Contro Mastro Ciliegia
L'inutilità della predica estiva dei prof sugli stupri
Nonostante manchino ancora un paio di settimane alla riapertura delle scuole, i professori si sentono in dovere esprimere la loro opinione sullo stupro di Palermo
Mancano ancora un paio di settimane alla riapertura delle scuole (menomale), e proprio non si capisce perché prof e presidi, intesi come categoria media riflessiva, invece di godersi gli scampoli d’ombrellone low cost si sentano in dovere di dire la loro, di solito scontata se non banale, sullo stupro di Palermo. E ci tengano a trasmettere la loro ansia educativa agli studenti in vacanza. Ma soprattutto, il tono. Prima l’insegnante palermitana “speaker radiofonica” (sarà una nuova classe di concorso) che si scaglia contro la “comunità educante”, “siamo e siete un branco di falliti. Qualcosa è andato male nel nostro progetto genitoriale ed educativo, siamo in emergenza”. Generalizzare, si dice. Poi un preside ligure che sente “la responsabilità di esprimermi su queste tematiche, autorizzato dal quadro di educazione civica che ogni membro del personale scolastico è chiamato a incarnare”.
Vabbè. Ma gli studenti, quantunque non stupratori, sono in vacanza. Non è mestiere suo fare la predica, e del resto si incasina anche lui tra chat e fake. Ma provare a insegnare, bene, le materie in classe? Magari bocciare, e lasciar perdere l’educazione civica, usando invece il buon esempio? Cari prof, se smoraleggiate pure ad agosto, non stupitevi se non vi credono nemmeno il resto dell’anno.
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