L'ex nunzio negli Stati Uniti mons. Carlo Maria Viganò

Il Vaticano risponde a Viganò: "La tua posizione è riprovevole e blasfema"

Matteo Matzuzzi

Durissima lettera firmata dal prefetto della Congregazione per i vescovi, il cardinale Marc Ouellet, in risposta al dossier pubblicato dall'ex nunzio a Washington lo scorso agosto: "Esci dalla clandestinità e pentiti della tua rivolta"

Roma. Una cosa del genere, nella chiesa, non si vedeva da tempo immemore. L’attesa risposta del Vaticano al dossier elaborato dall’ex nunzio negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò, è arrivata. E non è una semplice quanto sobria confutazione dei fatti: è una lettera dai toni durissimi, a tratti apocalittici, che oltre a smentire le ricostruzioni di Viganò, dà sfoggio di epiteti non proprio “diplomatici”. La firma apposta al documento diffuso questa mattina dalla Sala stampa della Santa Sede è quella del prefetto della Congregazione per i vescovi, il cardinale Marc Ouellet, peraltro non ascrivibile al cosiddetto inner-circle dell’attuale Pontefice. Tre pagine fitte che ricostruiscono la vicenda “in base ai miei contatti personali e ai documenti degli archivi della suddetta Congregazione, che sono attualmente oggetto di uno studio per far luce su questo triste caso”.

 

“La tua attuale posizione – scrive Ouellet – mi appare incomprensibile ed estremamente riprovevole, non solo a motivo della confusione che semina nel popolo di Dio, ma perché le tue accuse pubbliche ledono gravemente la fama dei Successori degli Apostoli. Ricordo di aver goduto un tempo della tua stima e della tua confidenza, ma constato che avrei perso ai tuoi occhi la dignità che mi riconoscevi, per il solo fatto di essere rimasto fedele agli orientamenti del Santo Padre nel servizio che mi ha affidato nella chiesa”.

 

Le misure di Benedetto XVI, "non sanzioni"

Quindi si passa alla confutazione di quanto contenuto nel memoriale di Viganò: “Tu – sono sempre parole del prefetto per i Vescovi – dici di aver informato Papa Francesco il 23 giugno 2013 sul caso McCarrick nell’udienza che ha concesso a te, come a tanti altri rappresentanti pontifici da lui allora incontrati per la prima volta in quel giorno. Immagino l’enorme quantità di informazioni verbali e scritte che egli ha dovuto raccogliere in quell’occasione su molte persone e situazioni. Dubito fortemente che McCarrick l’abbia interessato al punto che tu vorresti far credere, dal momento che era un Arcivescovo emerito di 82 anni e da sette anni senza incarico. Inoltre le istruzioni scritte, preparate per te dalla Congregazione per i Vescovi all’inizio del tuo servizio nel 2011, non dicevano alcunché di McCarrick, salvo ciò che ti dissi a voce della sua situazione di vescovo emerito che doveva obbedire a certe condizioni e restrizioni a causa delle voci attorno al suo comportamento nel passato”. Il cardinale Ouellet riconosce che alcune disposizioni erano state date all’arcivescovo emerito di Washington, “era stato fortemente esortato a non viaggiare e a non comparire in pubblico, al fine di non provocare altre dicerie a suo riguardo”. Però, “è falso presentare le misure prese nei suoi confronti come ‘sanzioni’ decretate da Papa Benedetto XVI e annullate da Papa Francesco. Dopo il riesame degli archivi, constato che non vi sono documenti a questo riguardo firmati dall’uno o dall’altro Papa, né nota di udienza del mio predecessore, il cardinale Giovanni Battista Re, che desse mandato dell’obbligo dell’arcivescovo emerito McCarrick al silenzio e alla vita privata, con il rigore di pene canoniche”.

