Danilo Iervolino (LaPresse)

Il personaggio

Chi è Danilo Iervolino, l'innovatore che non piace all'Espresso

Stefano Cingolani

Dopo Pegaso e Salernitana, l’imprenditore sbarca nell’editoria. Ritratto di un nuovo Urbano Cairo

Si chiama Danilo e ha un cognome, Iervolino, che a Napoli ha lasciato il segno. Il padre Antonio, noto avvocato, è stato senatore per i centristi del Ccd, il piccolo partito scaturito dalla implosione dell’universo cattolico popolare, e assessore al comune. Una sua zia, Rosa Russo, figlia di Angelo membro della Costituente e ministro democristiano, è stata a lungo parlamentare dc poi sindaco partenopeo per il centrosinistra. Ma Danilo non vuole lasciare la sua impronta in politica (non ancora) bensì nell’editoria e nello sport, dopo aver debuttato con una avventura che sembrava dissennata: l’università telematica. Quando nel 2006 decise di fondare Pegaso nessuno pensava che un ateneo via internet a Napoli, in un’Italia impiombata dal digital divide, potesse volare in alto come il mitico cavallo alato.

 

Oggi, a 44 anni, dopo aver venduto l’ateneo virtuale al fondo americano Cvc per l’iperbolica cifra di 1 miliardo di euro, ha deciso di comprare una squadra di calcio, la Salernitana, e una delle testate più prestigiose, l’Espresso fondato nel 1955 da Arrigo Benedetti e trasformato da Eugenio Scalfari in una macchina da guerra mediatica dal cui seno è nata Repubblica. La Gedi, in mano alla Exor di John Elkann, ha deciso di cedere il settimanale che versava in seria difficoltà. Una scelta, formalizzata ieri, che ha provocato le dimissioni del direttore Marco Damilano prontamente sostituito da Lirio Abbate, e lo sciopero dei giornalisti. Riuscirà Iervolino a rilanciare il giornale e salvare la squadra di calcio? Seguirà le orme di Urbano Cairo? Facciamo un passo indietro per ricostruire il suo singolare percorso. 

 

“Travolto da un’onda rivoluzionaria”

Tutto comincia con uno sbarco in America. Nato a Napoli il 2 aprile 1978, Danilo è cresciuto a Palma Campania, il paese dei genitori, dove ancora vive con la famiglia. Laurea in Economia e Commercio a Napoli con tesi sul franchising, s’appassiona alla formazione a distanza grazie a un professore dell’Università di Salerno amico del padre. Mette piede negli States a 24 anni scoprendo quell’universo telematico che in Italia era ancora immerso nelle nebbie. “Piattaforme tecnologiche, rete, linguaggi multitasking, allora tutto questo era già una realtà – ricorda Iervolino – Il web 1.0 si stava trasformando nel 2.0. Fui travolto da quest’onda rivoluzionaria e decisi che quello sarebbe diventato il mio progetto di vita”. Oggi diremmo il primo progetto, in attesa di capire se e come vorrà riplasmare anche l’Espresso. Puntare sul digitale era l’obiettivo conclamato da Elkann al momento in cui nel 2020 acquisì il gruppo Gedi da Carlo De Benedetti, ma c’è bisogno di operazioni radicali. Il comunicato ufficiale scrive che il settimanale continuerà a essere distribuito insieme al quotidiano, almeno per il momento. Quanto al nuovo proprietario dovrà spiegare le sue idee innanzitutto alla redazione malmostosa e preoccupata. 


Politica? No, grazie

L’università telematica nasce non solo come un sogno americano, ma anche grazie al decreto Moratti-Stanca che nel 2003 ha liberalizzato l’insegnamento istituendo anche questa innovativa forma d’istruzione. Iervolino racconta e alimenta la leggenda schumpeteriana che tutto comincia in un locale tre metri per per tre: “Volevo un’università aperta a tutti, democratica, innovativa che favorisse l’ascesa nella scala sociale come in America e nella quale gli studenti potessero indossare la loro istruzione come un abito su misura e recapitato a domicilio. A quel tempo pochi lo capivano, ancora meno ci credevano”. Non così Silvio Berlusconi, che firma un accordo con Pegaso per la formazione di giovani leader azzurri e pensa a lui come coordinatore regionale di Forza Italia. Iervolino ringrazia, ma non si lega, coltiva ottimi rapporti con Vincenzo De Luca proconsole salernitano nonché governatore campano, attraverso il figlio Piero deputato del Pd che lo definisce “imprenditore serio, capace, appassionato”, s’avvicina a Matteo Renzi, però tiene la politica su un sentiero parallelo. Pegaso decolla fino a raggiungere la mitica quota dei 100 mila iscritti. La pandemia spalanca le porte all’insegnamento a distanza (nonostante i lamenti dei No Dad)  e accende gli interessi dei grandi. L’anno scorso il fondo Cvc si fa avanti con un enorme pacco di euro e un manager di tutto rispetto: Fabio Vaccarono, allora ceo di Google in Italia, che è anche nel consiglio del Sole 24 Ore.

Da settembre è lui l’amministratore del gruppo Pegaso Multiversity. A quel punto Iervolino si guarda intorno e mette a fuoco gli altri suoi progetti: lo sport, comprando per dieci milioni di euro la Salernitana che Claudio Lotito doveva cedere, e l’editoria con Forbes Italia che un anno prima lo aveva celebrato come uno dei cento migliori imprenditori italiani. Così la Bfc spa diventa la nave scuola e poi l’ammiraglia quotata in borsa dove oggi confluisce il 51 per cento dell’Espresso (il 49 per cento va alla Idi srl di Danilo Iervolino). 


I giornalisti non ci stanno

Cosa farà il nuovo proprietario? Quando ha preso la Salernitana ha promesso che l’avrebbe salvata nonostante sia ultima in classifica, puntando sui giovani. I De Luca, padre e figlio, hanno applaudito. Nominato presidente dal 13 gennaio, il primo giovane calciatore acquistato è il nipote Antonio Pio, centrocampista diciottenne: “Lo dovevo a suo padre, mio fratello, morto di leucemia”, ha spiegato. A guidare la società editoriale che assorbirà l’Espresso è Denis Masetti, che nel 1995 aveva fondato Bfc Media e poi acquisito testate prestigiose dedicate al business: Bloomberg Investimenti, Forbes Italia, la tv in accordo con Sky. Nel 2015 viene quotata sul mercato alternativo Aim. Il giro d’affari s’aggira sugli 11 milioni di euro. Non è stato ancora annunciato quanto pagherà l’Espresso né cosa ne farà. Per ora Masetti si è limitato a dichiarazioni rassicuranti, ma di routine: “Partendo dalla sua storia, vogliamo anche che l’Espresso si sviluppi attraverso un progetto editoriale indipendente e condiviso, supportato da strumenti e strategie moderne e investimenti adeguati”. Ai giornalisti non è bastato e hanno deciso di resistere, resistere, resistere. Intanto, sciopero delle firme e niente prossimo numero.