BANDIERA BIANCA

La corsa allo spazio dei paperoni

Antonio Gurrado

A patto di averceli, chiunque spenderebbe ventotto milioni di dollari per accompagnare un miliardario su un razzo e fuggire dalla Terra. In fondo, avere tantissimi soldi serve proprio a evitare la gente che non ce li ha

Inizio a chiedermi se lo spazio non stia diventando un po’ troppo affollato, ora che Jeff Bezos è in procinto di darsi al turismo astrale con il razzo New Shepard, dopo che Elon Musk l’aveva già fatto con Space X, e Richard Branson aveva avviato il progetto Virgin Galactic, e Sergej Brin aveva investito non so quanti soldi in Space Adventures, e Mark Suttleworth – un imprenditore informatico sudafricano – aveva acquistato il primo regolare biglietto per un giro fuori Terra già vent’anni or sono.

 

Ovviamente non solo questi pionieri sono tutti multimilionari, ma anche i loro ospiti e sodali che pagano un corposo rimborso spese per ottenere un cadreghino sulla navicella: io, ad esempio, 28 milioni di dollari per andare nello spazio con Jeff Bezos non li ho. E credo che, se li avessi, non li spenderei per andare nello spazio con Jeff Bezos. O forse invece sì.

 

Poiché in effetti l’avere soldi, l’avere tanti soldi, l’avere proprio tanti ma tantissimi soldi serve in fin dei conti a fare una e una sola cosa: evitare la gente che non li ha, andare dove gli altri non possono arrivare. Fino a quando c’erano le mete esclusive, i locali d’élite, i circoli chiusi, era piuttosto facile. Ora però che il turismo di massa digitalizzato consente a chiunque (pandemia permettendo) di andare dove gli pare, ai poveri ricchi non resta che la soluzione estrema di salpare verso l’ignoto, abbandonare questo pianeta, orbitarci attorno consolandosi al pensiero che, almeno lì, non potremo raggiungerli. Mentre noi resteremo qui, sulla nostra Terra di seconda classe, a sentire la loro mancanza e a invidiarli.

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