 

La carriera di McCarrick

“Il motivo – prosegue la lettera di Ouellet – è che non si disponeva allora, a differenza di oggi, di prove sufficienti della sua presunta colpevolezza. Di qui la posizione della Congregazione ispirata alla prudenza e le lettere del mio predecessore e mie che ribadivano, tramite il nunzio apostolico Pietro Sambi e poi anche tramite te, l’esortazione a uno stile di vita discreto di preghiera e penitenza per il suo stesso bene e per quello della chiesa. Il suo caso sarebbe stato oggetto di nuove misure disciplinari se la nunziatura a Washington o qualunque altra fonte, ci avesse fornito delle informazioni recenti e decisive sul suo comportamento”.
Quindi, la domanda centrale: “Come può essere che quest’uomo di chiesa, di cui oggi si conosce l’incoerenza, sia stato promosso a più riprese, sino a rivestire le altissime funzioni di arcivescovo di Washington e di cardinale? Io stesso – dice il prefetto – ne sono assai stupito e riconosco dei difetti nel procedimento di selezione che è stato condotto nel suo caso. Ma senza entrare qui nei dettagli, si deve comprendere che le decisioni prese dal Sommo Pontefice poggiano sulle informazioni di cui si dispone in quel preciso momento e che costituiscono l’oggetto di un giudizio prudenziale che non è infallibile”.

 

"Incredibile accusare il Papa di complicità con la corruzione"

“Ti dico francamente – osserva il cardinale Marc Ouellet – che accusare Papa Francesco di aver coperto con piena cognizione di causa questo presunto predatore sessuale e di essere quindi complice della corruzione che dilaga nella chiesa, al punto di ritenerlo indegno di continuare la sua riforma come primo pastore della chiesa, mi risulta incredibile e inverosimile da tutti i punti di vista. Non arrivo a comprendere come tu abbia potuto lasciarti convincere di questa accusa mostruosa che non sta in piedi. Francesco non ha avuto alcunché a vedere con le promozioni di McCarrick a New York, Metuchen, Newark e Washington. Lo ha destituito dalla sua dignità di cardinale quando si è resa evidente un’accusa credibile di abuso sui minori. Non ho mai sentito Papa Francesco fare allusione a questo sedicente gran consigliere del suo pontificato per le nomine in America, benché Egli non nasconda la fiducia che accorda ad alcuni prelati. Intuisco che questi non siano nelle tue preferenze, né in quelle degli amici che sostengono la tua interpretazione dei fatti. Trovo tuttavia aberrante che tu approfitti dello scandalo clamoroso degli abusi sessuali negli Stati Uniti per infliggere all’autorità morale del tuo Superiore, il Sommo Pontefice, un colpo inaudito e immeritato”. 

 

"Non puoi concludere la tua vita così"

Infine, l’esortazione “apocalittica”: “Tu [Viganò, ndr] non puoi concludere così la tua vita sacerdotale, in una ribellione aperta e scandalosa, che infligge una ferita molto dolorosa alla Sposa di Cristo, che tu pretendi di servire meglio, aggravando la divisione e lo sconcerto nel popolo di Dio! Cosa posso rispondere alla tua domanda se non dirti: esci dalla tua clandestinità, pentiti della tua rivolta e torna a migliori sentimenti nei confronti del Santo Padre, invece di inasprire l’ostilità contro di lui. Come puoi celebrare la Santa eucaristia e pronunciare il suo nome nel canone della messa? Come puoi pregare il santo Rosario, san Michele Arcangelo e la Madre di Dio, condannando colui che Lei protegge e accompagna tutti i giorni nel suo pesante e coraggioso ministero?”.

 

Montatura politica priva di fondamento

“In risposta al tuo attacco ingiusto e ingiustificato nei fatti, caro Viganò, concludo dunque che l’accusa è una montatura politica priva di un reale fondamento che possa incriminare il Papa, e ribadisco che essa ferisce profondamente la comunione della Chiesa. Piaccia a Dio che questa ingiustizia sia rapidamente riparata”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.