Il Capitano Ultimo (Foto Imagoeconomica)

Un esempio del garantismo a corrente alternata

Massimo Bordin

L'operato di Scafarto e la mancata perquisizione del "covo" di Riina sono due situazioni molto simili (c'entra sempre il Capitano Ultimo). Ma il Fatto Quotidiano tratta i due casi in modo opposto

Certe vicende giudiziarie, pur diverse fra loro per i fatti in oggetto, possono contenere delle analogie utili a comprendere come le interpretazioni possibili su vicende simili possano essere opposte. È il fenomeno del cosiddetto garantismo a corrente alternata. Prendiamo il caso del provvedimento della cassazione sulla sospensione dal servizio del maggiore Scafarto per l’indagine sul caso Consip. La Suprema corte ha accolto il ricorso della difesa di Scafarto e revocato la sospensione dal servizio dell’ufficiale, con l’argomentazione che non era stata sufficientemente confutata la tesi difensiva che attribuiva un errore di persona da parte del maggiore a una “imbarazzante approssimazione” piuttosto che a un depistaggio. La vicenda in sé è molto diversa dall’indagine sulla mancata perquisizione del covo di Riina ma ci sono analogie significative.

 

Sempre di carabinieri di un gruppo speciale si tratta, per di più c’è, sullo sfondo in un caso e in primo piano nell’altro, la stessa persona, il “capitano Ultimo”, ora maggiore De Caprio. Matteo Renzi viene criticato dal Fatto per aver parlato di “complotto” ai suoi danni per l’operato di Scafarto, mentre lo stesso giornale aveva ravvisato gli estremi di una macchinazione nella mancata tempestiva perquisizione al covo di Riina, negando la tesi di una confusa gestione della fase successiva all’arresto del boss. Tesi quest’ultima sostenuta da una sentenza definitiva e non una ipotesi di un provvedimento incidentale della Cassazione. La questione non sta però nell’apparente doppiopesismo ma nel merito della valutazione arrivata a sentenza. Chi sbagliò allora è ben possibile che, a parti invertite, continui a sbagliare.

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