Benedetto Della Vedova (foto LaPresse)

Della Vedova spiega perché per battere Salvini serve più Europa

David Allegranti

Il sottosegretario agli Affari Esteri, animatore con Emma Bonino di +Europa, racconta al Foglio perché, nonostante le incomprensioni, gli avversari sono M5s e centrodestra, non il Pd di Renzi

Roma. Va di moda nel dibattito pubblico non parlare bene dell’Europa, anzi dirne proprio male. Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Affari Esteri, vorrebbe essere in controtendenza. E’ uno degli animatori di +Europa, il nuovo movimento nato dalla convergenza di Forza Europa e i Radicali, che dovrebbe far parte della coalizione di centrosinistra lanciata dal Pd. Al centro del programma, come dice già il nome del partito, c’è la difesa del’Europa. Contro gli sfascisti che invece vorrebbero smantellarla.

 

“L’Europa è il terreno di scontro vero che c’è oggi, uno scontro tra apertura e chiusura”, dice Della Vedova al Foglio. Uno scontro insomma tra chi sceglie il protezionismo economico e commerciale e chi invece la sfida del libero mercato. “Salvini ha egemonizzato culturalmente il centrodestra, al di là di poche figure come Tajani, e fino a maggio diceva che l’euro è un’operazione sostanzialmente criminale”. Il leader della Lega Matteo Salvini non è il solo, naturalmente. Ci sono anche i grillini, c’è Luigi Di Maio, c’è Alessandro Di Battista, che proprio ieri alla Stampa diceva nuovamente di volere un referendum sull’euro, dimenticandosi che servirebbe una legge costituzionale per farlo (raggiungibile con una maggioranza putiniana?). Lo scontro “fra protezionisti ed europeisti” non è solo interno all’Italia, naturalmente. Polonia, Austria sono protagoniste di questo duello. 

 

Della Vedova con l’Europa c’è cresciuto. “Nel 1994 feci la mia campagna elettorale da militante agitando un libretto con scritto Stati Uniti d’Europa”. Un’Europa che va migliorata, persino riformata, certo, “ma oggi sotto attacco non sono i difetti dell’Unione bensì i suoi successi, come aver garantito la pace e il mercato unico”. Quindi oggi la sfida è proprio su “come stare in Europa”, a partire dalle politiche di contenimento del debito pubblico, “e non perché ce lo chiede il fiscal compact, che pure io difendo, ma perché necessario per il futuro dell’Italia. La lista +Europa con Emma Bonino rompe un monopolio di discussione pubblica, o meglio: noi vogliamo introdurre un elemento nuovo, che è la positività. Per un’Italia da protagonista in Europa e non da antagonista. A chi racconta balle nazionaliste noi racconteremo che da soli non conteremmo un tubo, saremmo poveri e insicuri. In tanti hanno capito invece che l’euro è la miglior polizza assicurativa sul futuro delle loro pensioni e chi parla di doppia moneta scherza con il fuoco”.

 

Gli avversari insomma sono il M5s e il centrodestra, “dove ci sono programmi antieuropei”. Anche con il Pd ci sono delle incomprensioni, ma Della Vedova non le ha mai negate. “Io ho polemizzato con Renzi. Tutte le volte che lui diceva ‘Europa sì, ma non così’, io rispondevo ‘Europa sì, anche così’. Quando Renzi ha tolto la bandiera europea ha fatto un errore, poi ci ha ripensato e l’ha rimessa; non penso che il fiscal compact sia un nemico dell’Italia e non condivido il ritorno a Maastricht”. Nonostante questo però “c’è una cornice di compatibilità programmatica con il Pd, che riguarda Paolo Gentiloni e altre personalità del partito, come Giorgio Tonini, presidente della commissione bilancio. Il Pd è insomma un interlocutore anche se non ho mai taciuto e lesinato prese di posizione e, naturalmente, io chiederò i voti per +Europa”.

 

Della Vedova è convinto che ci sia “un bacino elettorale per una reazione convinta che rifiuti categoricamente l’antieuropeismo e non si accontenta dell’europeismo tiepido e critico di chi un po’ ammicca alla demagogia. Noi abbiamo l’ambizione di rappresentarlo, a partire dalla storia di Emma Bonino, tutta europea e federalista per convinzione, che è ricordata per essere stata un ottimo commissario europeo”. Della Vedova su questo tema dice di essere partito “prima che Macron diventasse il plausibile candidato e poi il presidente della Francia, però mi si è aperto il cuore quando ha vinto, senza per questo farne un santino”. Macron ha fatto ciò che uno non si aspetta da un presidente francese - sapete, la grandeur - perché ha fatto dell’Europa un vessillo. “Lui vuole una Francia grande ma ha capito che per averla deve stare in una Europa unita e forte. Questo vale anche per l’Italia”. A lui Macron come modello piace, così come qualche presidente degli Stati Uniti, non necessariamente democratico ma anche tra i conservatori, altri invece - M5s e Lega - “hanno in Putin il loro statista di riferimento”. E lo scelgono perché “il loro punto è il nazionalismo, non la libertà; è la forza il loro obiettivo. Il loro modello politico non è lo stato di diritto o la democrazia dell’informazione ma l’etnia e il protezionsimo”. Insomma, “noi vogliamo avere il monopolio del messaggio positivo. L’Europa non è il capro espiatorio così come l’Italia non è un deserto di distruzione. Ci sono problemi da affrontare, però un paese che ha un export così significativo testimonia una significativa vitalità imprenditoriale delle piccole e medie imprese, visto che noi di multinazionali ne abbiamo poche. Anche perché è stato fatto un lavoro importante, da Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e da Calenda come ministro”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.