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La partita decisiva contro la nuova cupola

Massimo Bordin

Il tentativo di riorganizzazione dei mafiosi che dal modello narcos provano a tornare a quello basato su Belmonte Mezzagno, Misilmeri e Villabate

Gli arresti di ieri a Palermo, per gli sviluppi nell’inchiesta sulla cosiddetta nuova cupola, cambiano qualcosa. Se non il giudizio di fondo, che resta centrato sulla fase di estrema debolezza di Cosa nostra e sull’ottimo operato di una parte della procura di Palermo, si precisa l’ambizione del tentativo di riorganizzazione dei mafiosi. I nomi che ora vengono fuori aiutano a capire. Leandro Greco ha avuto per nonno “il Papa” di Ciaculli, che fu capo dei capi, anche se per conto dei corleonesi, negli anni '80. Non è alla cronaca, peraltro ormai remota, che però bisogna guardare bensì alla storia. Il professore Salvatore Lupo, nella sua recente e fondamentale storia della mafia, parla diffusamente della famiglia Greco presente nelle cronache di mafia fin dal diciannovesimo secolo. La mafia profonda, delle origini, che dalla provincia comandava a Palermo dove Michele Greco frequentava i circoli bene, ma rimasta nei secoli attaccata alla terra. I corleonesi la spazzarono via o la asservirono al loro modello terroristico che ha portato al disastro tutti. Ora i superstiti pensano di ripartire dalle antiche radici, anche se con un gigantesco passo indietro nel tempo e nel fatturato, che del resto tende ad azzerarsi. Dal modello narcos si torna a quello basato su Belmonte Mezzagno, Misilmeri e Villabate, mandamenti convocati alla famosa riunione della velleitaria nuova cupola. Stavolta però gli investigatori, quelli veri, li seguono passo passo e ne sanno anticipare le mosse. In realtà si sta giocando una partita decisiva.

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