Scruton, uno strano conservatore. Era solo e per questo si batteva con veemenza

La campagna dove andava a caccia, il fanatismo della sinistra che lo detestava e rispettava, la sua paura di perdere lo stile di vita occidentale Scrive l’Economist (16/1)

"Nei gelidi mattini invernali, o in qualsiasi stagione, non vi era maggior piacere per Roger Scruton che infilarsi senza sforzo i calzoni alla zuava di lana e una redingote, tirare su gli stivali, montare il suo vecchio cavallo e, sulla scia dei cani da caccia in caotico movimento, partire per la caccia”, racconta l’Economist, celebrando e raccontando il filosofo conservatore scomparso qualche giorno fa. “La sua vita – aveva concluso – era divisa come la Gallia di Cesare in tre parti. Nella prima era un giovane miserabile, che combatteva un padre spesso ubriaco e ardentemente socialista che, dopo che il figlio aveva vinto una borsa di studio per Cambridge, non gli aveva più parlato. Nella seconda parte, irrequieta, aveva viaggiato, scritto e costruito una vita accademica in Filosofia al Birkbeck College (Londra) e altrove. E nella terza, dai primi anni 90, andava alla caccia alla volpe. Riuniva in una sola attività le sue tre passioni durevoli: il conservatorismo, la controversia e l’identità inglese”.

 

Senza alcun dubbio, nella mezza età e in seguito si sentì più spesso come la volpe, “l’individuo strappato dalla sua specie per divenire capro espiatorio e ucciso. A causa delle sue opinioni era stato escluso dalle università e licenziato da una commissione governativa, ma, poiché le sue osservazioni erano state distorte, vi è stato rapidamente ripristinato”. Per la stessa ragione, scrive l’Economist, era diventato una tale figura da disprezzare a Birkbeck da spingerlo a studiare Diritto per divenire Barrister, nel caso lo avessero buttato fuori. “Andando contro l’ortodossia modernista prevalente della sinistra liberale, lamentando la perdita di tutto – dall’istruzione classica, al tener duro di fronte alle avversità, fino all’Inghilterra stessa – si trovava spesso solitario come Reynard che corre verso un rifugio”. Essendo solo, Scruton si scagliava con ancora più veemenza. “Dappertutto c’erano obiettivi che valeva la pena attaccare, a cominciare da quel linguaggio astruso di Marx e Foucault e dall’ipocrisia di coloro che lo promuovevano: l’impareggiabile fanatismo della sinistra. Poi fu il turno degli ‘intellettuali’ di sinistra, gli sciocchi, i truffatori e gli agitatori, come li caratterizzò in ‘Pensatori della Nuova Sinistra’ nel 1985. Ha affrontato il multiculturalismo, che ha danneggiato i bambini immigrati non istruendoli sugli usi e costumi dell’Inghilterra – come pure la ridicola accusa di essere un razzista, piuttosto che un patriota, per aver incoraggiato tale argomento nella Salisbury Review, quando ne era editore”. Tutto questo lo ha messo molto nei guai. “Il paesaggio nel quale cavalcava erano le terre argillose del Wiltshire, giacenti sotto l’antica immagine in creta del Cavallo Bianco sulla sua collina. In questa campagna l’eredità degli avi era ancora evidente nei villaggi, nelle dimore dell’epoca di Giacomo I e nel patchwork dei campi. Questo senso di appartenenza profonda a un luogo era espresso nella common law inglese, stabilita da usanze, abitudini e precedenti come uno strato di pietra; tutto ciò rafforzato dall’adesione ad istituzioni, dalla squadra di cricket alla Chiesa d’Inghilterra, ognuna con le proprie regole e riti. Tutto questo doveva essere preservato. Questo era il motivo per cui era un conservatore e, sebbene per istinto fosse un kantiano, era un hegeliano nella sua convinzione che le idee del mondo delle persone fossero modellate dalla lingua, dalla tradizione, dalla cultura, dallo spirito di un luogo. Aveva visto distruzioni a sufficienza, sia da parte di costruttori vandalici che strappavano il cuore dalle città georgiane, sia da parte dei rivoltosi di Parigi nel 1968, per sapere di essere fermamente dall’altra parte”. Non piacevano a Scruton la difesa ideologica del capitalismo, e neppure il culto del libero mercato, come durante il periodo di Margaret Thatcher, che lo sedusse. Come ha scritto in “Il significato del conservatorismo”, il valore conservatore fondamentale non è la competizione, ma l’attaccamento: la difesa della società civile e un certo stile di vita. “Lo stato dovrebbe rimanere piccolo non solo perché la burocratizzazione è malvagia, ma perché quando il governo interviene le persone smettono di aiutarsi a vicenda e il capitale sociale diminuisce. Vedeva l’esempio di ciò nell’Europa orientale, dove negli anni 80 aveva sostenuto segretamente i cechi contro un regime comunista appassito che, controllando ogni cosa, li lasciava soli con il vuoto. In contrasto, gettato giù da cavallo durante una caccia, fu soccorso da un partecipante che istintivamente rimase indietro. Questa preziosa anima pre-moderna divenne la sua seconda moglie”.

 

La caccia incarnava per lui altri valori. “Riuniva le classi, non come uguali, ma uniti in uno scopo comune. Esprimeva la libertà, per consuetudine e tradizione, di seguire quello scopo sui campi dei vicini. Le siepi che saltava erano vestigia di un’antica zootecnia che anche lui aveva conservato per alcuni anni gestendo una fattoria a Sunday Hill e affittando i campi d’erba. La bellezza della sua terra, quando vi ritornava, andava – come dice Kant – oltre i limiti della ragione. Lo faceva sentire a casa nell’universo.

 

E questo, in fondo, era ciò che significava l’Inghilterra per lui. Come ha sostenuto in “L’Inghilterra: un’elegia” nel 2000, non era una nazione – non ci era mai riuscita del tutto – ma una casa in cui, come nella sua vecchia fattoria, poteva liberarsi degli stivali, versare un bicchiere di vino e riconoscere il luogo come suo. In confronto agli altri occupanti della zona, Scruton era molto nuovo, un “town boy”, ragazzo di città, che manteneva anche due stanze in The Albany, accanto a Piccadilly, e il cui accento era ancora straniero. Ma come Mustafa, l’artigiano calzolaio locale, aveva imparato l’antica arte di inserirsi”.

 

Anche le sue idee si erano maturate tra l’erba. “Ha parlato calorosamente del femminismo come parte della riforma naturale, denigrandone solo il tipo distruttivo. Si pentì dei suoi pensieri sull’omosessualità, il che era complicato. Verso qualsiasi assurdità da sinistra, tuttavia, rimase in allerta alta: pronto, non appena la sentiva agitare il pollaio, ad afferrare il frustino e il casco e gridare ‘Tally ho!’”.

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