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Lavoro immateriale

Eugenio Cau

Il mondo post coronavirus sarà più rarefatto, l’informatica sarà fondamentale. Parla Quintarelli

Milano. Per capire come sarà la ripartenza nel mondo e nell’Italia post coronavirus, e come saranno il mondo e la società negli anni e nei mesi a venire, ovviamente il primo criterio da valutare è che tipo di ripartenza ci sarà. “Se sarà possibile ottenere e diffondere massicciamente un farmaco antivirale o un vaccino nel giro di qualche mese non assisteremo a grandi sconvolgimenti”, dice al Foglio Stefano Quintarelli, informatico e imprenditore, ex parlamentare e membro del gruppo di esperti sull’Intelligenza artificiale della Commissione Ue.

 

Se invece la ripresa sarà lenta e graduale, e magari dovremo convivere con il virus ancora per molto tempo, quello a cui andiamo incontro è un mondo in cui tutto ciò che può essere reso immateriale lo sarà”. Tutti i processi – nelle aziende, nella distribuzione, nel commercio – che in questo momento si svolgono grazie al contatto umano o grazie allo scambio di documenti cartacei subiranno una immaterializzazione, almeno parziale. “Pensiamo ai commerci internazionali, dove tutti quei processi di costruzione della fiducia negli scambi (i controlli alle dogane, le bolle di accompagnamento e così via) possono costituire un rischio di contagio. O pensiamo ai processi informativi delle aziende, che sono ancora in gran parte mediati dalle persone. Questi processi dovranno almeno in parte diventare immateriali”, dice Quintarelli.

 

Nel caso dei commerci, questa potrebbe finalmente diventare l’occasione in cui la blockchain trova un suo caso d’uso”. Finora la tecnologia blockchain è stata citata a vanvera per l’utilizzo in mille campi, ma forse in questo momento potrebbe diventare utile per consentire la “governance della fiducia” nel mondo rarefatto post coronavirus, in cui gli enti di certificazione esterni faticano a lavorare: “In un mondo in cui la governance è più difficile da applicare, la blockchain può avere un ruolo”. “Nel caso delle aziende”, continua Quintarelli, “i processi di digitalizzazione andranno oltre la singola azienda ma dovranno essere applicati a livello di filiera, e con uno sguardo internazionale. Tutte le interazioni che richiedono normalmente un passaggio di carte e documenti dovranno essere rese per quanto possibile immateriali. In questo contesto, l’intelligenza artificiale farà da lubrificante dei processi, trovando problemi e intoppi prima che si verifichino e automatizzando i passaggi che è possibile rendere automatici”.

 

Il distanziamento sociale cambierà anche i luoghi di lavoro e darà una spinta alla digitalizzazione: “Chi potrà fare smartworking continuerà a farlo. I luoghi di lavoro, in questo senso, diventeranno posti in cui si va magari una volta alla settimana non per lavorare, ma per fare riunioni che non possono essere fatte in digitale e per mantenere i contatti sociali. Gli uffici diventeranno più agili, e le aziende dovranno cominciare a pensare al ‘gruppo’ come all’unità di base di tutta la pianificazione degli spazi”.

 

“Negli stabilimenti industriali, invece, bisognerà ridisegnare i processi per assicurare il distanziamento”. Per garantire il distanziamento nelle fabbriche, spiega Quintarelli, difficilmente funzioneranno le app stile Immuni o altre tecniche di radiofrequenza, ed è probabile che l’unico modo sarà ricorrere alle telecamere di sorveglianza. “In questo contesto il sindacato dovrà darsi una svegliata se vorrà proteggere gli operai, perché i negoziati si faranno molto tecnici e tra un sistema fatto per proteggere il lavoratore e un sistema fatto per controllare il lavoratore ci sono poche differenze di implementazione”. In questo nuovo mondo da coronavirus, più immateriale di quello di prima, l’identità digitale sarà fondamentale, perché la fiducia si può fondare esclusivamente su un’identità riconosciuta da tutti, dice Quintarelli. “E la pubblica amministrazione dovrà galoppare, perché un mondo in cui documenti e burocrazia diventano immateriali implica per la Pa un aggiornamento culturale e professionale enorme. Si potrebbe cominciare applicando davvero il piano triennale per la digitalizzazione della Pa”.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.