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Segreti e sfiducia

L'Ue vieta TikTok ai suoi dipendenti, come aveva fatto Washington

Pietro Minto

La Commissione europea ha proibito l'utilizzo e il download del famoso social network cinese sui dispositivi dei suoi lavoratori. Dietro c'è il vecchio sospetto di un legame tra l'azienda proprietaria e il governo di Pechino

Ora TikTok soffre da entrambi i lati dell’Atlantico. La Commissione europea ha infatti vietato l’utilizzo e il download dell’applicazione sui dispositivi dei suoi dipendenti (anche quelli personali, se vi sono caricate applicazioni riconducibili al lavoro nelle istituzioni europee). La decisione arriva circa due mesi dopo la messa al bando della stessa app per i dipendenti del governo federale statunitense, e “mira a proteggere la Commissione dalle minacce di cybersicurezza e dalle azioni che potrebbero essere sfruttate per attacchi informatici contro l’ambiente aziendale”. La Commissione ha preferito non precisare quale particolare minaccia abbia spinto al bando, ma lo spettro che infesta l’Europa e gli Stati Uniti è ormai noto: il legame sospetto tra ByteDance, l’azienda cinese proprietaria di TikTok, e il governo di Pechino. E poi i dubbi sull’integrità dei dati degli utenti, che potrebbero essere passati sottobanco al governo cinese, per non parlare dell’influenza maligna che il regime potrebbe avere sul mitologico algoritmo di TikTok, i cui criteri di scelta sono misteriosi quanto influenzabili dall’agenda politica cinese.

 

In appena tre anni la messa al bando di TikTok, il social network più utilizzato e influente tra gli utenti più giovani, è passata dall’essere una delle tante battaglie anticinesi di Donald Trump a una realtà, per quanto parziale, sia negli Stati Uniti di Joe Biden che in Unione europea. E pensare che poche settimane fa il social network cinese aveva presentato un ambizioso piano diplomatico per convincere Washington a fidarsi di ByteDance, grazie all’alleanza con l’americanissima Oracle, che gestisce i dati degli utenti statunitensi. Il progetto del “Transparency Center” prevedeva anche la condivisione del codice sorgente dell’applicazione e, dopo l’inaugurazione avvenuta all’inizio del mese, dovrebbe sbarcare in Europa.

 

Sia nel caso americano sia in quello europeo, a colpire è quanto le istituzioni alludano a “rischi” legati alla sicurezza informatica senza scendere nel dettaglio ed evitando di condividere in pubblico i motivi che hanno spinto le istituzioni a disinstallare TikTok dai propri dispositivi. La vaghezza delle dichiarazioni ufficiali contrasta anche con la severità della decisione, una messa al bando che sembra sempre pronta a estendersi ad altri. Secondo il giornalista tecnologico britannico Chris Stokel-Walker, eventuali timori legati alla sicurezza degli utenti potrebbero tornare utili anche ai giornalisti e ad altre categorie particolarmente esposte al trattamento di informazioni riservate. “Al momento,” ha concluso su Twitter, “abbiamo più persone in più teatri che gridano al fuoco e nessuno che indica un vero incendio”. Nonostante tutto, le fiamme si stanno diffondendo e spingono il fronte occidentale e quello cinese in un vortice di scetticismo che sta avendo conseguenze avvertibili particolarmente nel settore tecnologico, come dimostra la rinnovata alleanza industriale tra Taiwan e Stati Uniti per la produzione di semiconduttori.

 

L’ascesa di TikTok ha dimostrato alla Silicon Valley che la Cina può costruire un social media, imponendo un nuovo ritmo ai Big Tech statunitensi, oggi tutti impegnati a riformarsi per inseguire l’applicazione di ByteDance. Tra bilanci in crisi, concorrenza e dubbi sulla sicurezza degli utenti, il bando di TikTok mette d’accordo tutti, anche politicamente. Ma non si tratta di un processo a senso unico. Secondo Nikkei Asia, infatti, il governo cinese avrebbe chiesto a giganti tecnologici locali come Ant Group e Tencent non solo di bloccare l’accesso a ChatGPT, l’intelligenza artificiale dell’americana OpenAI, che potrebbe dare “risposte non censurate” a domande politiche, ma di avvertire le autorità prima di lanciare chatbot simili. Il timore di una parte dell’industria cinese è che una politica simile in campo tecnologico possa rallentare lo sviluppo del settore delle IA nel paese in un momento cruciale. Ma è anche una conseguenza inevitabile di questo scontro continuo e, per ora, ancora a bassa intensità, nel quale la convivenza di aziende occidentali e cinesi nello stesso mercato è resa quasi impossibile da una fitta rete di sospetti reciproci.

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