Lapresse

Il caso

Giornalismo artificiale. Nella crisi delle redazioni americane c'entra anche l'IA

Giulio Silvano

Il New York Times s’inventa un nuovo ruolo per Zach Seward che diventa direttore editoriale per le iniziative legate all'Intelligenza artificiale


In una puntata del 2011 di 30 Rock, la serie di Tina Fey ispirata ai suoi anni da autrice al Saturday Night Live, si scherzava sulla possibile fine della scrittura. Il personaggio di Fey, sceneggiatrice televisiva, si trova senza lavoro ma nessuno al mondo ha più bisogno di autori. Glielo dice anche Aaron Sorkin: “La scrittura è un’arte moribonda”. Fey passa davanti al poster di un film blockbuster, Transformers 5, e sotto il titolo, dopo il nome degli attori, si legge: “Scritto da nessuno”. Con lo sdoganamento dell’intelligenza artificiale e del machine learning, soprattutto da quando ChatGpt è diventato di uso comune, molti hanno suonato l’allarme sulla sopravvivenza del lavoro autoriale, con il terrore che le macchine sostituiranno l’uomo. “Continuo a essere stupito dal panico e dalla paura che provano le persone quando gli vengono rivelati gli effetti di una qualsiasi tecnologia o ricerca”, diceva Marshall McLuhan. “Grosso modo è come la rabbia del padrone di casa quando la sua cena viene interrotta da un vicino che gli va a dire che la casa sta andando a fuoco”. Questa paura torna ciclicamente nella storia, ogni volta che viene inventato qualcosa che velocizza i processi produttivi, come quando il telegrafo ha fatto fuori i pony express, o come quando i ludditi buttavano giù a bastonate le nuove macchine garzatrici nelle fabbriche cotoniere del Lancashire sperando di fermare la rivoluzione industriale.

È vero che alcuni siti, giornali e riviste hanno iniziato a far scrivere  articoli ai robot, ma finora con goffi risultati, come si è visto con la figuraccia fatta da Sports Illustrated, che ha addirittura messo in coda ai testi i finti profili dei “giornalisti” senza avvertire i lettoriNon si possono mandare a casa le redazioni e sostituirle con degli Hal9000, ma nemmeno ignorare che esistano tecnologie che hanno un impatto nell’industria giornalistica. È quello che hanno pensato al New York Times quando martedì scorso hanno annunciato l’assunzione di Zach Seward, con un ruolo finora inedito: direttore editoriale per le iniziative IA. Seward, che ha studiato a Harvard senza laurearsi come Mark Zuckerberg, ha un curriculum  che cavalca i due mondi di media e tecnologia, una via di mezzo tra reporter e wunderkid del tech. Come dice Seward nel suo profilo Linkedin: “Per più di un decennio a Quartz sono stato reporter, editor, chief product officer, ceo e proprietario, una serie di ruoli che uniscono la mia passione per il giornalismo a quella per l’innovazione del prodotto con l’obiettivo di aiutare a costruire un’industria giornalistica digitale sostenibile e di successo”. Quartz è il sito di notizie di business che Seward ha fondato nel 2012, quando aveva 27 anni, insieme a fuoriusciti di Bloomberg e dell’Economist. Prima era stato a capo della prima squadra di social media del Wall Street Journal e aveva fatto il reporter a Boston per il giornale di Murdoch. Ancor prima di fondare Quartz era stato inserito da Forbes nella lista dei “30 under 30” del mondo dei media. In un’intervista Seward diceva che “Quartz non ha una strategia per i social media perché i social media sono la strategia”. 


Il suo primo compito nel nuovo ruolo newyorkese sarà quello, come ha fatto sapere il Times, di “stabilire dei princìpi su come usare e non usare l’intelligenza artificiale generativa”, e poi aiutare a scoprire “come questi nuovi strumenti possano aiutare i giornalisti nel loro lavoro”. Il Nyt è fermo, e lo vuole sottolineare più volte, sul fatto che il giornalismo della testata sarà sempre fatto da esseri umani, che ci saranno i reporter, e che i pezzi saranno sempre “scritti ed editati dai nostri giornalisti esperti”. Verrà creata una squadra che si interfaccerà con la redazione e si occuperà di capire quali contenuti digitali possono beneficiare dell’IA, sperimentando insieme ai giornalisti i vari tool proposti dalle nuove tecnologie per rendere il giornale più efficiente. Seward avrà il compito di “tracciare il panorama in rapido cambiamento per fare in modo che il Times possa tenere il passo mentre internet evolve insieme alle abitudini e alle aspettative dei suoi lettori”. Oliver Darcy, della Cnn, si è chiesto se questo primato umano resterà al Times tra dieci, venti o cinquant’anni, visto che già adesso Gpt4 “può mettere insieme delle frasi in modo migliore della maggior parte degli esseri umani, e molto più velocemente. In pochi anni questa tecnologia sarà maturata e avanzerà notevolmente. È difficile vedere come a un certo punto sarà più economico impiegare umani per scrivere storie rispetto a un robot che può scrivere meglio e più velocemente”. 


Nelle ultime settimane il New Yorker ha annunciato che lascerà a casa una decina di giornalisti, tra cui l’autore satirico Andy Borowitz. Al Los Angeles Times altre nove persone hanno perso il lavoro, e stanno iniziando dei licenziamenti anche da Npr. E al Washington Post a centinaia di impiegati è stato offerto un buyout. Secondo uno studio della Northwestern University, dal 2005 gli Stati Uniti hanno perso un terzo dei quotidiani e due terzi dei giornalisti della stampa. Una media di due giornali e mezzo alla settimana ha chiuso in America nel 2023, e si tratta in gran parte di quotidiani locali. Alcuni, anche di questo, danno la colpa a Donald Trump. Dopo che Trump ha lasciato la Casa Bianca infatti gli abbonamenti digitali ai giornali sono scesi di mezzo milione. Ma la crisi della carta stampata e delle notizie va avanti, dicono gli storici, dal 1972 quando si raggiunse la massima circolazione di giornali in America, e l’operazione di assunzione di Seward può esser vista come un modo per far sopravvivere il Times di fronte alle nuove tecnologie. Nello stesso momento, per evitare che l’industria IA si cibi gratuitamente dei contenuti scritti da giornalisti in carne e ossa per aumentare le sue capacità generative, centinaia di gruppi editoriali, tra cui il Nyt, ad agosto hanno inserito dei blocker. E a luglio Open Ai ha pagato l’Associated Press per avere la possibilità di utilizzare i suoi articoli per il machine learning. 

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