Militari nelle strade di Kinshasa

La repressione dei cattolici nella Repubblica democratica del Congo

Redazione

E’ il paese africano con più fedeli a Roma. Un bel problema per il Vaticano

Dall’alba del 31 dicembre tutte le parrocchie di Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo, sono presidiate dalle forze di polizia e dai militari dell’esercito. L’obiettivo è di impedire che si svolgano manifestazioni (anche pacifiche) per chiedere al presidente Joseph Kabila di fissare quanto prima le nuove elezioni presidenziali e di non ripresentarsi come candidato.

 

 

I fatti: il secondo e ultimo mandato di Kabila è scaduto un anno fa. Grazie alla mediazione della Conferenza episcopale locale, era stato ratificato un accordo che prevedeva nuove consultazioni entro il 2017. Mesi passati invano, visto che il capo dello stato ha assicurato – in modo assai generico – che il voto si terrà “entro il 23 dicembre del 2018”. Da qui l’idea della marcia pacifica, appoggiata dalla Santa Sede, secondo quanto confermato dalla nunziatura: in prima fila la chiesa congolese, dietro i partiti politici dell’opposizione, associazioni e movimenti. La repressione è stata dura: ai fedeli, domenica, è stato impedito l’ingresso negli edifici di culto, in più di un caso i soldati sono entrati all’interno delle chiese sparando lacrimogeni. Il bilancio dell’operazione è di centocinquanta arresti, tra cui molti sacerdoti. Chierichetti sequestrati con ancora addosso i paramenti, almeno otto morti nella sola Kinshasa. Nella parrocchia Saint Kizito Kingabwa, scrive l’agenzia Fides, il parroco è stato linciato in sacrestia. In qualche caso, pur davanti all’irruzione degli agenti che intimavano lo sgombero, i sacerdoti hanno deciso di proseguire la celebrazione eucaristica. Da tempo la Repubblica democratica del Congo dà segni di nuova instabilità e non è un caso che il Papa l’abbia citata tra i paesi che vivono una situazione complessa nell’ultimo Messaggio di Natale, prima della benedizione Urbi et orbi. Il Congo è tra i dieci paesi con più cattolici al mondo, il primo tra gli africani. L’arcivescovo di Kinshasa, il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya – che ieri ha denunciato “la barbarie” della polizia – è tra i nove porporati che fanno parte del C9, la consulta incaricata di riformare la curia. Uno scontro aperto tra il governo e la chiesa locale rappresenterebbe un grosso guaio per la Santa Sede, pronta – se necessario – a facilitare una tregua.