Papa Francesco durante la messa a Santa Marta (foto LaPresse)

La corsetta sì, la messa no. E la Cei insorge contro il governo

Il governo non autorizza le celebrazioni. Dura nota dei vescovi italiani: “Non possiamo accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto”. Anche il direttore di Avvenire attacca: “I sacrifici si capiscono e si accettano, le ingiustizie no”

La colpa, ha spiegato il premier Giuseppe Conte durante la sua conferenza stampa, è tutta del “comitato tecnico-scientifico” che sul punto è stato piuttosto “rigido”. Insomma, prendetevela con gli esperti. Un'excusatio non petita che aveva evidentemente l'obiettivo di prevenire quello che sarebbe successo solo pochi minuti dopo. Perché fa un po' sorridere pensare che, già oggi, il premier possa annunciare trionfante che il 1 giugno riapriranno parrucchieri e centri estetici mentre, per quanto riguarda le funzioni religiose, sarà necessario un supplemento di indagine. 

  

 

Nel frattempo, come gesto di cristiana misericordia, vengono consentiti i funerali ma solo con “l’esclusiva partecipazione di parenti di primo e secondo grado e, comunque, fino a un massimo di quindici persone, con funzione da svolgersi preferibilmente all’aperto, indossando mascherine protettive e rispettando rigorosamente le misure di distanziamento sociale”. Viene da chiedersi se, dal 4 maggio, assisteremo a scene come quella avvenuta nella parrocchia di Gallignano, in provincia di Cremona, dove i carabinieri hanno fatto irruzione in una chiesa di 300 metri quadri dove tredici persone, con guanti e mascherine, ben distanziate tra loro, stavano celebrano la messa. Li vediamo già i solerti custodi dell'ordine pubblico che controllano le carte d'identità e incrociano i dati anagrafici per capire se i presenti sono parenti di primo o secondo grado.

 

 

 

Insomma, siamo al limite del ridicolo. E infatti la Conferenza episcopale italiana, finita la conferenza stampa, ha pubblicato una dura nota contro le decisioni del governo. “Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”. Le parole del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, nell’intervista rilasciata lo scorso giovedì 23 aprile ad Avvenire arrivavano dopo un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della Cei, il ministero e la stessa presidenza del Consiglio - si legge -. Un’interlocuzione nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che - nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia - la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale”.

 

 

 

“Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la Cei presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie - prosegue la nota -, il decreto della presidenza del Consiglio dei ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la messa con il popolo. Alla presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità - dare indicazioni precise di carattere sanitario - e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia. I vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”.

 

Ma la nota della Cei non è l'unico attacco al governo. Anche il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, nonostante la domenica il quotidiano sia chiuso, ha pubblicato un editoriale dal titolo inequivocabile: “Ferita incomprensibile e ingiustificabile”. “È un errore molto grave - scrive Tarquinio - Non si può pensare di affrontare una generale 'ripartenza' che si annuncia delicatissima rinunciando inspiegabilmente a valorizzare la generosa responsabilità con cui i cattolici italiani – come i fedeli di altre confessioni cristiane e di altre religioni – hanno accettato rinunce e sacrifici e, dunque, senza dare risposta a legittime, sentite e del tutto ragionevoli attese della nostra gente. Sarà molto difficile far capire perché, ovviamente in modo saggio e appropriato, si potrà tornare in fabbriche e in uffici, entrare in negozi piccoli e grandi di ogni tipo, andare in parchi e giardini e invece non si potrà partecipare alla Messa domenicale. Sarà difficile perché è una scelta miope e ingiusta. E i sacrifici si capiscono e si accettano, le ingiustizie no”.

 

La risposta di Palazzo Chigi non si fa attendere: “La presidenza del Consiglio prende atto della comunicazione della Cei e conferma quanto già anticipato in conferenza stampa dal presidente Conte. Già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza”.

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