Il presidente di Huawei Italia Luigi De Vecchis (Foto Imagoeconomica)

"Lasciateci competere". Parla il presidente di Huawei Italia

Eugenio Cau

Molti governi occidentali temono il 5G di Huawei, ma Luigi De Vecchis ci dice che i dubbi sull'affidabilità delle aziende cinesi sono "leggende metropolitane"

Roma. Huawei, la più grande azienda di telecomunicazioni cinese, leader in settori strategici come il 5G, secondo produttore al mondo di smartphone (Samsung è prima, Apple terza), non ha certo problemi quando si parla di innovazione e potenza tecnologica. Il problema di Huawei è la fiducia. Non quella dei clienti, che comprano cellulari cinesi a raffica, né quella dei partner commerciali, che continuano a stringere accordi fruttuosi, ma quella di alcuni governi e di numerosi legislatori e agenzie d’intelligence in tutto l’occidente, che fanno un ragionamento così riassumibile: poiché nei prossimi anni le telecomunicazioni assumeranno un ruolo sempre più strategico nella vita degli stati, e poiché in special modo il 5G muoverà e gestirà tutto, dalle case dei cittadini alle centrali elettriche, possiamo fidarci a consentire che a costruire le infrastrutture del futuro sia un’azienda che viene dalla Cina?

 

Due paesi importanti come America e Australia hanno risposto no, e hanno imposto un bando a Huawei e ad altre aziende di telecomunicazioni cinesi (l’America nel 2012, l’Australia quest’anno). Altrove c’è molto dibattito, spesso politicizzato, e molta polemica, e soltanto ieri il Financial Times scriveva che il governo del Regno Unito, dove Huawei opera dal 2005, ha inviato alle principali telco una comunicazione per avvertirle di “considerare con accortezza i propri fornitori” perché potrebbero esserci “cambiamenti nelle regole esistenti”. Il governo di Londra non cita mai Huawei, ma il Financial Times dice che l’avvertimento è rivolto proprio all’azienda cinese. Dibattiti simili sono in corso un po’ in tutta Europa, e anche l’Italia presto dovrà prendere delle decisioni. Il Foglio ha parlato di questi temi con Luigi De Vecchis, il presidente di Huawei Italia, che ha un messaggio molto combattivo: le accuse contro Huawei sono “leggende metropolitane” che nascono da un pregiudizio contro la Cina e contro la sana competizione.

 

“La polemica degli Stati Uniti contro le aziende cinesi sottende a intenti diversi da quelli di formulare accusa precise”, dice De Vecchis alludendo alla rivalità geostrategica tra le due grandi potenze mondiali. “Ma per quanto riguarda la tecnologia vorrei segnalare che abbiamo da tempo una collaborazione con l’americana Google, che è continuata anche dopo verifiche attentissime da parte dei tecnici dell’azienda. Anche nel Regno Unito abbiamo dimostrato che i nostri sistemi, i nostri server, i nostri apparati su cui transitano dati sono sicuri, e in generale siamo sempre conformi alle regole di tutti i paesi in cui siamo presenti. Huawei ha una disciplina interna strettissima per quanto riguarda l’utilizzo dei dati dei nostri clienti, e anche i più banali errori umani sono puniti severamente. Quella della scarsa fiducia è una leggenda metropolitana che segue tutte le aziende che vengono dalla Cina, non soltanto Huawei”.

 

De Vecchis parla nell’ambito dello Huawei Innovation Day, una giornata di incontri organizzata dall’azienda a Roma (seguono altri due giorni dell’evento Connect Europe) per presentare i suoi progetti su 5G e innovazione, e dice che è proprio all’innovazione che i governi europei devono pensare: “Mi preoccuperei di investire e di capire come competere con i giganti dell’est e dell’ovest (la Silicon Valley, ndr) piuttosto che andare a trovare delle piccole stupidaggini – proprio stupidaggini, me lo lasci dire – per avanzare accuse sul fatto che di Huawei non ci si potrebbe fidare”, dice De Vecchis. “Huawei non ha nessun interesse, la Cina non ha nessun interesse, e un paese che in pochi anni è diventato la seconda economia del mondo non potrebbe crescere a questo modo se prendesse in giro i clienti, i mercati, i governi: verrebbe scoperto subito. Io mi occuperei di competere, piuttosto che di criticare”.

 

Finora il governo pentastellato italiano ha avuto un atteggiamento entusiasta ma maldestro nei confronti della Cina. Non ci riferiamo soltanto al disgraziato “Ping” con cui il ministro Di Maio ha nominato il presidente cinese Xi Jinping, ma anche al fatto che il risultato più strombazzato portato a casa dal ministro dal Trade and Innovation Forum di Shanghai negli scorsi giorni riguarda l’esportazione delle arance. Notevole, ma le sfide sono altre, e riguardano le alleanze storiche dell’Italia, l’innovazione, la competizione, la paura di rimanere indietro. Tutto l’occidente si interroga sull’influenza della Cina e delle sue aziende nelle tecnologie che definiranno il futuro, e Huawei, che di queste aziende è leader, ha una posizione combattiva.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.