Papa Francesco all'Urbi et orbi (LaPresse)

Il Papa: "Sia riconosciuta la libertà religiosa ai cristiani che vivono in contesti ostili"

Matteo Matzuzzi

Dallo Yemen alla Terrasanta, dalla penisola coreana all'Ucraina e al Nicaragua: prima della benedizione Urbi et orbi, Francesco ha ricordato le regioni del mondo percorse da crisi politiche o guerre. Ieri la messa della notte e il messaggio alle Forze armate italiane

Roma. “Qual è il messaggio universale del Natale?”, domanda il Papa all’inizio del Messaggio natalizio che come da tradizione ha anticipato la solenne benedizione Urbi et orbi, alla città e al mondo. “Ci dice che Dio è Padre buono e noi siamo tutti fratelli”, è la risposta. E “questa verità sta alla base della visione cristiana dell’umanità. Senza la fraternità che Gesù Cristo ci ha donato, i nostri sforzi per un mondo più gusto hanno il fiato corto, e anche i migliori progetti rischiano di diventare strutture senz’anima. Per questo il mio augurio di buon Natale – ha aggiunto Francesco – è un augurio di fraternità”. Fraternità “tra persone di ogni nazione e cultura, tra persone di idee diverse, ma capaci di rispettarsi e di ascoltare l’altro, tra persone di diverse religioni”, perché “Gesù è venuto a rivelare il volto di Dio a tutti coloro che lo cercano”. Un volto che “si è manifestato in un volto umano concreto. Non è apparso in un angelo, ma in un uomo, nato in un tempo e in un luogo”.

 

Questo Natale – ha sottolineato il Pontefice – “ci faccia riscoprire i legami di fraternità che ci uniscono come esseri umani e legano tutti i popoli. Consenta a israeliani e palestinesi di riprendere il dialogo e intraprendere un cammino di pace che ponga fine a un conflitto che da più di settant’anni lacera la Terra scelta dal Signore per mostrare il suo volto d’amore”. Gesù “permetta all’amata e martoriata Siria di ritrovare la fraternità dopo questi lunghi anni di guerra. La Comunità internazionale si adoperi decisamente per una soluzione politica che accantoni le divisioni e gli interessi di parte, così che il popolo siriano, specialmente quanti hanno dovuto lasciare le proprie terre e cercare rifugio altrove, possa tornare a vivere in pace nella propria patria”.

 

Ma nel pensiero del Papa c’è anche lo Yemen, la cui popolazione è “stremata dalla guerra e dalla carestia”, e l’Africa, “dove milioni di persone sono rifugiate o sfollate e necessitano di assistenza umanitaria e di sicurezza alimentare”. Il Natale, ha detto poi Bergoglio, “rinsaldi i vincoli fraterni che uniscono la penisola coreana e consenta di proseguire il cammino di avvicinamento intrapreso e di giungere a soluzioni condivise che assicurino a tutti sviluppo e benessere”. Concordia per il Venezuela, auspicando che “tutte le componenti sociali” lavorino “fraternamente per lo sviluppo del paese e per assistere le fasce più deboli della popolazione”. Il Papa ha ricordato poi “l’amata Ucraina, ansiosa di riconquistare una pace duratura che tarda a venire. Solo con la pace, rispettosa dei diritti di ogni nazione, il paese può riprendersi dalle sofferenze subite e ristabilire condizioni di vita dignitose per i propri cittadini. Sono vicino – ha detto Francesco – alle comunità cristiane di quella regione, e prego che si possano tessere rapporti di fraternità e di amicizia”. Infine, il “Nicaragua, affinché non prevalgano le divisioni e le discordie, ma tutti si adoperino per favorire la riconciliazione e costruire insieme il futuro del paese”.

 

L’ultimo pensiero del Pontefice è per “i popoli che subiscono colonizzazioni ideologiche, culturali ed economiche vedendo lacerata la loro libertà e la loro identità, e che soffrono per la fame e la mancanza di servizi educativi e sanitari”. Bergoglio ha voluto ricordare “i nostri fratelli e sorelle che festeggiano la Natività del Signore in contesti difficili, per non dire ostili, specialmente là dove la comunità cristiana è una minoranza, talvolta vulnerabile e non considerata. Il Signore doni a loro e a tutte le minoranze di vivere in pace e di veder riconosciuti i propri diritti, soprattutto la libertà religiosa”.

 

Nell’omelia della messa della Notte, il Papa ha denunciato come l’uomo sia diventato “avido e vorace. Avere, riempirsi di cose pare a tanti il senso della vita. Un’insaziabile ingordigia attraversa la storia umana, fino ai paradossi di oggi, quando pochi banchettano lautamente e troppi non hanno pane per vivere”. Il Natale cambia la prospettiva: “Il corpicino del Bambino di Betlemme lancia un nuovo modello di vita: non divorare e accaparrare, ma condividere e donare. Dio si fa piccolo per essere nostro cibo. Nutrendoci di Lui, Pane di vita, possiamo rinascere nell’amore e spezzare la spirale dell’avidità e dell’ingordigia”.
Nel pomeriggio, Francesco aveva rivolto in un video un messaggio ai militari italiani impegnati nelle missioni all’estero: “Vivere il Natale lontano dall’amore della famiglia e del paese non è una cosa bella. Il Signore benedica la vostra generosità”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.