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Effetto censura a Pechino 2022

La Cina apre un poco internet per le Olimpiadi. Ma nessuno ha voglia di dire quello che pensa

Giulia Pompili

Un compromesso che la nuova ipercontrollante Cina di Xi Jinping mette in atto per cercare di  offrire un’immagine di sé più libera, in un'edizione molto poco libera

Gli atleti superstar sono anche i milioni di follower che si portano dietro sui loro social network, e la buona riuscita di un evento sportivo dipende anche da loro. La Cina lo sa, e ha promesso ai competitori di Pechino 2022 – che si aprirà tra meno di un mese – il libero accesso a internet. L’ha riferito il Comitato olimpico internazionale, che ha citato i funzionari del comitato organizzatore di Pechino. Per i Giochi olimpici invernali verrà in parte sospeso il Great Firewall, cioè la Grande Muraglia della censura cinese che blocca l’accesso al New York Times e a Facebook, al Washington Post e a Instagram, a Netflix e a YouTube se siete in Cina a meno che, come tutti i cinesi, non vi dotiate di un Vpn, un’applicazione che finge che voi siate all’estero. E’ già successo, in passato, che il blocco di internet venisse sollevato per certi eventi internazionali, ma sempre alle condizioni decise dalla Cina. Nel 2008, quando Pechino ha ospitato per la prima volta le Olimpiadi estive, la Grande muraglia era stata abbattuta a metà, e gli atleti potevano accedere a Google e YouTube, ma non ai siti che parlavano male della Cina. Per i prossimi Giochi, atleti e giornalisti stranieri accreditati nella bolla olimpica di Pechino potranno accedere a un servizio internet speciale: dovranno comprare delle sim card appositamente prodotte per l’occasione che gli permetteranno di avere accesso a internet e ai social network vietati.


E’ il solito compromesso che la nuova ipercontrollante Cina di Xi Jinping mette in atto per cercare di  offrire un’immagine di sé più libera, in un’edizione dei Giochi in cui quella parola – libertà – sembra una contraddizione. Attualmente in Cina ci sono milioni di persone in lockdown e per scongiurare un focolaio a Pechino, che minerebbe la credibilità dell’efficienza anti Covid cinese, questa edizione delle Olimpiadi sarà più problematica, burocratica e a rischio di quella dello scorso anno a Tokyo, dove pure c’erano stati mesi di polemiche sullo stato sanitario-militarizzato in cui erano costretti a muoversi sportivi e delegazioni straniere. 


Del resto nella Carta olimpica – un documento del Cio a cui tutti i paesi devono aderire se vogliono ospitare le Olimpiadi – c’è un capitolo dedicato alla “neutralità dello sport” e nelle linee guida  per Pechino2022 è scritto chiaro il diritto, per gli atleti, di esprimersi sia con i giornalisti sia online, sui propri social. Ma sarà davvero così? Kenton Thibaut, che si occupa di Cina al Digital Forensic Research Lab dell’Atlantic Council, ha detto ieri ad Axios che “se gli atleti utilizzeranno una connessione offerta dagli organizzatori, dovrebbero presumere che tutto ciò che stanno facendo sia monitorato”. Dunque, anche se saranno davvero liberi di dire quello che gli pare, dovranno anche essere pronti a pagarne le conseguenze.  E’ esattamente così che funziona l’autocensura: il mese scorso diversi atleti hanno preferito parlare anonimamente di Cina a Kurt Streeter del New York Times per paura di rappresaglie. Nessuno parla più del caso della star del tennis cinese Peng Shuai, che aveva accusato l’ex vicepremier Zhang Gaoli di aggressione sessuale sui social media ed era sparita dalla circolazione. E basterebbe pensare ai Boston Celtics, le cui partite sono censurate in Cina da quando la superstar del basket Enes Kanter si è messo a parlare di diritti umani violati sui suoi social. 


Alla cerimonia d’apertura di Pechino 2022 non ci saranno i rappresentanti politici di America, Canada, Australia, Regno Unito, ma ci sarà Vladimir Putin e anche il presidente del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev. La grande festa dei leader che non ammettono critiche.  

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.