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Dai bitcoin al metaverso, la Cina controlla e regola pure il tech

Pietro Minto

Il governo di Pechino non è preoccupato dalle valute digitali ma dalla loro natura decentralizzata. Per questo ha parallelamente lanciato lo yuan digitale, che a fine agosto è stato reso disponibile anche ai 57 milioni di persone dello Zhejiang

Lo scorso gennaio è entrato in vigore ufficialmente il divieto di scambio e produzione delle criptovalute da parte della Cina, scelta con cui il governo di Pechino ha strangolato il fiorente business del mining locale. Da tempo, infatti, il paese era diventato un punto di riferimento per gli imprenditori che investono nelle tecnologie necessarie al conio di Bitcoin e valute simili (un processo complesso chiamato “estrazione” di criptovalute). Questo non ha però spento le ambizioni cinesi nei confronti del settore tecnologico, a patto che esso sia nel pieno controllo delle autorità.

  

A preoccupare il governo non era tanto l’idea di una valuta digitale, quanto la natura decentralizzata – e incontrollabile – di Bitcoin, Ethereum e della blockchain in generale. Parallelamente al bando delle criptovalute, infatti, Pechino ha lavorato al lancio, avvenuto nei mesi successivi, dello yuan digitale e-CNY, una valuta virtuale approvata dal governo, oggi disponibile in più di venti città del paese. A fine agosto, il nuovo renminbi è stato reso disponibile anche nella provincia dello Zhejiang, dove vivono circa 57 milioni di persone. Un lancio graduale che inizia dai servizi che più si prestano a una valuta pensata per essere utilizzata in modo elettronico (via smartphone), come le 125 stazioni che compongono la metropolitana locale.

 

Quanto al funzionamento di e-CNY, la Banca popolare cinese ha optato per un modello in cui ogni utente è obbligato ad avere un wallet (un portafoglio virtuale con cui ricevere o inviare soldi) ma per le spese minori o la sola ricezione di denaro non è necessaria un’identificazione dell’utente. Basta il numero di telefono.

 

Eccolo, quindi, l’approccio tecnologico della Cina: controllare tutto ciò che è controllabile, mentre il resto viene prima vietato e poi, se è il caso, clonato internamente in modo da adeguarlo al volere del Partito. Ad agosto il governo locale della città di Pechino ha presentato il suo quattordicesimo piano quadriennale “per lo sviluppo dell’economia digitale”, con un focus sull’innovazione e sullo sviluppo “del settore degli umani digitali”. Nel testo ufficiale parla in particolare di Internet 3.0, dicitura che in occidente viene spesso sostituita da “Web3”, ma ad attirare l’attenzione degli osservatori internazionali sono stati soprattutto gli “umani digitali”, espressione che indicherebbe una serie di entità virtuali, dagli avatar dei videogiochi come Roblox a quelli che si useranno nel metaverso

 

Mentre Mark Zuckerberg fatica e investe miliardi per convertire Facebook e le sue proprietà al futuro del metaverso, infatti, anche le cinesi ByteDance (la stessa di TikTok) e Baidu fanno lo stesso, con piattaforme e software appositi. E siccome la tecnologia, per ora ancora in fase di sviluppo, potrebbe mettere a rischio la stabilità del regime cinese, aprendo un mondo virtuale parallelo al reale, ecco che Pechino è pronta a regolamentarla. O, per dirla con le soavi parole del  documento ufficiale: “Promuovere il sano e ordinato sviluppo dell’economia e della società”

 

Un’altra possibile accezione del concetto di “umano digitale” riguarda gli influencer virtuali. Si tratta di un fenomeno diffuso in tutto il mondo, fatto di account Instagram seguitissimi che pubblicano foto di persone inesistenti, virtuali, ma con una propria vita. E soprattutto un proprio stile. Nomi come Lil Miquela, Shudu Gram e Noonoouri sono ormai piuttosto noti, ed esistono anche in Cina, dove il concetto viene ulteriormente espanso. In città come Pechino, sono sempre più utilizzati “assistenti digitali” in grado di aiutare i cittadini a organizzare viaggi, accedere ai servizi bancari, e così via. Il documento parla di un business che potrebbe arrivare a valere 7,3 miliardi di dollari nel 2025

 

Oltre a fissare degli obiettivi comuni e ribadire il volere del Partito, questo tipo di piani programmatici ci aiutano anche a capire quale tipo di sviluppo tecnologico voglia la leadership cinese. Uno sviluppo che faccia da locomotiva economica, certo, senza però creare giganti in grado di competere con l’autorità statale, come successo in Silicon Valley. Per farlo, ha spiegato l’esperto di metaverso e gaming cinese Hanyu Liu alla rivista Rest of World, “stanno cercando di centralizzare e di isolare il metaverso cinese”, difendersi dalle influenze esterne e avere la possibilità di restare ben saldi al controllo del paese. Anche della sua versione virtuale.

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