Al centro mons. Carlo Maria Viganò (Foto Imagoeconomica)

Le conseguenze indirette dell'affaire Viganò

Matteo Matzuzzi

“Esule allendista”, “Omuncolo”. La guerra civile scoppia anche tra i vaticanisti. Più che i vescovi, a litigare sul memoriale di monsignore sono i giornalisti. Senza esclusione di colpi

Roma. Giornalisti contro giornalisti, storici della chiesa contro storici della chiesa, opinionisti più o meno esperti di cose ecclesiastiche che se le danno di (poco) santa ragione. Il pio dossier di mons. Carlo Maria Viganò, le undici pagine che contenevano il j’accuse solenne a mezza curia romana di oggi e di ieri e che si concludeva con la richiesta al Papa di dimettersi alla stregua di un amministratore delegato di qualche azienda privata, ha scatenato la guerra civile anche tra gli addetti ai lavori. I social network hanno amplificato il tutto, rendendo la Babele dipinta da Brueghel una realtà ben piantata in piazza San Pietro. Tutto scade nel personale, con rese dei conti attese che trovano terreno fertile tra i paragrafi vergati dall’ex nunzio che ha deciso di reinventarsi come Gola profonda della chiesa in nome della Verità. Liste di proscrizione con nomi di vaticanisti messi all’indice perché “difensori del Papa”, stille velenifere di questi ultimi lanciate verso gli altri, tacciati di essere i soliti tradizionalisti veneratori di pizzi e cappe magne. Da quando il giornalista Marco Tosatti, per anni vaticanista della Stampa, ha fatto sapere di aver riletto le bozze del memoriale insieme a Viganò, correggendo la prima versione per renderla giornalisticamente potabile, è finito pure lui sul tavolo degli imputati assieme al monsignore firmatario del rapporto: sue fotografie in bicicletta pubblicate sul New York Times, accuse di essere uno dei cospiratori, lo “scribacchino” di quelli che vogliono la testa del Papa.

 

Il professor Alberto Melloni, tra i massimi esperti del Concilio Vaticano II, sulle colonne di Repubblica accusava il monsignore addirittura di “puntualità sordida e mafiosa”, definendolo “omuncolo” dopo avere chiarito che si tratta di “un vecchio”. Torna spesso, nei racconti e nelle analisi di questi giorni, l’epiteto di “vecchio” affiancato al cognome Viganò, quasi fosse un peccato essere in là con gli anni. Ma anche dall’altra parte non ci si è fatti mancare nulla, con le accuse a Luis Badilla, titolare del sito il Sismografo (molto vicino al Vaticano) e aperto parecchi anni fa con benedizione di Benedetto XVI, di essere un “ex esule cileno allendista”. Si ricordano fatti vecchi di decenni, beghe personali risalenti a viaggi apostolici compiuti quando non era neppure vescovo. Ieri, in prima pagina su Avvenire, l’editorialista Stefania Falasca ha scritto di Marco Tosatti parlando di “un giornalista di un blog notoriamente anti-Bergoglio” che “preso da un’irrefrenabile euforia di protagonismo narcisistico, in pochi minuti ha offerto su un piatto d’argento i piedi d’argilla della maldestra operazione: ha confessato pubblicamente che è stato lui a scrivere il cartiglio della cosiddetta testimonianza-denuncia”. Pronta la replica: “Mi spiace molto non poter dire che ho scritto tutto io; e anche tu e i tuoi committenti ne sareste felici. Ma purtroppo non è così. Quanto al narciso: ne sono, grazie a Dio, perché è una cosa sana, chiedilo al tuo Patron che è esperto di queste cose – fornito come chiunque altro. Ma in questo caso mi sono limitato a rispondere a una collega che voleva fare un pezzo di colore su come era uscito il documento. Tutto lì. Un consiglio, comunque, Stefania: quando vuoi attaccare qualcuno, prenditi la pena di dare un’occhiata a quello che scrive”.

 

Su Twitter e Facebook, non va meglio: “Massone piduista” al tal giornalista, “turiferario” a quell’altro. Quando va male, arriva sibillina la minaccia: “Ce ne ricorderemo quando tutto sarà finito”. E insomma, se il memoriale dell’ex nunzio Carlo Maria Viganò ha aperto il vaso già parecchio crepato della lotta furibonda all’interno della chiesa, allargando un burrone che era già vasto, ha scatenato anche gli opinionisti più o meno esperti di affari ecclesiastici, pronti a scatenarsi in quella bolgia caotica che sta diventando la chiesa cattolica in questo particolare momento storico.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.