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Perché la Francia ignora la violenza contro i cristiani?

Mauro Zanon

Chiese al rogo e croci divelte. Giugno e luglio i mesi con più casi di vandalismo

Parigi. Sono dovuti intervenire quattordici pompieri per spegnere l’incendio che domenica scorsa avrebbe potuto ridurre in cenere la chiesa di Saint-Pierre, a Neuilly-sur-Seine, alle porte di Parigi. Nessuno si era accorto di quanto stava accadendo all’interno, fino a quando il caldo opprimente della capitale francese non ha spinto due passanti a entrare in chiesa per cercare un po’ di refrigerio. Varcato l’ingresso, come raccontato dal Parisien, le due persone hanno subito sentito un forte odore di fumo, poi hanno alzato lo sguardo accorgendosi che i libri di preghiere e gli opuscoli posti sul tavolo vicino all’entrata stavano bruciando: soltanto la loro prontezza nel chiamare i soccorsi ha permesso di evitare il peggio.

 

“Sono molto sorpreso da quanto accaduto, è un luogo molto calmo qui. Forse sono dei piccoli delinquenti che hanno approfittato delle vacanze per fare una bravata”, ha detto un fedele al Parisien. Forse appunto. Perché soltanto due settimane fa, le mura della sala parrocchiale della chiesa di Saint-Pierre-du-Martroi, a Orléans, sono state imbrattate con la scritta “Allah akbar”, il pianoforte del coro è stato ricoperto di varechina, sulle scale sono stati disegnati dei falli e se l’intero edificio non è stato devastato dall’incendio appiccato dai responsabili è solo per merito della prontezza dei pompieri locali.

 

Il Figaro, lo scorso anno, le ha chiamate “le profanazioni invisibili”, perché gli episodi di violenza nei confronti di persone, simboli e luoghi cristiani non suscitano nessun allarmismo nei giornali della gauche, non stimolano nessun grafico, tabella o dossier speciali da parte dei professionisti dell’indignazione. Eppure, in Francia, la religione cristiana è al primo posto nella classifica dell’odio antireligioso. Ogni giorno, è l’Osservatorio della cristianofobia a recensire gli atti ostili alla cristianità che pullulano nella cronaca locale, ma non meritano spazio nei templi del Progresso nazionale, troppo impegnati a denunciare la presunta islamofobia dilagante. Tra chiese incendiate e sacrestie profanate, quadri trafugati e croci divelte, preti aggrediti e lapidi danneggiate, giugno e luglio, con più di un episodio al giorno, sono stati tra i mesi peggiori degli ultimi anni secondo l’Osservatorio. A giugno sono stati trentaquattro gli atti cristianofobi repertoriati, il record, finora, per il 2018. E rispetto allo scorso anno, è stato registrato un aumento del 18,2 per cento.

 

I numeri sono allarmanti – alla fine dell’anno, di questo passo non sarà certo difficile superare quota trecento – ma nella Francia che sbraita contro il presidente Macron per il suo discorso solenne sul rapporto tra lo stato e la cristianità al Collège des bernardins, sembra non esserci nessun allarme. A fine luglio, sul Pic Carlit, la montagna più alta dei Pirenei Orientali, e sul Cambre d’Aze, sono state segate due croci. “Chi chiederà scusa ai cattolici e più in generale ai cristiani che riconoscono nella croce il simbolo della loro fede?”, si è chiesto il vescovo di Perpignan-Elne, monsignor Norbert Turini. Nessuno, ovviamente. E il vescovo ha dovuto pure rispondere a certe persone che parlavano di “violazione della laicità” a proposito delle croci piantate sulle cime dei Pirenei Orientali, ricordando che si tratta di una tradizione risalente a molto prima dell’introduzione della legge del 1905 – ai piedi della croce innalzata sul Canigou, la montagna sacra dei catalani, arrivano ogni anno 25mila pellegrini. Le croci vengono vandalizzate, le chiese vanno al rogo, ma per i benpensanti francesi il problema è l’islamofobia.

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