(screen da LOL:CHI RIDE E' FUORI, disponibile su Amazon Prime Video)

La versione italiana di LOL fa rimpiangere quella americana

Mariarosa Mancuso

Far ridere è più difficile che far piangere, ma nel programma dove regnano i giudici Fedez e Mara Maionchi chi ride è fuori 

Far ridere è più difficile che far piangere: un’orfanella con i vestiti laceri e una bambola di pezza fa da invito irresistibile per le anime predisposte. La risata richiede un sovrappiù di inventiva e intelligenza, per non parlar del ritmo. Però se in un salotto televisivo con mobile bar, divani colorati e fenicottero vengono chiusi dieci comici per sei ore di fila, magari non ne esce il monologo del secolo. Però prima o poi qualcuno ride. E si becca il cartellino giallo.

 

Il cartellino rosso – nel programma “LOL: chi ride è fuori” – arriva alla seconda sghignazzata (ma può bastare un sorriso trattenuto), e vuol dire “espulsione”. Più precisamente: il comico a cui è scappata la risata cambia stanza e si trasferisce nella sala comandi – dove regnano i giudici di gara Fedez e Mara Maionchi. Di fronte a una parete di monitor, controllano e accertano ogni sorriso, per abbozzato che sia (c’è il replay, nei casi dubbi). Loro hanno libertà di sghignazzare, e soprattutto il simpatico Fedez ne fa grande uso. 

 

 

Difficile non torcersi dal ridere quando Elio azzecca clamorosamente l’entrata. I rivali Frank Matano, Angelo Pintus, Caterina Guzzanti, Michela Giraud, Katia Follesa, Luca Ravenna, Lillo Petrolo, Ciro Capriello, Gianluca Colucci si presentano con il trolley e qualche oggetto di scena. Elio incede con la testa e la chioma fluente che spunta dal quadro leonardesco di Monna Lisa, così agghindato ballerà anche il tip tap: alzando le vesti, mostrando scarpe e calzettoni (incredibile a dirsi, non fa il vuoto intorno a sé, viene solo battezzato “Elio e le storie appese”).

 

“LOL chi ride è fuori” va in onda dal 1° aprile su Amazon Prime, versione italiana di un format che viene dal Giappone e già vanta molte versioni “locali”, ideato dal comico Hitoshi Matsumoto. Avete presente Takeshi Kitano, l’attore di tanti film giapponesi, e vincitore nel 2003 alla Mostra di Venezia del Leone d’argento con “Zatoichi”? E’ quasi sicuro che non l’abbiate presente, vent’anni ormai sembrano un secolo, per rinfrescare la memoria: il samurai era cieco, difensore dei reietti  e ogni tanto partiva un balletto. L’attore e regista era un celebre comico televisivo di nome Beat Takeshi e nessuno l’aveva mai visto muovere un muscolo, anche per un problema fisico.

 

Insomma: i comici giapponesi sono più allenati per il gioco, che frutterà al vincitore rimasto serio per tutte e sei le puntate centomila euro da dare in beneficenza (le ultime due saranno su Amazon Prime da giovedì). Noi di comici deadpan non ne abbiamo. I nostri fanno ridere con le parole, i dialetti, i gesti, i travestimenti, e ahimè abbiamo anche comici che ridono in anticipo sul pubblico, a mo’ di spintarella. A riprova, i due primi ammoniti e poi espulsi hanno riso alle proprie battute, non a quelle dei colleghi. Ogni mossa è lecita, dalle smorfie alle imitazioni. Nella sala comandi, che pare uscita da “Inside/Out” di Pete Docter, ci sono svariati pulsanti – qualcuno più scemo degli altri, ma succedeva anche nel film che curiosava dentro le nostre teste. I maestri di cerimonie li premono, e chiamano a turno qualcuno sul palco, per piccoli monologhi. Ogni mossa è lecita, ma nessuno va davvero di colpi irresistibili – non si può chiamare tale lo scempio di “prendo anch’io quel che ha preso la signora” di “Harry ti presento Sally”. Sarebbe fantastico vedere una versione con i comici americani. Una sola puntata: di più nessuno riuscirebbe a resistere.

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