L'analisi

A Venezia viene comunicato l'incasso stellare di “Barbie”

Mariarosa Mancuso

Inclusione e rigore, ma alla Mostra si annuncia poco divertimento. Nel giorno del programma, le cifre di un incasso strepitoso

Le coincidenze sono solo coincidenze. Non spiegano nulla ma sono ottimi appigli – lo sapevano bene gli scrittori dell’800 – per costruire una trama romanzesca. Senza pretese di verità, men che mai di rivelazioni. Giusto per raccontare un po’ il mondo che abbiamo intorno senza fare un elenco di cifre, di titoli, e di luoghi comuni. Il giorno della conferenza stampa per annunciare il programma della mostra di Venezia, arrivano le cifre incassate nel fine settimana da “Barbie” di Greta Gerwig. La bellezza di 162 milioni di dollari negli Usa, rinforzata da 194 milioni incassati al botteghino internazionale. Totale: 356. Strepitoso incasso per una regista cresciuta scrivendo e girando film indipendenti come “Frances Ha”. Per noi, la consolazione che il talento ancora esiste, e gli spettatori se ne accorgono. Per il sistema-cinema, una bella ripartenza che suggerisce un ripensamento: le piattaforme producono ricchezza per chi incassa gli abbonamenti. Anche per questo attori e sceneggiatori sono in sciopero. L’astensione dal lavoro per gli attori comprende anche i red carpet, le interviste, i servizi fotografici (l’assenza degli sceneggiatori, se non sono anche registi, si nota meno). Proprio quel che serve per lanciare un film.

Ecco perché dobbiamo fare a meno del pre-annunciato film d’apertura, “Challenges” di Luca Guadagnino: tennis, amore e queerness. Niente paura, gli inclusivisti possono stare tranquilli: ci sono un altro paio di film con attori e personaggi trans, e 60 registi tra quelli che hanno sottoposto il loro film non si dichiarano né maschi né femmine – per protesta, o non binarietà, non è dato sapere. Anche sotto il profilo “neutralità carbonica” la Mostra sta andando benissimo. Il direttore Alberto Barbera ha messo in apertura, il 30 agosto prossimo, “Comandante”, il sommergibilista interpretato da Pier Francesco Favino (e chi altri mai?). Regia di Edoardo De Angelis – noto per “Mozzarella Stories” e “Indivisibili” – racconta la vera storia di Salvatore Todaro, che affondò con un colpo di cannone un piroscafo belga, per poi trarre in salvo i sopravvissuti “perché abbiamo sulle spalle 2000 anni di civiltà”. Altri cinque film italiani sono in concorso, con “Comandante” fanno sei: un record, su 23 titoli. In generale, le registe sono il 30 per cento, la pattuglia italiana abbassa decisamente la media. Oltre a Edoardo De Angelis, abbiamo “Enea”, il nuovo film di Pietro Castellitto già ribattezzato da Alberto Barbera “la grande bruttezza”, e quindi attesissimo da noi che abbiamo molto amato “I predatori”. C’è “Io, capitano” di Matteo Garrone, che non trovò posto a Cannes – forse il regista non somigliava più a se stesso, scegliendo la storia di due ragazzi che lasciano avventurosamente Dakar per l’Europa. 

Sofia Coppola arriva al Lido con “Priscilla”, la giovanissima moglie che Elvis Presley conobbe a Wiesbaden; lui era soldato dell’esercito Usa. il film è prodotto da The Apartment, la società fondata da Lorenzo Mieli. Produzione italiana, stavolta l’investimento è targato Wildside, anche per “Finalmente l’alba” di Saverio Costanzo: giovane popolana – ma si può dire ancora “popolana”? – a Cinecittà per un provino, negli anni 50, si perde e si ritrova. Chiudono la lista Giorgio Diritti con “Lubo” (figli di zingari sottratti ai genitori per rieducarli, nella civile Svizzera) e “Adagio” di Stefano Sollima. Il debutto di Micaela Ramazzotti – “Felicità” – è in Orizzonti Extra, dove i figli di Guillermo Arriaga dirigono il copione paterno “A Cielo Abierto”. Woody Allen sta fuori concorso, con Quentin Dupieux. Richard Linklater con “Hitman” racconta uno psicologo sotto copertura che vorrebbe impedire gli omicidi e le vendette. Sembra complicato, ma sono le rare volte che abbiamo sentito la parola “divertimento”, invece di “intensità e rigore formale”. Il greco Yorgos Lanthimos, dopo “La Favorita” conquistato dall’immaginario vecchia Inghilterra, gira “Poor Things”, la sua versione di Frankenstein. La creatura è Emma Stone. E “Barbie” continua a incassare.

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