recensioni foglianti

Il Sessantotto sequestrato

Maurizio Schoepflin

Guido Crainz
Donzelli, 196 pp., 19,50 euro

Una cosa è certa: la lettura del libro di Guido Crainz che, dopo un ampio intervento introduttivo dell’autore, raccoglie quattro saggi di Pavel Kolárř, Wlodek Goldkorn, Nicole Janigro e Anna Bravo, lascia l’amaro in bocca. Così come accade quando, molto tempo dopo il verificarsi di un evento, ci rendiamo conto del fatto che quell’evento è stato completamente frainteso a scapito della verità e con grave danno di molti. In questo caso il riferimento è al Sessantotto, del quale nessuno vide e comprese il volto da esso assunto nelle nazioni del Vecchio continente “sequestrate” dall’ideologia comunista e dal potere sovietico, poiché tutti erano presi dal seguirne lo svolgimento nei paesi dell’Europa occidentale – Francia, Italia e Germania soprattutto. Tale drammatico errore di valutazione va considerato come uno dei più gravi peccati d’origine dell’intero movimento sessantottesco. Per quale motivo – si domanda Anna Bravo e con lei Guido Crainz – “quegli studenti, quegli intellettuali, quei sostenitori di un ‘socialismo dal volto umano non trovarono nei movimenti studenteschi dell’occidente quel solidale sostegno che sarebbe stato necessario (né lo trovarono nei partiti comunisti)?”. Si pensi, per esempio, all’invasione della Cecoslovacchia. Mentre i carri armati del Patto di Varsavia reprimevano brutalmente la Primavera di Praga, le stelle polari dei movimenti che protestavano nelle città italiane e francesi continuarono a essere i regimi comunisti di Cuba e Vietnam del nord, che quell’intervento sostennero a spada tratta. Nessuno si accorse, o volle accorgersi, di ciò che stava accadendo al di là della cortina di ferro, dove, da tempo, vari paesi erano attraversati da fermenti libertari che si preferì ignorare, se non, addirittura, condannare apertamente.
La sordità del Partito comunista italiano fu pressoché totale, sino a diventare autentica complicità. Perfino ambienti della sinistra meno allineata, come quello che gravitava intorno alla rivista ‘Quaderni Piacentini’, non trovarono di meglio che accusare gli intellettuali che correvano gravi rischi tentando di alzare la voce contro l’oppressione comunista, di scimmiottare consunti modelli ideologici e politici dell’occidente. Crainz e gli altri autori svelano impietosamente la cecità dell’intellighenzia progressista e libertaria di casa nostra, che – dalle università alle case editrici – fu del tutto incapace di muovere un dito a favore di popoli vittime di dittature e repressioni.
Come non ricordare l’analogo atteggiamento dell’alto dirigente comunista Giorgio Napolitano, che nel 1956 aveva elogiato l’invasione sovietica dell’Ungheria? Dal 1956 al 1968 molto poco era cambiato; tuttavia, come si legge nel libro, una certezza si stava dolorosamente affermando: il “socialismo reale” non era riformabile.

 

IL SESSANTOTTO SEQUESTRATO
Guido Crainz
Donzelli, 196 pp., 19,50 euro

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