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Foa è il nuovo presidente della Rai. Il suo programma sovranista

Redazione

"Il mandato che mi è stato conferito dal governo non è politico, ma è un mandato professionale. Mi si chiede di onorarlo per la difesa del giornalismo, della cultura italiana", ha detto in commissione di Vigilanza

Aveva già detto di sentirsi "orgoglioso ed emozionato per la nomina a presidente della Rai", aveva già ringraziato "il premier Conte, i vice premier Di Maio e Salvini, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giorgetti e il ministro Tria per la fiducia accordatami". Marcello Foa aveva già esultato sui social ancor prima del voto del cda e della commissione di Vigilanza. Le cose andarono diversamente: tra fine luglio e inizio agosto il cda aveva avallato la sua candidatura alla presidenza, la commissione no. "Era stato un peccato di leggerezza, in assoluta buona fede perché ero fuori contesto, era un momento di umano smarrimento di fronte all'enormità dell'impegno che mi veniva proposto e di fronte all'emozione", ha detto oggi in commissione di Vigilanza replicando a una domanda dell'opposizione. Anche i possibili – dipende dal voto della Commissione – futuri presidenti possono sbagliare.  

  

In serata la commissione di Vigilanza ha questa volta eletto davvero Marcello Foa come presidenza della Rai. Ventisette sono stati i voti favorevoli, tre contrari, una scheda bianca e una nulla.

 

Al di là delle spiegazioni date in mattinata per quelle esternazioni che non sono piaciute a Piazza Mazzini, Foa ha anche parlato di cosa lo attenderà. Quella che vorrebbe è una Rai che "ha il dovere di sviluppare capacità e professionalità che in questo momento o non ci sono oppure se ci sono non vengono abbastanza valorizzate", perché "la Rai non può essere vista solo dagli over50. Occorre avvicinarsi alla cultura del pubblico giovanile".

  

Foa vuole cambiare la Rai perché è per questo che è stato proposto, ha detto. "Il mandato che mi è stato conferito dal governo non è politico, ma è un mandato professionale. Mi si chiede di onorarlo per la difesa del giornalismo, della cultura italiana", un mandato che "fa appello al mio percorso professionale, e io intendo onorarlo in nome dei valori del giornalismo", perché, ha tenuto a precisare, "non ho mai militato in un partito, non ho mai avuto la tessera di un partito, mai cercato appoggi politici per fare carriera". E per questo "l'obiettivo che mi propongo è di far crescere la Rai e promuovere una informazione corretta e oggettiva e premiare la professionalità e meritocrazia". Anche perché, mentre ripercorreva tutta la sua carriera professionale, "sono un liberale di cultura antica, della scuola di Montanelli. Ritengo molto importante difendere la qualità dell'informazione".

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