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Traffico di influencer

Come Twitter, anche Meta vuole la spunta blu a pagamento. Gli effetti di questo nuovo prodotto

Pietro Minto

L’era dei social media gratuiti per tutti sta per volgere al termine. Zuckerberg segue Musk, ma far pagare per avere un contrassegno di affidabilità potrebbe non risolvere il problema. Chi impedirà a troll, truffatori, reduci del crypto e altri personaggi che la usano per spacciarsi per altri di non comprarlo?

“Se non stai pagando per un prodotto, allora il prodotto sei tu”: recita così un adagio molto citato negli ultimi anni, anche grazie al successo dei social media, il cui business pubblicitario è effettivamente fondato sulla nostra attenzione, con tutte le conseguenze che abbiamo visto nell’ultimo decennio. Come ogni frase un po’ da Smemoranda, però, anche questa ha dei limiti, se non altro perché quel tipo di social media che sembrava nato per commentare forse non esiste più. O meglio, sta finendo in questi giorni.

    

L’era dei social media gratuiti per tutti volge al termine, come dimostrano le decisioni prese da Twitter e da Meta per quanto riguarda le “spunte blu”, i simboli che da anni certificano la genuinità di un profilo sui social network, e che vengono di solito attribuiti a persone, aziende ed enti rilevanti. E quindi governi, ministeri, corporation, ma anche giornalisti e influencer e presidenti di repubbliche lontane. Il fatto che in realtà tante figure diverse condividessero lo stesso simbolo era forse il principale limite di questa soluzione, da tempo dibattuta, che ha trovato nel nuovo capo di Twitter, Elon Musk, il suo più acerrimo nemico.Nel corso del fine settimana, Twitter ha deciso di mettere in vendita queste spunte blu, trasformandole da strumento anti falso a piccolo lusso da sfoggiare online. Il prossimo 15 aprile, inoltre, la sezione Per Te del social network (il feed principale di Twitter dopo la recente revisione del sito) conterrà esclusivamente tweet provenienti da account “premium”. Insomma, è la fine di un’epoca, e non solo per Twitter. Le recenti mosse di Musk sembrano aver ispirato Meta a provare una strada simile con il programma Meta Verified con cui le spunte blu saranno messe in vendita per 12 dollari al mese (contro gli 8 di Twitter Blue). In entrambi i casi, oltre alla medaglia simbolica sono previsti alcuni optional esclusivi ai paganti.

   

Non così in fretta, però, perché la grande svolta di Twitter prevista per il primo aprile è stata in parte spostata, rinviata o forse è già in fase di ripensamento. A molte persone tutto questo potrebbe restituire una sensazione di déjà-vu, visto che già lo scorso novembre Twitter Blue fu prima lanciato e poi ritirato dopo alcuni giorni di critiche. Da allora, Musk e i suoi hanno lavorato per rendere il programma più coeso, alettante e presentabile: molti utenti Twitter Blue si lamentano di essere presi in giro online per la loro spunta blu a pagamento, e hanno ottenuto dall’azienda la possibilità di nascondere il simbolo stesso, ottenendone i benefici senza mostrarlo a mo’ di distintivo.

   

I troll e la spunta segreta

Se c’è una cosa che gli ultimi sei mesi ci hanno insegnato è che le scelte di Musk sono cangianti e imprevedibili. E’ probabile che la linea “hardcore” da lui tanto desiderata porti ai soliti problemi: la spunta blu a pagamento viene acquistata da troll, truffatori, reduci del crypto e altri personaggi che la usano per spacciarsi per altre persone o aziende (come successo lo scorso novembre), innescando la trafila già vista: brand e politici si lamentano, minacciano ripercussioni legali, normative o d’investimento pubblicitario, e costringono Twitter a moderare i toni. Come? Magari creando una spunta ad hoc e gratuita per enti, governi, aziende e altri account “delicati” – esattamente quanto successo dopo il primo fallimentare lancio di Twitter Blue.

 

Il social network sembra intrappolato in una coazione a ripetere nel quale l’unico punto fisso è la spunta blu, che rischia però di cambiare profondamente valore e significato, riempiendo Twitter di dichiarazioni che potrebbero essere di un politico oppure di un troll. E’ il tweet di Schrödinger: potrebbe essere vero o falso, per capirlo bisogna aprire la scatola. O, in questo caso, controllare l’account, la sua conta di follower e così via, per distinguere il vero dal fake. Forse impareremo a farlo ogni volta che troveremo un tweet potenzialmente interessante, così come saremo costretti a dubitare di qualsiasi immagine perché potrebbe essere stata forgiata da un’intelligenza artificiale, come nel caso del papa vestito col piumino da trapper. E’ quello che succede quando l’utente smette di essere il prodotto: ora, a quanto pare, il prodotto è una spunta blu. 

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