“Messina Denaro non era il capo dei capi, ora che è morto non ne cerchiamo un altro”. Parla lo storico Salvatore Lupo

Ermes Antonucci

"Da quando la stagione stragista è finita, non si vede la necessità per la quale la mafia dovrebbe avere un superboss. Ci sono gruppi che si coordinano e poi tra i loro capi si stabiliscono delle normali gerarchie", dice lo storico. L'ipotesi di una Trattativa? "Manca qualsiasi riscontro fattuale"

“Matteo Messina Denaro è stato un personaggio importante nella storia di Cosa nostra, ma meno importante di altri. Come ho già detto quando fu catturato, e anche prima, penso che l’attribuzione a questa persona del ruolo di grande ‘capo dei capi’ sia una deformazione interpretativa. Perché non c’è alcun bisogno che la mafia abbia un ‘capo dei capi’ e certamente non c’è alcuna ragione per attribuire il potere che abbiamo attribuito a Riina a qualcun altro. E, per favore, non ne cerchiamo un altro ora che Messina Denaro è morto!”. Così, intervistato dal Foglio, lo storico Salvatore Lupo commenta la morte di Matteo Messina Denaro, l’ultimo stragista di Cosa nostra, arrestato lo scorso gennaio dopo trent’anni di latitanza. “Come ho già avuto modo di dire diverse volte – afferma Lupo – la stagione stragista della mafia si è chiusa trent’anni fa, e quasi tutti i suoi artefici, almeno quelli di cui siamo a conoscenza, erano già stati presi molto prima della cattura di Messina Denaro. Quindi il fatto che Messina Denaro sia stato preso per ultimo, e sia morto per ultimo, non cambia il discorso. L’opinione pubblica tende ad attualizzare fatti che invece in gran parte sono avvenuti in un periodo ormai piuttosto remoto”. 

  
Eppure la domanda che diversi organi di informazione hanno posto subito dopo la morte del boss di Castelvetrano è stata piuttosto scontata: chi sarà l’erede del superboss? “Si tende a ragionare attribuendo alle persone una serie infinita di superpoteri – dice Lupo – Non è così, perché la mafia probabilmente ha avuto bisogno di un superboss nel momento cruciale, in cui si atteggiava a protagonista di un gioco politico assai complesso. Ma da quando quella stagione feroce per fortuna è finita, non si vede la necessità per la quale la mafia dovrebbe avere un superboss. Ci sono gruppi che si coordinano e poi tra i loro capi si stabiliscono delle normali gerarchie. Ma non c’è un ‘capo dei capi’. Anche gli inquirenti a suo tempo avevano messo in guardia da questa tendenza, sottolineando che non era vero che Messina Denaro fosse il successore di Riina. Penso a magistrati come il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia, che ha coordinato l’operazione che ha portato all’arresto di Messina Denaro, ma anche all’ex procuratrice aggiunta Teresa Principato. Entrambi fecero notare che il capo della mafia, se esiste, agisce a Palermo e non a Castelvetrano, perché la struttura di Cosa nostra è molto concentrata sulla provincia di Palermo”. 

  
Anche l’arresto di Messina Denaro è stato interpretato secondo il filone complottista dell’eterno patto tra stato e mafia. Si è sostenuto che dietro la cattura del boss ci fosse ancora una volta una trattativa, un accordo tra le istituzioni e Cosa nostra: il mafioso si sarebbe consegnato dopo trent’anni in cambio di una contropartita, come l’affievolimento degli strumenti antimafia, in particolare quelli connessi al regime penitenziario. “E invece lui non ha rivelato nulla, lo stato non ha ceduto in nulla e come al solito tutte queste chiacchiere devono oggi confrontarsi con la mancanza totale di qualsiasi riscontro fattuale – nota Lupo – La verità è che chi dice queste cose non può ammettere che la mafia qualche volta possa essere sconfitta”. Insomma, prosegue lo storico, “l’opinione pubblica, molti uomini politici e spesso anche molti inquirenti ritengono che tutta la storia di Cosa nostra sia avvolta nel mistero. A me non sembra che le infinite inchieste e i processi bis, ter, quater ci aiutino a scoprire un’altra verità. La verità grossomodo è quella lì, quella emersa nel corso degli anni sul piano giudiziario”.

   
“Oggi Cosa nostra non è certamente quella aggressiva e politicamente schierata su una trincea terroristica quale era quella del 1993 – aggiunge Lupo – Questa cosa che non esiste più da decenni. Molti osservatori pensano: ‘È impossibile che sia successo ciò che è successo, non è stata solo mafia!’. E invece no: era solo mafia. Riina aveva quel potere perché, nel momento in cui decideva, poteva far uccidere chiunque. Questo non si verifica più da trent'anni. È completamente cambiato il contesto di quella mafia stragista, che era stragista nei confronti delle istituzioni, ma anche e soprattutto al proprio interno. C’erano i marciapiedi pieni di cadaveri e tanti altri, in un numero imprecisato, venivano sciolti nell’acido. Questo non succede più da decenni”.

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