Il plenum del Csm (foto LaPresse)

Cosa cambia con l'elezione di Davigo al Csm

Massimo Bordin

La partita vera si giocherà sul tema dell’allargamento della legislazione antimafia

Il successo della candidatura al Csm di Piercamillo Davigo segna in modo forte la prossima consiliatura a palazzo dei Marescialli, indipendentemente dai risultati complessivi del voto delle toghe che saranno completi nel corso della settimana. Non è questione solo di una redistribuzione fra le correnti, inevitabile dopo la nascita di “Autonomia e Indipendenza” guidata proprio da Davigo e nemmeno del forte ridimensionamento che si annuncia per la corrente di sinistra. Ormai a considerare decisive le “toghe rosse” sono rimasti solo quelli che le hanno osteggiate, da ultimo il neo sottosegretario leghista Jacopo Morrone nel suo recentissimo discorso ai giovani magistrati che malgrado la scorrettezza istituzionale non sembra aver provocato sussulti di solidarietà verso la sinistra, risultata ultima nel collegio della Cassazione, dove ha stravinto Davigo. Le novità non verranno dalle correnti, che un modo per proseguire nelle loro pratiche consociative di spartizione degli incarichi lo troveranno come sempre. Il vero nodo sarà sulla politica giudiziaria e sulla innovazione legislativa. La partita vera si giocherà sul tema dell’allargamento della legislazione antimafia al reato di corruzione e all’inserimento di questo tipo di reato, “politico” per eccellenza all’interno di un collaudato meccanismo emergenziale saldamente in mano alla magistratura. Da questo punto di vista il parere di Davigo è noto. Ai lettori di questa rubrica è noto anche il parere del capo della procura di Roma Giuseppe Pignatone che ritiene che mafia e corruzione vadano tenute separate e gli agenti provocatori siano una americanata. Lo scontro sarà su questo tema.