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L'eredità

Il testamento del Cav. è come una saga. Ma è l'anti Succession

Andrea Minuz

Nessun litigio, colpo di scena o capovolgimento. La Dynasty che ci lascia Silvio Berlusconi è una famiglia composta e compatta

L’apertura del testamento teneva tutti col fiato sospeso. La ressa di giornalisti e telecamere davanti all’ingresso dello studio notarile era però stata vana. Ci si aspettava qualche gran colpo di scena, come nei migliori epiloghi dinastici, qui magari un manipolo di escort, figli illegittimi dal Guatemala, nipoti egiziane e starlette della tv infilate all’ultimo nel cospicuo lascito. E invece niente. Dal notaio non c’era neanche la famiglia. I figli hanno seguito l’apertura della busta su Zoom. Neanche una diretta Instagram. Nel tardo pomeriggio, dall’androne del palazzo di via Pagano, sede dello studio Roveda-Laurini-Clerici-D’Amore, con ottime recensioni su Google (“ho rogitato con Iolanda, veloce e professionale”; “perfetto per le successioni”), spuntava solo lui, il notaio Arrigo Roveda, in sella a uno scooterone. Assediato dai giornalisti, non rilasciava nessuna dichiarazione, non diceva nulla, “né ora, né mai”. Sfoggiava però appiccicato sul casco uno sticker della curva Nord, a ribadire che la vita è sceneggiatrice, a volte anche didascalica, e il testamento del Cav. l’ha aperto un tifoso dell’Inter.


Sin dai giorni del funerale, ma anche prima, impazza il gioco di specchi molto simmetrico tra la saga Berlusconi e le intricate vicende di “Succession”, serie tv dell’anno sugli scontri di potere per il controllo dell’azienda di famiglia, con stagione finale conclusa da poco. Circolava anche un video con la sigla della serie Hbo sopra immagini d’archivio di Berlusconi e figli. Il paragone sembrava in effetti irresistibile. Ma proprio l’apertura del testamento, e anche la compostezza e la compattezza di questa famiglia allargata, trasformano casomai la saga Berlusconi in un anti “Succession”. Chi si aspettava litigate furenti tra ex mogli, tradimenti, capovolgimenti degli assetti aziendali, battaglie e lotte intestine tra figli di primo e secondo letto, come nella famiglia Roy, dove l’accumulo di potere porta un carico di odio, sospetti, distruzioni incrociate, sarà rimasto deluso. Qui è tutto molto arcitaliano, come sempre col Cav.: il documento scritto a mano, “di suo pugno”, in forma di lettera, mentre stava andando al San Raffaele lo scorso anno, la marca da bollo e una chiusa da libro “Cuore”, “Grazie, tanto amore a tutti voi, il vostro papà”.

Tutto chiaro, limpido, trasparente, armonico. C’è chi solleva il caso dell’assenza, nei tre testamenti depositati, di Luigi, il piccolo asso della finanza bocconiana. Ma è ben poca cosa. Anche se Barbara D’Urso non condurrà più “Pomeriggio Cinque”, qui non c’è il nutrimento per mezza stagione televisiva. Non è la “Dynasty” dell’eredità Caprotti, con la lotta per contendersi l’Esselunga, non è il feuilleton del testamento della Lollobrigida, liti in clinica, risse tra eredi, denunce, plagi, circonvenzione d’incapace, badanti cattivissime, eccetera. Le cifre sono note. La famiglia resta al comando dell’azienda. Colpisce casomai lo scarto tra i cento milioni a Marta Fascina, l’unica in lacrime al funerale, e i trenta milioni a Dell’Utri. Ma, si sa, l’amore è più forte della mafia e dell’odio. Forse sarebbe stato bello lasciare almeno un simbolico euro anche a Travaglio, Santoro, Vauro, Sabina Guzzanti. Perché in fondo è anche grazie a loro se in tutti questi anni abbiamo voluto bene al Cav.

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