Una scena di "Ti spedisco in convento" 

A loro insaputa

Dal cubo al convento: cinque ragazze si "riprogrammano" dalle suore

Mariarosa Mancuso

Niente tacchi e niente trucco, e nemmeno abiti succinti o twerking. Solo pasti frugali e ordine: è "Ti spedisco in convento", il reality show di importazione britannica girato a Sorrento, che aiuta le giovani donne ad abbandonare "cattive" abitudini

Nel secolo scorso, eravamo convinti che il mondo fosse fatto per finire in un bel libro (copyright Stéphane Mallarmé: poeta bianco e morto, decadente, cultore di versi complicati fino all’illeggibilità, vestito con il panciotto dei signori ottocenteschi). Ma stavano avanzando i reality show, ed è lì che il mondo è andato a cacciarsi. Una ventina di anni fa su Channel 4 andò in onda “1900 House”: una famiglia moderna chiusa per tre mesi in una casa vittoriana. Cucina senza frigorifero, camini per riscaldarsi, gabinetti rudimentali, biancheria indossata per giorni, abiti che quando li se li mettono gli attori per un film storico non vedono l’ora di levarseli (con l’aiuto di qualcuno). Vuole la leggenda che una delle partecipanti ebbe una crisi isterica quando le dissero che avrebbe dovuto lavarsi i capelli con il rosso d’uovo. 

 

La distanza che passa tra le ragazze truccatissime a tendenza cubista o pole dance (c’è anche una ribelle dai capelli blu, il collare con le punte, i piercing, e l’eye liner ad ala di gabbiano, un po’ dark e un po’ Cleopatra) e le suore che le accolgono in convento è più o meno la stessa. Non è un ritiro spirituale, se non preso alla larga. È più minaccioso: “Ti spedisco in convento”, dice il titolo del programma (su Discovery+ e su Real Time, da format britannico: “Bad Habits Holy Orders”). Convento, va detto, bellissimo e spettacolare: “La Culla” di Sorrento, dove la congregazione delle Suore Oblate del Bambino Gesù vive e gestisce un luogo ritirato dal mondo ma aperto agli ospiti. Si capisce così come le cinque partecipanti al reality siano state convinte a recarsi nell’amena località, per una sorta di riprogrammazione – a loro insaputa, precisa la scheda del programma. Per dirla brutalmente: pasti frugali, ordine e pulizia nelle stanze, niente tacchi, niente trucco, niente abiti succinti, niente twerking, niente smartphone, poco alcol ai pasti (ma trovano subito il modo di procurarsi il bottiglione). Sveglia alle sei e silenzio alle dieci. Versione soft: per guardarsi dentro, abbandonare le cattive abitudini assieme alle cattive compagne, e ritrovare così il senso della vita. 

 

Perdoneranno le suore, tutte più simpatiche delle ragazze (si danno il cinque, una religiosa tira su un pochino la tonaca e via con lo skateboard), se noi a “il senso della vita” ricordiamo Mafalda di Quino: “Il senso della vita è un senso vietato?” (ammetterete che è molto meglio di Vasco Rossi). Si capisce da subito che l’impresa è ardua, ma come sempre capita con i reality – in materia era sensazionale “Temptation Island”, per passare dall’acqua santa al diavolo – si colgono gustosi brandelli di frasi che mai ritroviamo nella lingua di plastica degli sceneggiatori italiani. “Prendersi a capelli”, “Sotto i cinque carati non è amore”, il perizoma di pelle mostrato alla suora, che alla domanda “ma questo cosa copre?” si sente rispondere “la gnocchettina”. “Non esistono donne sante” sentenzia quella con i capelli a treccioline, convinta che la rivale “si arrampichi” sulle sue parole. “Ma tu hai visto quanta personalità ho io?”, risponde la signorina che la notte sculetta nei night e di giorno vuol fare il magistrato. Lassù qualcuno le ama, insistono le suore.