (chi affitterebbe mai per un anno una casa a un lavoratore se dandola ai turisti con AirBnb può ottenere la stessa cifra in un mese di alta stagione?) si vocifera di un albergatore che cerchi una struttura a San Vito dove ospitarli. Inaugurando però così la tendenza a trasformare le località minori in satelliti-dormitorio della Perla delle Dolomiti. E aggravando il problema della mobilità sulla già trafficata statale 51 di Alemagna. Il problema del pendolarismo estremo non riguarda solo i servizi turistici, ma anche quelli essenziali, come i medici. A Cortina scarseggiano i medici di base, ne sono andati via tre negli ultimi mesi, ma un ospedale c’è.  E’ quello del gruppo Gvm che su concessione della regione gestisce al padiglione Putti un centro privato, attrezzato anche per il primo intervento per casi urgenti, aperto 24 ore al giorno. I medici ospedalieri ci sono, ma la maggior parte di loro deve fare base lontano. Complicato allora gestire le urgenze, compresa l’ortopedia che in un luogo di sci purtroppo è la linea del fronte. Ora è stato fatto un accordo per restaurare un piccolo edificio del Cral del vecchio ospedale Codivilla, ma ci vorrà del tempo. Come anche per avere la struttura al completo, quando sarà restaurato anche il padiglione Codivilla. Il cronoprogramma prevede la fine lavori per dicembre 2024, ma i ritardi sono sempre in agguato. E una località olimpica con un ospedale poco attrezzato non sarebbe un bel biglietto da visita.

Arrivano le grandi catene

Già, lo standard elevato. Cortina sta cominciando a voltare pagina, dopo aver ben bene impacchettato i milioni offerti dalle grandi catene o dai privati danarosi che fiutano affari milionari con il turismo d’élite, che chiede ambienti e servizi al top. Arrivano gli hotel a 5 stelle e più. Con prezzi conseguenti. Un’indagine empirica ci permette di dire che, tramite uno dei più grandi portali di prenotazioni online, è possibile avere per una settimana a febbraio una bella stanza per due persone più un bambino di 10 anni per soli 15.740 euro all’Hotel Rosapetra, 5 stelle con struggente vista sulle Tofane. Se si vuole spendere un po’ meno si può andare al recentemente ristrutturato Hotel de Len  (in dialetto “hotel di legno”) che vi chiede solo 11.240 euro. Colazione inclusa, beninteso. Ma sono prezzi di mercato, un mercato fatto di clientela prevalentemente straniera (americani, arabi) disposta a pagare per posti e trattamenti esclusivi. Prezzi che magari saliranno ancora, quando diventerà operativa la nuova proprietà del mitico Hotel Cristallo, destinato a diventare creatura della catena Mandarin. Tutti lo aspettano.  Il sito ufficiale dell’albergo oggi recita: “Lavori in Corso. Continuate a visitarci per aggiornamenti”. La speranza è che non si aggiunga alla lista di quelli che  sono ancora fermi, un elenco doloroso: Concordia, Dolomiti, San Marco, Italia, Pocol.  

Lo strapotere delle griffe

Cortina è dunque un mondo particolare. Prendiamo i negozi. I locali sono tutti sotto l’ala di un unico player, Franz Kraler, che gestisce i suoi e riaffitta altri locali. E così Corso d’Italia è la vetrina di Gucci, Louis Vuitton, Cucinelli, Moncler, Dior. Quello che cercano i turisti stranieri che visitano anche Milano, Roma, Capri. Bene per loro, un po’ meno per i turisti normali che non possono spendere cifre molto elevate. E per il paese. Perché le griffe aspettano al varco i turisti ricchi, e così aprono solo nei periodi di punta. Nelle altre settimane le vetrine sono spente, dando un senso di desolazione. E la gente, si chiede? Ma la regione non è titolare degli orari e delle regole commerciali? O l’abbiamo ceduta al privato? Con le Olimpiadi alle porte, il grande circo di Cortina sta mostrando tutti i suoi spettacoli, dalla natura unica alle classiche beghe montanare, quelle che ancora fanno sì che la piscina comunale sia chiusa da 11 anni. E chi non era preparato resta intrappolato nella gabbia ampezzana, un muro di gomma in cui ha sbattuto anche Zaia. Alcune cose si faranno, altre mai più. Sicuri che sia un male? Andrea Baccuini, uno che le Olimpiadi le conosce (ha organizzato la cerimonia inaugurale di Rio) e la montagna la vuole trasformare, vede lo stallo come una cosa positiva, un’opportunità. “Se viene meno e si incrina tutto quello che è legato ai vecchi schemi è un bene – dice – perché il futuro del turismo è legato alla fantasia e all’iniziativa dei privati. Come in Francia, dove a Courchevel con un unico skipass puoi sciare, andare in bici e fare parapendio”. Una visione troppo commerciale della montagna? Può darsi, ma a volte servono scosse. Per ora da Cortina sono arrivati solo cali di corrente.

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