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La fusione Editis-Hachette, ultima zampata di Vincent Bolloré

Mauro Zanon

Un progetto che sconvolge le belles lettres e la politica di Parigi

Parigi. “La verità è che questo progetto di fusione, legato a una strategia internazionale, rischia di aver degli effetti deleteri sulla creazione letteraria francese”. Il progetto di fusione che inquieta Antoine Gallimard e altri grandi editori del mondo dei libri parigino è quello tra Editis, gruppo editoriale controllato da Vivendi, dunque dalla holding di Vincent Bolloré, e Hachette Livre, di proprietà di Lagardère, che il magnate bretone e patron del canale televisivo sovranista CNews sta per fagocitare.

  

Per capire la portata di questa operazione, l’ultima zampata dello spietato Bolloré prima del ritiro dalle scene (pochi giorni fa, durante un’udienza al Senato sulla concentrazione dei media in Francia, ha dichiarato che il prossimo 17 febbraio lascerà la guida del suo impero ai figli), basta dare un occhio al prestigioso portafoglio di case editrici in possesso di Hachette Livre: Grasset, Fayard, Stock, Calmann-Lévy, Le Livre de poche, JC Lattès, Larousse, oltre che importanti filiali negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Spagna. E se a queste si aggiungono le scuderie editoriali sotto l’ombrello di Editis, Julliard, Plon, Bouquins, Robert Laffont, Bordas, Le Cherche Midi, Nathan, Perrin, La Découverte, ci si rende presto conto di cosa stia per nascere: un mastodonte dell’editoria che potrebbe avere conseguenze non solo in termini di “creazione letteraria”, come paventato da Antoine Gallimard, ma anche in termini politici

   

“Vincent Bolloré modellerà le sue case editrici per promuovere certe convinzioni, come ha fatto su CNews dove ha consolidato la notorietà di Éric Zemmour e come sembra voler fare con l’emittente radiofonica Europe 1?”, si è chiesto il Monde in un’inchiesta su questo terremoto editoriale che sta per prodursi e sullo “spettro della politicizzazione” che esso porta con sé. La filosofa Catherine Clément, responsabile dell’Università popolare del Museo del quai Branly e autrice di una cinquantina di romanzi e saggi, dice che “Vincent Bolloré trasforma tutti i media che acquista”, che ciò che ha fatto con il gruppo Canal Plus “è sufficientemente dimostrativo”, e che Hachette Livre, dunque, non sfuggirà al suo metodo di controllo e di influenza invasivo. Negli ultimi tempi, soltanto l’intellettuale Bernard Henri-Lévy, autore per Grasset (Hachette Livre), ha preso pubblicamente la difesa del capo di Vivendi. Nella sua rubrica sul Point, Bloc-Notes, del 24 settembre 2021, ha scritto: “Non penso che questo corsaro possa trasformarsi in un gallo revanscista”. E’ vero, è un “conservatore cristiano”, ma “non è un estremista”, ha sottolineato Bhl, pur ammettendo che potrebbe sbagliarsi: “Forse sono ingenuo”. 

 

Françoise Nyssen, ex ministro della Cultura del quinquennio Macron, presidente della casa editrice Actes Sud fondata dal padre Hubert nel 1978 e grande figura delle belles lettres parigine, è invece “molto preoccupata”: “Sappiamo quali sono le idee di Vincent Bolloré e sappiamo che Editis distribuisce il libro di Éric Zemmour. Con i mezzi mediatici a sua disposizione, ora vuole aggiudicarsi più della metà dell’editoria francese. Nel paese di Beaumarchais, non possiamo pensare che Hachette passi nelle mani di un tale gruppo”. Alla stregua di Gallimard, Nyssen invita autori, editori, librai e distributori a un sussulto culturale e politico per contrastare l’uomo d’affari bretone: “Questa operazione è una questione di cultura e di declino della diversità, fatto che può condurre alla catastrofe”. 

  
In termini di cifre, Editis raggruppa 51 case editrici e manda nelle librerie quasi quattromila titoli l’anno, mentre Hachette Livre ne riunisce una quarantina e nel 2019 ha pubblicato 6.920 opere. Ma si può ancora fermare questo matrimonio indigesto? Dipende da Bruxelles. Gallimard, Nyssen e alcuni sindacati che rappresentano i librai hanno  sollecitato la Commissione europea affinché blocchi l’operazione di Bolloré, contraria, secondo i contestatori parigini, alle norme sulla concorrenza.