Elon Musk (Il Foglio)

Libertà e informazione

Musk toglie l'etichetta “media di stato” alla propaganda di Russia e Cina

Pietro Minto

Nell’agosto del 2020 Twitter cominciò a segnalare i profili utilizzati dai controllati da alcuni stati e governi. Questa settimana, il capo di Tesla ha deciso che non sarà più così, inaugurando una nuova politica che rischia solo di favorire la diffusione delle fake news

Nell’agosto del 2020 Twitter cominciò a segnalare i profili utilizzati da giornali, radio e televisioni controllati o finanziati direttamente da alcuni stati e governi, compresi i suoi editori e direttori. Mancavano pochi mesi alle elezioni statunitensi e il social network cercava di limitare l’influenza straniera in un momento tanto delicato, memore anche del traffico di fake news e confusione del 2016. Fu l’inizio di una politica che portò a indicare  l’origine statale di testate come RT.com (un sito di news controllato da Mosca) o Global Times (tabloid di stato cinese in lingua inglese), arrivando a misure ancora più stringenti nei confronti dei media russi dopo l’invasione dell’Ucraina decisa da  Putin.

Con l’arrivo di Elon Musk alla guida dell’azienda molte cose sono cambiate. Uno dei primi crucci del capo di Tesla era la restaurazione della libertà d’espressione su Twitter, che sarebbe stata lesa da un approccio politicamente corretto e liberticida dalla gestione precedente. L’ultima mossa in quella che immaginiamo sia questa direzione è arrivata questa settimana con l’allentamento dei limiti che erano stati imposti alla propagazione di contenuti provenienti da media statali. Sin dal 30 marzo scorso, alcuni utenti hanno notato nei loro feed tweet da account appartenenti a media di stato cinesi, che peraltro non seguivano. Il tutto sarebbe in diretto contrasto con il regolamento di Twitter stesso, che assicura di “non consigliare o amplificare” tweet etichettati come provenienti da questi account.

Quello iniziato nel 2020 era un compromesso che permetteva a queste istituzioni di continuare a esistere sulla piattaforma, senza però godere di privilegi algoritmici, che avrebbero potuto portare a una diffusione di contenuti tendenziosi e potenzialmente pericolosi. Togliere il megafono alla propaganda, insomma. Il piano funzionò sin da subito: a inizio del 2021 il centro ricerche in media cinesi China Media Project condusse un’indagine che confermava l’impatto avuto dalla strategia nella diffusione dei tweet dei media comandati da Pechino. Lo stesso ex direttore del Global Times Hu Xijin se ne lamentò appena una settimana dopo l’implementazione delle regole, dichiarando di aver perso molti follower e di non vedere gli stessi numeri d’un tempo. A rendere la segnalazione di “state-affiliated media” tanto efficace era anche l’esortazione, aggiunta da Twitter sotto agli stessi tweet in questione, a informarsi su altri canali.

All’epoca la lista di personalità e testate da bollare in questo modo era stata compilata dal Twitter Trust and Safety Council, un gruppo di esperti che si occupava proprio di sicurezza nella piattaforma, e che è stato prontamente tagliato da Musk. Non è stato solo il ritiro di una politica simile a stupire, però, perché negli stessi giorni in cui le testate russe e cinesi rivedevano la luce dell’algoritmo, l’account Twitter della National Public Radio (Npr, la radio pubblica statunitense) si è vista etichettare come “media di stato”, nonostante buona parte del suo budget provenga da donazioni da parte di privati. Come racconta  Semafor, inizialmente il regolamento del social  precisava che il termine “media affiliato a uno stato” non sarebbe stato associato “alla Bbc nel Regno Unito o alla Npr in America”. Nei giorni scorsi, però, qualcuno deve aver corretto il testo, eliminando proprio il riferimento alla Npr dal sito di Twitter.

Il tutto è avvenuto nella stessa settimana in cui il social network ha cambiato logo per qualche giorno, sostituendo l’iconico uccellino azzurro con un cane protagonista di un meme (“Doge”), diventato il simbolo di una criptovaluta, Dogecoin, che Elon Musk ha spesso promosso nei suoi tweet, cosa per cui è stato portato in tribunale con l’accusa di aver guidato lo schema piramidale truffaldino. Com’è evidente, può essere complesso capire i motivi che guidano il nostro, anche se la stranezza della decisione in tema di media statali cinesi ha stimolato alcune teorie che riguardano in particolare Tesla, il cui mercato più grande e importante è proprio in Cina. A corroborare l’ipotesi, la notizia di Reuters secondo la quale Musk starebbe pianificando una visita in loco, dove dovrebbe incontrare anche il premier Li Qiang.
 

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