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Oltre Huawei, le conseguenze della guerra tecnologica Stati Uniti-Cina

Mariarosaria Marchesano

Secondo Allianz porterà all'aumento dei prezzi di beni tecnologici per i consumatori e l’arretramento dell'innovazione mondiale

Milano. Il Global Times, giornale vicino al partito comunista cinese, accusa apertamente gli Stati Uniti di provare a frenare l'espansione del gigante asiatico Huawei ordinando l'arresto del suo direttore finanziario, nonché figlia del fondatore, Meng Wanzhou. Huawei – con 92,5 miliardi di dollari di ricavi, utili netti sopra i 7 miliardi e 180 mila addetti - è uno dei più grandi fornitori di servizi e sistemi di telecomunicazioni a livello globale. Recentemente, poi, la società di Shenzen è diventata anche il secondo più grande produttore di smartphone al mondo dopo Samsung, superando Apple. Secondo il quotidiano, il vero obiettivo del governo americano, che avrebbe usato il pretesto delle violazione delle sanzioni contro l'Iran per far arrestare la donna in Canada e chiederne l'estradizione negli Stati Uniti, è quello di mettere in difficoltà il gruppo cinese, danneggiare la sua reputazione internazionale e minacciare il suo business.

 

Si avvera la “tech cold war”, la guerra fredda tecnologica mondiale paventata da esperti e analisti, ma che nessuno pensava potesse davvero deflagrare così in fretta, almeno non a pochi giorni di distanza dalla tregua commerciale siglata da Stati Uniti e Cina nell'ambito del G20. In realtà, da tempo a Washington è in corso una straordinaria campagna per cercare, attraverso azioni persuasive nei rapporti bilaterali, di convincere i paesi alleati a non usare prodotti del colosso di Shenzen (e pure dell’omologa Zte) tra le forniture per le apparecchiature per servizi wireless e Internet. E secondo il Wall Street Journal, in tempi recenti funzionari di intelligence e di governo americani si sarebbero incontrati con le controparti di Germania, Italia e Giappone, per chiedere esplicitamente di tagliare fuori la cinese Huawei dal mondo delle telecomunicazioni. A settembre, invece, l’Italia ha ospitato alla Camera, alla presenza del vicepremier Luigi Di Maio e altri esponenti del M5S, un importante meeting di Huawei, la quale nel nostro paese detiene un terzo del mercato degli smartphone e partecipa allo sviluppo della rete di ultima generazione nelle aree di Milano e di Bari-Matera.

 

L'arresto della manager cinese, atto condannato da Pechino che ha parlato di “violazione dei diritti umani”, rappresenta la formalizzazione delle ostilità che da mesi navigavano sotto traccia (e neanche tanto). La notizia, trapelata la notte scorsa, ha innescato una serie di vendite sulle Borse mondiali con gli investitori che si domandano che cosa riservi il futuro. In realtà, molti analisti si erano già posti la domanda all'indomani dell'intesa raggiunta dai due paesi al G20 (una tregua di 90 giorni per poi decidere il da farsi sulle tariffe) che era sembrata troppo vaga per affrontare i veri nodi che si nascondono dietro le tensioni commerciali. Il punto è che nel corso del 2018, l'Amministrazione di Donald Trump ha individuato nella Cina una minaccia sul fronte strategico delle tecnologie. Il Washington Post aveva rivelato la profonda preoccupazione della Casa Bianca sui possibili rischi di attacchi informatici e di operazioni di spionaggio del governo di Pechino, realizzati con la diffusione della componentistica cinese nel mondo. Ciò ha prodotto timori nel paese asiatico sulla possibile inaccessibilità futura alle tecnologie americane, che rappresenterebbe una minaccia per la sua sicurezza economica.

 

Quali effetti avrà tutto questo sull'economia e sui mercati mondiali? Secondo Allianz Global Investor, “sia l’America che la Cina potrebbero essere indotte a sviluppare propri ecosistemi tecnologici distinti, instaurando una guerra fredda sulle tecnologie che tra le possibili conseguenze potrebbe avere la riduzione dei margini di profitto, l’inibizione dell’innovazione e la disruption nelle supply chain mondiali delle aziende tecnologiche in Asia e negli Stati Uniti”. I beni di consumo e larghe parti del settore tecnologico potrebbero essere colpiti da questa guerra fredda, con l'effetto di provocare un aumento dei prezzi per i consumatori e una riduzione dell'innovazione a livello globale, come conseguenza della minore condivisione degli sviluppi in campo high tech. Tuttavia, secondo gli analisti di Allianz, potremmo anche assistere a un maggior rimpatrio delle attività di produzione e assemblaggio hi tech negli Usa, e questo potrebbe in qualche misura essere positivo per le supply chain nei settori dei beni di consumo discrezionali, dell'healthcare e dell'information technology. E dunque, intelligenza artificiale, big data internet delle cose (internet of things) continueranno a essere solidi temi di investimento a lungo termine in entrambi i paesi coinvolti nella guerra fredda.

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