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Combattere il doxxing è corretto, ma Musk ha esagerato

Andrea Trapani

Il giovane sviluppatore Jack Sweeney era da tempo che "seguiva" tramite un bot il jet del miliardario. Dopo essere diventato proprietario di Twitter lo ha bannato. Perché però sono stati sospesi gli account anche di alcuni importanti giornalisti che parlavano di questo bot?

Il tracciamento dei voli aerei su siti specializzati come Flightradar24 è uno dei fenomeni più in voga su internet. Farlo è molto semplice, basta inserire il numero del volo che ci interessa per conoscerne il percorso e i tempi di percorrenza. Insomma, è facile e accessibile anche perché i dati sono pubblici e permettono di soddisfare le curiosità di milioni di persone. Questa estrazione di informazioni, inizialmente pensata per conoscere dove fosse l’aereo in coincidenza o per rispondere all’eterna curiosità sulla destinazione dell’aeroplano sopra la nostra testa, come spesso accade ha ben presto risposto anche ad altre esigenze. Come quella dei vari attivisti che, da tempo, hanno iniziato a monitorare i dati dei voli privati e a calcolarne i consumi, condividendo i risultati delle loro ricerche online.

 

Chi è lo sviluppatore di @ElonMuskJet

Un esempio lampante di questo movimento è diventato il giovane sviluppatore Jack Sweeney che ha deciso di seguire, virtualmente s’intende, il jet di Elon Musk. Lo ha fatto grazie a un bot che ha permesso di tracciarne ogni spostamento tramite l'account Twitter @ElonMuskJet prima di venire sospeso dalla piattaforma. Una strana storia di amore e odio quella tra lo studente e il miliardario. Sweeney ha sempre affermato di essere un grande fan di Elon Musk, così come delle sue società, Space X e Tesla, ma è un affetto non corrisposto. Già un anno fa gli fu chiesto di cancellare l'account dato che stava creando non pochi problemi di sicurezza. L’account invece rimase attivo, nel frattempo Elon Musk è diventato il proprietario di Twitter e, dopo aver annunciato una certa tolleranza a questa tipologia di tracking, ha cambiato idea. Legittimo, per carità. Specie se il timore di subire violazioni della propria privacy era così forte. Per questo la Federal Aviation Administration americana permette ai proprietari di aeromobili di richiedere che le loro informazioni siano rimosse dai siti web pubblici, come fa ad esempio Flightradar24 rendendoli anonimi.

 

Vietato parlare del bot? Chi sono i giornalisti sospesi

Su Twitter era diverso, la platea era troppo ampia e quei dati erano potenzialmente in mano a chiunque. Per questo nei giorni scorsi le regole sono cambiate. Perfino troppo, secondo alcuni addetti ai lavori. Infatti, se si può comprendere il contesto in cui Elon Musk ha deciso di far sospendere l'account di Sweeney, ritenendo che diffondesse informazioni personali che potevano metterlo in pericolo, tuttavia è ben più difficile capire perché giovedì sera alcuni importanti giornalisti siano stati sospesi a loro volta.

 

 

Certo, lo stesso miliardario ha reso noto il motivo (“il doxxing”) quando è intervenuto su Spaces, davanti a un pubblico di oltre 30.000 ascoltatori, mentre si stava discutendo delle sue scelte di moderazione. C’è un problema: se vogliamo essere garantisti, sappiamo bene che la responsabilità, tanto in America quanto in Europa, è personale.

Siamo chiari: nessuno tra i giornalisti sospesi stava condividendo la geolocalizzazione di Elon Musk. Se Ryan Mac del New York Times, Drew Harwell del Washington Post, Donie O’Sullivan della Cnn, Matt Binder di Mashable, Micah Lee di The Intercept e i giornalisti freelance Aaron Rupar e Tony Webster non possono parlare della sospensione di Jack Sweeney e del suo bot il problema è un altro.

Non hanno messo a rischio la vita di nessuno, i confini della libertà di espressione sono diversi da quelli delle coordinate di un aereo privato. Anche perché, praticamente in contemporanea, è stato sospeso pure il profilo ufficiale di Mastodon. In questo caso possiamo solo fare ipotesi: con l’ultimo cambio dei termini di servizio, in pratica, su Twitter è stata vietata la condivisione di link a pagine esterne alla piattaforma, se includono informazioni sulla posizione in tempo reale di qualcuno. Il doxxing è una cosa seria, fa bene Musk a diventarne il paladino, ma contestare a un’altra piattaforma di avere dati presenti in tutta internet è un’esagerazione: se l’idea di chiudere l’accesso a Google potrebbe far sorridere chiunque lontano dalla Cina, anche bloccare chiunque ospiti bot sgraditi non è molto diverso.

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