video contraffatti e rischi tecnologici

I profili fake del branco di Palermo ci riguardano tutti

Andrea Trapani

Se le cronache parlano soprattutto di un account Tik Tok che ha preso l’identità di uno degli accusati, variando i messaggi di video già pubblicati, la situazione è ben più vasta e complicata. Come si può mettere un freno al problema

Un profilo falso per dare voce a un accusato di violenza carnale non è la trama di una delle ultime puntate di Black Mirror, ma è una delle situazioni che continua a verificarsi in concomitanza di notizie che diventano virali. Il caso del branco di Palermo è diventato l’occasione per l’ennesima esplosione di profili fake. Se le cronache parlano soprattutto di un account Tik Tok che ha preso l’identità di uno degli accusati, variando i messaggi di video già pubblicati, la situazione è ben più vasta e riguarda tutti.

 

Quella tra piattaforme e utenti sembra essere una lotta senza fine: se è vero che i social media hanno bisogno di traffico per vendere, dall’altro lato conoscono bene i problemi da risolvere. Proprio Tik Tok continua a cancellare centinaia di milioni di video ogni trimestre. Un numero particolarmente significativo è proprio quello degli account falsi: a metà dello scorso anno ne erano stati rimossi circa 33 milioni in soli tre mesi, il 62 per cento in più rispetto al trimestre precedente. Anche su Facebook, nel 2022, si stimava che ci fossero 87 milioni di profili falsi: in questo caso è il fenomeno più diffuso è quello del ‘catfish’, persone che creano una falsa identità online per coinvolgere altre persone in relazioni o trarle in inganno per estorcere denaro. Per esempio, su Telegram, alcune migliaia di persone – più o meno consapevolmente – stanno cercando il video dello stupro dei 7 ragazzi. Già, anche in questo caso non è scontato che gli iscritti sappiano di esserlo, anche perché probabilmente alcuni di loro si sono trovati in gruppi che hanno semplicemente cambiato nome negli anni.

 

  

I fake riguardano tutte le piattaforme, nessuna esclusa. La facilità con cui si può creare un account, cambiare nome a un utente o a una community intera, continuerà a far vittime visto che non ci sono più le barriere tecnologiche che hanno dovuto affrontare i pionieri della rete tra gli anni Novanta e l’inizio dei Duemila. Oggi non serve avere conoscenze specifiche, la democratizzazione dell’accesso a internet ha reso banali cose che pochi anni fa erano quasi impossibili: per realizzare un buon reel, vero o falso che sia, basta usare la canzone del momento e la sincronizzazione automatica tra immagini e suono all’interno dell’app preferita. Per le nuove generazioni è un mondo che esiste da sempre: per loro è normale questo modo di interagire e di percepire il mondo. In realtà l'avanzamento delle tecnologie, si pensi alla creazione di video falsi tramite l'intelligenza artificiale, solleva interrogativi sulla credibilità e sulla fiducia reciproca che rischiano di essere dimenticati. I contenuti ingannevoli non solo possono minare la veridicità delle informazioni che circolano online, ma richiedono una maggiore alfabetizzazione digitale e critica. Riguarda ognuno di noi, è una specie di tabù, visto che tutti ci riteniamo capaci di discernere tra ciò che è autentico e ciò che viene manipolato. Non è così e non mancano i rischi.

 

Nel quadro legislativo attuale, sebbene non esistano disposizioni specifiche per la creazione di profili falsi sui social media, emergono reati come quelli di sostituzione di persona. Inoltre, la divulgazione di contenuti ingannevoli può condurre all'incriminazione per diffamazione. Senza dimenticare il furto d'immagine, come nel caso di Palermo. Insomma non è il caso di normalizzare un fenomeno che potrebbe costare caro: già da tempo sul versante civilistico, per esempio, viene riconosciuto il risarcimento del danno all’immagine. Chi pensa che la creazione di profili falsi sia un semplice scherzo, potrebbe trovarsi ad aprire il portafoglio. Per davvero.

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