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I capolavori di Bruno Tabacci

Massimo Bordin

Ancora una volta si è dimostrato capace di un ragionamento schiettamente tecnico

Il capolavoro elettorale di Bruno Tabacci si realizzò nelle scorse elezioni politiche. Il suo Centro democratico, piazzato nella coalizione Italia bene comune guidata dal Pd di Bersani, realizzò un magro 0,5 per cento di media, qualcosa di più al Senato, qualcosa di meno alla Camera. Un risultato non eclatante ma Tabacci aveva fatto bene i conti, calcolando l’opportunità offerta dal sistema elettorale congegnato da Calderoli che garantiva il ripescaggio della lista di ogni coalizione che più si fosse avvicinata al quorum senza raggiungerlo. Fu per l’appunto il caso della sua lista che entrò a Montecitorio con sei deputati. Un exploit, dovuto ad astuzia virtuosistica coniugata con la necessaria dose di fortuna, che per stavolta non potrà ripetersi con la nuova legge elettorale. La novità probabilmente avrà un riflesso sulla scelta che la lista Tabacci-Bonino deve ancora fare in merito alla sua alleanza con il Pd. Come si è capito, l’allievo politico di Giovanni Marcora non è uno sprovveduto e nell’intervista di ieri al Messaggero fa capire il suo orientamento è sulla base di un ragionamento ancora una volta schiettamente tecnico. Coalizzata, la lista avrà pochissimi collegi uninominali e scomparirà dalla totalità degli scontri diretti. Una presenza capillare non dà nessuna possibilità di vittoria in qualche collegio ma fa arrivare a tutti gli elettori la notizia della presenza della lista. Notizia essenziale per rafforzare il voto nel proporzionale che tanto, nota Tabacci, coalizzata o meno che sia la lista, sempre al 3 per cento deve arrivare per avere eletti. Del resto per allearsi c’è sempre tempo dopo il voto.

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