Antonio Ingroia. Foto LaPresse

Perché della trattativa stato-mafia sarà difficile liberarsi

Massimo Bordin

Sul Fatto c'è un articolo significativo anche per il lettore più superficiale e distratto che a suo modo spiega molte cose 

Ieri è stata una giornata importante per capire come della questione rubricata “trattativa stato-mafia” sarà difficile liberarsi. E’ stato un articolo a pagina 14 del Fatto quotidiano a farlo intendere a suo modo. Articolo significativo, anche per il lettore più superficiale e distratto, già dal titolo che contiene in bella vista l’aggettivo bandiera di ogni garantista, peloso o meno che sia. L’aggettivo chiave è: “presunto”. Il titolo recita: “I presunti riciclatori di don Vito, scontro fra l’accusa e l’ex pm”. Don Vito è Ciancimino sr. L’ex pm è il dottore Ingroia che da avvocato difende un suo presunto riciclatore, l’accusa è sostenuta dalla procura di Roma. Uno scontro a parti rovesciate in cui il Fatto offre la parola alla difesa come chiave di lettura della vicenda, giunta alla soglia della sentenza di primo grado. Dunque a parità di avanzamento dei processi, mentre il giornale di Travaglio svillaneggiava chi osava parlare di presunta trattativa, ripesca l’aggettivo per la vendita della seconda discarica d’Europa, che sta in Romania ma risulta inoppugnabilmente di proprietà di un gruppo palermitano composto da personaggi legati in vari modi a Ciancimino. Un pezzo assai sostanzioso del tesoro di don Vito. Ingroia nel processo non difende palermitani ma un romeno coinvolto nella vicenda, un imprenditore che si chiama Victor Dombrovschi e che da due anni è di nuovo libero dopo essere stato arrestato, ironia della sorte, dal “capitano Ultimo”. Come vedete i personaggi sono sempre gli stessi, le parti sono rovesciate in storie che si incrociano tenendo però lo stesso sfondo, gli affari della mafia continuati anche durante la Palermo orlandiana dell’antimafia, trattative che non avevano bisogno di “papelli”.

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