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Dopo l'acquisto di Musk

Il fuggi fuggi da Twitter a Mastodon ha poche possibilità di successo

Pietro Minto

In tanti, circa 50mila solo negli ultimi giorni, hanno deciso di spostarsi sul social creato dal tedesco Eugen Rochko. Ma questa piattaforma presenta un funzionamento troppo complesso per l'utente medio e sembra rivolgersi a un pubblico ristretto, politicizzato e molto alfabetizzato in informatica. Così non può funzionare

È stato un fine settimana di fuoco per Twitter e il suo nuovo capo Elon Musk. Prima la notizia dei pesanti tagli di personale ha creato sconcerto e caos organizzativo, poi l’atteso varo del nuovo sistema di verifica degli account (a poco meno di otto dollari al mese) è stato un mezzo disastro, tanto da spingere l’azienda a richiamare decine di dipendenti appena licenziati. Nel frattempo, tra un inciampo e l’altro, un nome si faceva strada nelle conversazioni di molti utenti delusi. Il nome di un servizio concorrente, l’alternativa migliore: Mastodon.

Non è la prima volta che la parola spunta nel mezzo di discussioni sul futuro dei social network e l’accentramento di potere nel settore. Questa volta, però, le cose sono diverse – o almeno così dicono i profeti di Mastodon, un social network creato nel 2016 dal tedesco Eugen Rochko, all’epoca ventiquattrenne. Per descrivere il prodotto occorre usare parole un po’ strane, come federazione o decentralizzazione, con cui si definisce un prodotto nato per non essere controllabile da una singola azienda (o miliardario di turno).

 

Da lontano, un profilo Mastodon somiglia a uno di Twitter, ma basta poco per percepire il baratro d’accessibilità che separa le due realtà: i nuovi arrivati di Mastodon (50 mila nell’ultimo fine settimana, secondo alcune stime) devono innanzitutto scegliersi un server (o istanza), che sono spesso tematici e raccolgono utenti accomunati da un interesse in comune. Le parole strane non sono finite, perché i membri di un’istanza sono detti “toot” e ogni istanza fa parte di una realtà più grande, detta “fediverse” (gioco di parole tra “federazione” e “universo”), ovvero l’insieme dei server federati che compongono Mastodon.

A questo punto potrebbe essere chiaro perché molti osservatori sono scettici riguardo le possibilità di Mastodon di soffiare una percentuale significativa di utenti a Twitter. E’ un’alternativa che può piacere a un ristretto bacino di persone, politicizzate e molto alfabetizzate in informatica. Ricorda un po’ Linux, il sistema operativo open source e sviluppato da una community di appassionati al riparo dagli interessi di Big Tech, nel senso che Linux esiste da tempo, ha un ruolo prestigioso nel panorama informatico ma difficilmente attira gli utenti occasionali, ovvero la maggioranza delle persone.

 

Mastodon fa anche tornare alla mente un social  che nel lontano 2014 apparve nella scena all’improvviso, deciso a rubare lo scettro ai giganti del settore. Si chiamava Ello, aveva una veste grafica sofisticata e si presentava come “l’anti-Facebook”, giurando di non vendere i dati dei suoi utenti né di alzare paywall. Dopo pochi giorni in cui migliaia di persone si iscrissero, Ello cadde nel dimenticatoio velocemente: in molti si dimenticarono di tornarci mentre il programmatore, Andy Baio, scopriva che l’azienda aveva ricevuto mezzo milione da un noto venture capitalist della Silicon Valley. Alla faccia dell’anti-Facebook.

Sia chiaro: Mastodon non è Ello; è un servizio serio che fa fede al verbo della decentralizzazione – quella vera, non la fuffa del settore crypto – e che continuerà a esistere, con o senza Musk alla guida di Twitter. L’idea alla base è semplice e molto simile a un prodotto che usiamo tutti i giorni, la posta elettronica: secondo il fondatore Rochko, infatti, “i server sono fornitori di servizi come Hotmail e Gmail”, perché ciascun utente può scrivere e interagire anche con gli utenti di altri server. 

Usarlo non è impossibile, sia chiaro, ma è comunque fin troppo complesso per la maggior parte di noi, almeno per ora. Lo ha notato anche il commentatore dell’Atlantic Ian Bogost, che su Twitter ha ricordato che “la premessa dell’età dell’internet per tutti, nel bene e nel male, era basata sulla riduzione della frizione in tutti i modi possibile, specialmente in fase di iscrizione”. Ecco, Mastodon non è proprio così. E’ per questo che ogni speranza è vana: anche gli utenti anti-Elon se ne faranno una ragione e torneranno su Twitter a parlare male di Twitter.
 

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