Elon Musk (Ansa)

In attesa di un invito

Bluesky è l'anti Twitter, ovvero la sua copia senza Musk. Ma funzionerà?

Pietro Minto

Il nuovo social punta a prendere il posto della piattaforma di Elon, di cui sembra un clone, aggiornandola con protocolli tecnologici più moderni e legati al concetto di decentralizzazione. Ma restano i dubbi sul potenziale a medio-lungo termine di un prodotto 

“Hai per caso un invito a Bluesky da girarmi?”. E’ una delle domande che ricorre in questi giorni tra gli utenti (ex o attivi) di Twitter, alla continua ricerca di un’alternativa dopo la discutibile stretta di Elon Musk. Bluesky è uno dei molti servizi che sono nati con l’idea di prendere il posto del social network, magari aggiornandolo ad alcuni protocolli tecnologici più moderni e legati al concetto di decentralizzazione. Negli ultimi mesi si è molto parlato di Mastodon, il cui funzionamento è però troppo complesso per la maggior parte  degli utenti, che si ritrovano a rispondere a domande su quali server desiderano utilizzare, o a dover comprendere le logiche del “fediverso” (come si chiama la federazione di servizi decentralizzati quali Mastodon). 

Bluesky va invece subito al punto. Innanzitutto, è uguale a Twitter. Anche il suo fondatore è lo stesso di Twitter, Jack Dorsey, quello che alla fine del 2021 lasciò la direzione dell’azienda per concentrarsi su Block, la sua società crypto. Per qualche mese era sembrato che Dorsey ed Elon Musk fossero di comune accordo, e che il primo gradisse la gestione dell’azienda da parte del secondo. Ora non più. Lanciato lo scorso febbraio, Bluesky sembra tornare allo spirito del 2006, anno di fondazione di Twitter, quando i tweet venivano mandati via sms e il social ambiva a essere una piattaforma aperta a tutti, in grado di essere utilizzata da sviluppatori esterni. Come ha ricordato il giornalista Casey Newton, per esempio, la funzionalità con cui il feed di un’applicazione mobile si aggiorna tirandolo verso il basso, è nata proprio su una delle app “esterne” nate attorno a Twitter.

Al momento, Bluesky si può godere il chiacchiericcio e l’hype tipico dei prodotti nuovi e desiderati dai più. A favorirlo, il fatto che l’accesso al social sia solo su invito – una misura necessaria per una creatura ancora giovane e in fase di rodaggio – che ha alimentato una caccia all’invito che sta generando un circolo virtuoso: Bluesky è oggi il party a cui tutte le persone “cool” sono invitate, tranne te. Tra i nuovissimi utenti, troviamo una compagnia di giro variegatissima, che comprende la deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez, nomi grossi della Silicon Valley e personaggi leggendari come Dril (il principale esponente del cosiddetto “Weird Twitter”, un gruppo di profili assurdi e divertenti). Questa settimana Bluesky ha avuto anche la sua prima citazione televisiva quando l’anchorman della Cnn Jake Tapper ha citato uno “skeet” (così si chiamano i tweet da queste parti: sul nome c’è da lavorare) del primo senatore statunitense attivo sulla piattaforma, il democratico Brian Schatz.

Non è solo hype, ovviamente. Ad attirare molti transfughi di Twitter c’è anche la promessa di una moderazione dei contenuti migliore, anche se al momento quelle di Bluesky sembrano essere promesse: sul sito ufficiale del social, ad esempio, si parla di “moderazione componibile”, in cui gli utenti possono iscriversi a determinate pratiche di moderazione, che vengono poi applicate al loro feed (scegliendo essenzialmente che tipo di contenuti vogliono evitare). Il sito lascia inoltre margine d’azione agli amministratori dei vari server, fedele allo spirito decentralizzato dell’impresa, ma è ancora troppo presto per capire se il sistema è in grado di reggere alla pressione di un social.

Rimangono inoltre i dubbi sul potenziale a medio-lungo termine di un clone di Twitter che risulta comunque sgombro di funzionalità, oltre che di utenti, che si accompagnano a un certo scetticismo sulla natura stessa dei social network. In questi giorni si è parlato  della fine di un’èra, tra il tramonto di Twitter, la chiusura di BuzzFeed News e la bancarotta di Vice, tutte realtà che avevano caratterizzato il dibattito politico e culturale degli anni Dieci, cavalcando le onde selvagge dei feed social. Ora il mare è piatto, il futuro dei social è TikTok, che però una parte del Congresso statunitense vorrebbe vietare (o chiudere). 

E’ la fine di un mondo, quella fase impacciata in cui tutti aspettano la nascita di un nuovo sistema di regole. Nell’attesa, possiamo solo sperare in un invito a una cosa che somiglia molto a Twitter, pur non essendo Twitter.

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