Il ministro Paola Pisano (foto LaPresse)

L'app anti virus scelta con una manipolazione del ministro Pisano

Luciano Capone

I tecnici non hanno indicato solo Immuni, ma due soluzioni. Così il ministro ha ingannato Giuseppe Conte. Storia di una lettera inedita

Roma. Nella gestione di una epidemia, soprattutto quando si chiede ai cittadini l’uso dei loro dati, sono fondamentali tre cose: chiarezza, trasparenza e correttezza. Nella scelta della app per il contact tracing, uno degli elementi alla base della strategia del governo per la prevenzione e il contenimento del Covid-19, il ministro per l’Innovazione Paola Pisano ha invece preferito bugie e opacità. Attribuendo la scelta della app Immuni alla “task force”, la ministra Pisano ha mentito a tutti, al presidente del Consiglio e ai cittadini. Non è affatto vero che sono stati i tecnici del Gruppo di lavoro data-driven a scegliere la app di Bending Spoons. E questo emerge dal confronto tra il contenuto del report della “task force”, da pochi giorni reso pubblico, e delle comunicazioni del ministro del M5s.

 

Al termine del processo di valutazione del Gruppo di lavoro, che in pochi giorni ha esaminato 319 proposte pervenute tra il 24 e il 26 marzo, la ministra Pisano, il 10 aprile, comunica l’esito a Giuseppe Conte: “Caro Presidente – scrive in una lettera che il Foglio ha potuto vedere – il Gruppo di lavoro ha indicato nella soluzione denominata Immuni… quella più rispondente alle attuali necessità”. Pochi giorni dopo, il 16 aprile, il commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 Domenico Arcuri dispone la stipula del contratto con Bending Spoons, ricalcando le parole della Pisano: “All’esito delle valutazioni effettuate dal Gruppo di lavoro e comunicate al ministro per l’Innovazione è stata selezionata la soluzione denominata Immuni, proposta da Bending Spoons”. Ma non è vero. La task force non ha effettuato alcuna scelta: ha indicato due soluzioni – Immuni e CovidApp – da testare “in parallelo” prima di una prendere una decisione definitiva. 

 

Quando gli esperti della task force apprendono la decisione della Pisano la loro reazione è di “totale sconcerto”. In primo luogo perché la ministra ha mentito, scaricando su di loro una decisione presa da lei. E inoltre perché la decisione rappresentava una “sconfessione” del metodo usato dai sottogruppi di lavoro – all’interno della mastodontica task force da 74 persone – che si sono occupati della procedura di valutazione e selezione delle tecnologie per il contact tracing. Probabilmente qualcuno ha protestato in privato, qualcuno ha mostrato disappunto in pubblico. Ma nessuno è potuto andare oltre, anche perché la Pisano aveva fatto firmare a ognuno dei 70 e passa componenti della task force un non-disclosure agreement, un accordo di riservatezza. Inoltre il ministro – nonostante le insistenze e le richieste dell’opinione pubblica, a partire da questo giornale (articolo del 18 aprile) – per settimane non ha pubblicato i report della task force, ovvero le relazioni che mostravano cosa realmente avessero fatto e deciso i gruppi di lavoro. In questo modo, con le bocche cucite e i documenti chiusi a chiave nei cassetti, l’unica versione era quella della Pisano: la verità ufficiale era la sua bugia.

 

Nei giorni scorsi, a causa delle audizioni parlamentari e in particolare quella di oggi al Copasir, la Pisano si è vista costretta a pubblicare le relazioni della task force. Che rivelano come la ministra non abbia scritto il vero nella lettera a Conte, ingannando così prima il premier e poi il commissario Arcuri. Nelle 37 pagine di report, i tecnici scrivono più volte che le app da loro individuate sono due “ritenute teoricamente valide per essere testate a scopo di implementazione nell’attuale situazione emergenziale. Si tratta in particolare di Immuni e CovidApp”. E’ vero che Immuni è a “uno stadio più avanzato” dell’altra (mentre Covidapp è più promettente su alcuni aspetti), ma dietro all’indicazione di due soluzioni c’è una questione fondamentale di metodo, ribadita a più riprese: prima della scelta definitiva le app vanno testate “in parallelo”, per evitare di trovarsi senza un’alternativa nel caso una si rivelasse inadeguata durante la sperimentazione: “Il processo di implementazione deve essere ridondato e deve basarsi su almeno due soluzioni”. Per questo motivo “è opportuno che il processo d’implementazione preveda il test in parallelo delle due soluzioni tecnologiche individuate”, scrivono i tecnici.

Ma la Pisano ha deciso diversamente, scegliendo Immuni senza fare test. E, cosa più grave, ha attribuito la sua scelta alla task force. Mentendo. Non il modo migliore per convincere gli italiani a scaricare l’app e a fidarsi delle rassicurazioni del governo.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali